Uno scantinato nel centro di Londra, una messa in scena strampalata e improbabile, e il genio creativo di chi ebbe il compito di renderla credibile. Si chiamava Operazione Mincemeat, fu la missione segreta realmente orchestrata dai servizi segreti britannici durante la seconda Guerra Mondiale per raggirare le truppe di Hitler, e qui dà il titolo al film con cui John Madden, regista di Shakespeare in love, ha deciso di raccontarla, a modo suo ovviamente. Sullo sfondo, come spiegheremo più ampiamente in questa nostra recensione de L'arma dell'inganno - Operazione Mincemeat, la realtà storica in un gioco di ribaltamenti e ricostruzioni che rimandano costantemente alla riflessione metartistica. Una spy story che dopo la presentazione allo scorso Bif&st arriva in sala dal 12 maggio con Warner Bros.
Tra finzione scenica e realtà storica
Bizzarra, rocambolesca, ironica, ma anche romantica, tragicamente umana e addirittura vera. Per quanto possa sembrare assurda la storia che John Madden racconta con L'arma dell'inganno - Operazione Mincemeat è realmente accaduta, non solo: ha cambiato per sempre le sorti e il futuro dell'Europa, imponendosi come svolta risolutiva della Seconda Guerra Mondiale.
10 luglio 1943. Poco prima del flashback che capitombola lo spettatore all'inizio della vicenda, la voce fuori campo irrompe svelando sin da subito il cuore del film: "In ogni storia vi sono elementi visibili e altri nascosti. Questo è particolarmente vero nelle storie di guerra". Che, ribadisce la stessa voce narrante, può essere di due tipi: una visibile e l'altra invisibile. Quella che si vede è fatta di "coraggio, sacrificio e forza brutale, in cui si contano morti e feriti", in quella che non si vede "malafede, finzione, seduzione e inganno si confondono" mentre la "verità è protetta da una coltre di bugie".
Questa è la guerra su cui si concentra il film, un'operazione avviata mentre gli Alleati si preparavano ad invadere l'Europa occupata. Il dilemma che si trovano davanti è portare a termine lo sbarco in Sicilia evitando il massacro da parte delle armate tedesche, presenti nell'Italia meridionale in quantità massicce. Fu in quel momento che i britannici pensarono di ordire un piano geniale, una improbabile quando complessa strategia di disinformazione per beffare i Nazisti e portarli fuori strada, facendogli credere che le truppe alleate sarebbero sbarcate in Grecia invece che in Sicilia. Il compito fu affidato a due agenti dell'intelligence, Ewen Montagu (Colin Firth) e Charles Cholmondeley (Matthew Macfadyen), mentre protagonista assoluto della messa in scena sarebbe stato il corpo di un morto. Gli avrebbero poi dato una falsa identità e vestito con un'uniforme militare in modo da farlo sembrare un corriere vittima di un incidente aereo; insieme al cadavere galleggiante a largo del Mediterraneo una valigetta contenente documenti falsi, che avrebbero indicato le coste greche e non quelle siciliane come punto di partenza per riconquistare l'Europa. L'obiettivo era far recuperare il corpo dalle spie naziste, che così avrebbero riportato direttamente ad Adolf Hitler a Berlino le false informazioni raccolte assieme al corpo.
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Il potere dell'immaginazione
In pochi sapranno che la trama dell'Operazione Mincemeat fu presa in prestito da una finzione scenica suggerita da Ian Fleming (Johnny Flynn), lo scrittore dei fortunati romanzi di James Bond. Fleming l'aveva letta in un romanzo di Basil Thompson e fu lui a proporla all'ammiraglio John Godfrey (Jason Isaacs). Potremmo definirla un'antesignana delle fake news, John Madden lascia infatti il conflitto sullo sfondo per mettere in piedi una riflessione sul potere della manipolazione del reale e sull'origine della creazione artistica. A interessarlo non sono solo i doppi giochi e i depistaggi di una classica trama da film di spionaggio, le regole e le convenzioni del genere diventano infatti un pretesto per indagare altro come l'uso dell'immaginazione in tempo di guerra, l'esplorazione dell'inganno e del falso in tutte le sue declinazioni.
Fino a rintracciarne le origini dell'atto creativo di un'opera d'arte: cos'altro è la rappresentazione se non una contraffazione del reale? Del continuo gioco di rimandi tra finzione e realtà, di doppi e della natura ingegnosa dell'intelletto che si sollazza a creare mondi paralleli, si era già occupato in Shakespeare in love, qui torna a farlo con acrobazie di tutto rispetto. Tutti i personaggi scrivono e immaginano qualcosa: lettere d'amore, pezzi di vita di uno sconosciuto da far piombare nel mezzo del Mediterraneo. Perché nella guerra invisibile laddove "un uomo muore un altro comincia il suo viaggio" e così può anche capitare che il destino del mondo dipenda "da un cadavere su un carretto"; in questa guerra gli eroi non hanno volti e gli uomini coraggiosi finiscono sepolti assieme ai dossier sotto chiave. Come dimostrano i personaggi interpretati superbamente da Colin Firth e Matthew MacFadyen, uomini comuni che all'alba del nuovo giorno hanno solo bisogno di "bere qualcosa".
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Operation Mincemeat – L’arma dell’inganno non può concludersi se non ribadendo le tesi sostenute fino a ora. Un film godibile, una storia di spionaggio che sfrutta le convenzioni del genere ma per prendere direzioni inaspettate che sapranno intrattenere lo spettatore. John Madden firma un film stratificato, dove trovano posto l’elogio dell’immaginazione come atto creativo, la riflessione sul potere della letteratura e il ruolo della manipolazione della verità nella Storia.
Perché ci piace
- La riflessione sul potere della manipolazione e sull’origine dell’atto creativo attraverso le convenzioni del genere di spionaggio.
- La realtà storica rimane sullo sfondo e il classico doppio gioco di spie, gli intrighi e il mosaico di ruoli messo in scena, diventa uno strumento per una riflessione metaletteraria.
- Un ritmo incalzante grazie al quale il film intrattiene e diverte lo spettatore fino alla fine.
Cosa non va
- Il labirinto di intrighi e doppi o tripli giochi e la ricostruzione della vicenda a ritmi sostenuti potrebbero disorientare lo spettatore meno avvezzo a questo tipo di acrobazie.