Aquaman e il regno perduto, la recensione: le ultime vestigia di un mondo sommerso

La recensione di Aquaman e il regno perduto, secondo e ultimo capitolo delle avventure cinematografiche dell'Arthur Curry di Jason Momoa, onesto e divertito ritorno destinato agli abissi della memoria collettiva.

Aquaman e il regno perduto, la recensione: le ultime vestigia di un mondo sommerso

Con l'arrivo nelle sale di Aquaman e il regno perduto di James Wan, l'era DCEU e della vecchia guardia produttiva DC può dirsi ufficialmente conclusa. Il secondo capitolo delle avventure aquatiche del Re di Atlantide è infatti l'ultimo baluardo di quel modo di pensare e sviluppare i cinecomic dell'etichetta cinematografica, che prima con Zack Snyder e poi con Walter Hamada è sempre e solo riuscito a funzionare a metà, mai realmente completo, coeso, efficiente, specie per quanto riguarda l'universo narrativo in senso ampio.

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Aquaman e il Regno Perduto: Jason Momoa in una scena del film

Il primo Aquaman, però, è stata una vera sorpresa: carnevalesco, euforico, colorato, iper-dinamico e straordinariamente inventivo sul piano registico ed estetico. È stato anche il primo film DC a raggiungere e superare il miliardo di dollari nel mondo, rivelandosi una sfida più che vinta. Tornando indietro con la mente, se la storia fosse andata diversamente, forse questo Aquaman e il regno perduto sarebbe potuto essere molto più importante nell'economia narrativa condivisa del DCEU e molto più riuscito del precedente capitolo. I piani sono però cambiati e l'Arthur Curry di Jason Momoa è stato escluso dall'equazione cinematografica di James Wann insieme a tutte le altre fila creative e interpretative passate, trovando in questo mediocre ma onesto e divertito sequel la sua obbligata ma non fisiologica chiusura.

Buddy comedy e ambientalismo

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Aquaman e il regno perduto: Jason Momoa in una foto promozionale

Dopo la sconfitta di Darkseid per opera della Justice League, la vita di Arthur Curry è tutta famiglia e lavoro. Aquaman si è sposato con Mera (Amber Heard) e ha avuto un bellissimo bambino, cercando di coniugare la sua felice vita terrena con quella aquatica come Re di Atlantide. Il trono sembra andargli stretto, specie per le tante responsabilità che appesantiscono la sua corona. Ma il suo Regno è felice e pacifico, finché Black Mantha (Yahyah Adbul-Mateen II) non decide di distruggerlo per vendicare la morte del padre. Il nemico trova infatti un misterioso artefatto che gli dona un potere straordinario, connettendolo alla memoria di un antico e corrotto passato pronto a riversarsi nel presente e distruggere la vita così come la conosciamo, terrestre o aquatica che sia.

Per tentare di fermare Black Mantha, Arthur decide di chiedere aiuto al fratello e rivale Orm (Patrick Wilson), sfruttando questa missione d'importanza globale per sanare anche vecchie acredini con l'ex-Ocean Master. Aquaman e il regno perduto è buddy comedy e ambientalismo. Il rapporto tra Arthur e Orm è centrale ed essenziale all'economia del racconto, mentre il tema ecologista è il cuore stesso della storia, che parla di surriscaldamento globale artificiale, scioglimento dei ghiacciai e mutazioni ecosistemiche cruciali.

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Aquaman e il Regno Perduto: Jason Momoa e Patrick Wilson in una scena del film

A vincere su tutto è la famiglia e la capacità "di creare ponti" - reali o metaforici - tra noi e gli altri, tra ieri, oggi e domani, e curiosamente il film è esattamente questo: un ponte tra il passato DCEU e il nuovo DCU, forse non forte, robusto e resistente come sperato ma comunque stabile e sicuro, da attraversare senza paura. L'intreccio dei "cavi narrativi" è persino più ingegnoso e funzionale rispetto a quello del primo capitolo, edificato con audacia e furbizia su solide fondamenta citazioniste, dal Jabba the Hutt di Star Wars alla scena più iconica di Iron Man, passando persino da Il Signore degli Anelli e strizzando infine l'occhio a World of Warcraft. C'è davvero di tutto in questo godibile sequel che rispetta però tutte le aspettative frustrate createsi negli ultimi mesi, incapace di gestire racconto, spettacolo e regia con la giusta dovizia di particolari e d'intenti.

Aquaman e il Regno Perduto, Jason Momoa: "Questo film è come una fine"

Un circo subacqueo meno efficace

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Aquaman e il Regno Perduto: Jason Momoa in una scena del film

Il piacere della visione di Aquaman e il Regno Perduto è minato da alcune scelte formali e contenutistiche ampiamente opinabili. In chiave action, ad esempio, non sembra nemmeno di vedere lo stesso James Wan del primo capitolo, decisamente meno inventivo e grintoso. Combattimenti corpo a corpo, esplosioni e inseguimenti sono coreografati in modo stanco e pilotato, ad esclusione di un particolare scontro tra Arthur e Black Mantha che sfrutta a dovere il virtuosismo dei movimenti macchina per donare carattere e fluidità alla sequenza. Il mondo subacqueo è sempre vasto e affascinante e gli effetti visivi funzionano nella stessa misura del predecessore, eppure subentra con prepotenza l'effetto more of the same, togliendo un certo quid scenografico alla visione che fa apparire il prodotto più composto del cinecomic del 2018 nonostante si navighi da un polo terrestre all'altro delle profondità oceaniche e non. Il problema è il ritmo del racconto, non sempre adeguato, a volte lento ma troppo spesso frenetico e accelerato.

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Aquaman e il Regno Perduto: Yahya Abdul-Mateen II in una scena del film

Alcuni eventi arrivano in rapidissima successione (rapina-attacco, ad esempio), senza dare poi modo all'azione di esprimersi al suo meglio, fin troppo dedicata al contesto e poco alla struttura in sé. Detto questo, ci domandiamo se fosse lecito aspettarsi di più da un film come Aquaman e il regno perduto, ultima vestigia di un mondo ormai sommerso (quello DCEU) che persino al suo interno narra di un antico regno corrotto e caduto in rovina. Non un mirabolante circo acquatico come il primo capitolo, insomma, quanto una storia di unioni, compromessi, redenzione e civiltà che chiude un complesso decennio di contrasti e smarrimento produttivo. Un addio dolce-amaro che sa di attestazione d'intenti per un futuro differente, con tanto di chiosa finale in drop-mic.

Conclusioni

In fin dei conti non potevamo aspettarci di più da un film come Aquaman e il regno perduto, non dopo un critico cambio ai vertici DC, una pandemia e la fine di un'epoca. Come detto in recensione, pur essendo in tutto e per tutto un more of the same del primo capitolo, questo sequel arriva in sala con tanta amarezza addosso, dovuta a mancate opportunità d'evoluzione e miglioramento, a una regia più stanca e meno ispirata del previsto, a un effetto già visto purtroppo inevitabile. Non bastano più due scontri ben congeniati e un mondo sottomarino a convincerci, nonostante il film resti onesto e godibile, seppure ricco di potenziale purtroppo inespresso.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • La buddy comedy tra Aquaman e Orm, la parte migliore del film.
  • L'universo oceanico è ancora vasto e affascinante.
  • Alcune intuizioni registiche di James Gunn.

Cosa non va

  • Il ritmo continuamente sbilanciato.
  • L'azione è più stanca e meno ispirata rispetto al passato.
  • È la fine fuori tempo massimo di un decennio più che problematico.