Capelli color rame, pelle candida, occhi così chiari da sembrare irreali, sorriso contagioso: Amy Adams è incantevole, ma lo è ancora di più quando comincia a parlare, dimostrando di essere una donna intelligente e piena di empatia per il prossimo. Dopo aver lavorato con i più grandi registi contemporanei, da Steven Spielberg a Paul Thomas Anderson, aver dimostrato di saper cantare e ballare in Come d'incanto (in cui è letteralmente una principessa delle fiabe che prende vita) e aver ottenuto il ruolo di Lois Lane nel franchise di Warner Bros. dedicato supereroi firmati DC, Amy Adams è un'interprete che può fare qualsiasi cosa.
Dopo due vittorie ai Golden Globe, nel 2013 per la sua interpretazione in American Hustle - L'apparenza inganna e nel 2014 per Big Eyes, e cinque nomination agli Oscar (per Junebug nel 2005, Il dubbio nel 2008, The Fighter nel 2010, The Master nel 2012 e American Hustle nel 2013), ad Adams manca solo il momento in cui arriverà finalmente il suo turno di ricevere la più ambita statuetta del mondo del cinema. Purtroppo anche quest'anno non succederà: nonostante sia la magnifica protagonista di due dei titoli più affascinanti passati in questi mesi sullo schermo, presentati entrambi alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia (Animali notturni di Tom Ford e Arrival di Denis Villeneuve), la nomination non è arrivata. Alcuni gridano allo scandalo, altri l'hanno già chiamata "la nuova Leonardo DiCaprio", ma Amy Adams non ha bisogno di tutto questo chiacchiericcio di contorno, perché è il suo lavoro a parlare per lei.
L'abbiamo incontrata qualche mese fa a Venezia, dove ci ha raccontato il suo lavoro sul set di Arrival, nelle sale italiane dal 19 gennaio.
Leggi anche: Amy Adams, da Animali Notturni ad Arrival, l'annata spaziale di una diva da Oscar (o quasi)
Arrival: un film emotivo più che di fantascienza
In Arrival Amy Adams interpreta Louise Banks, linguista chiamata dal governo degli Stati Uniti a decifrare un messaggio alieno: una forma di vita sconosciuta è infatti approdata sulla Terra. Insieme al fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner), la studiosa cerca di entrare in contatto con gli insoliti visitatori, facendosi coinvolgere anche emotivamente dalle creature. Al Lido Adams ci ha detto subito che il motivo principale per cui ha accettato il ruolo è stato il regista: "È stata una delle grandi gioie della mia carriera lavorare con Denis, è molto conscio di quello che fa, è paziente" e ha continuato: "Cerco di non fare caso a dove è posizionata la telecamera. Ormai oggi mi offrono le parti, prima invece dovevo fare dei provini, quindi adesso chiedo sempre ai registi perché vogliono proprio me. Denis mi ha detto che voleva poter vedere che cosa pensava il mio personaggio. Lui ci ha accompagnato in modo molto intelligente in questo viaggio emotivo e la cosa più bella è che si fida del suo pubblico: confida nel fatto che gli spettatori compiano il viaggio insieme alla protagonista".
Il suo personaggio, una studiosa, ma anche madre, moglie ed essere umano con un passato e delle ferite, come tutti, è uno di quelli che l'ha coinvolta di più: "È stata un'esperienza incredibile, il mio personaggio è come se cercasse l'umanità di questi alieni" ci ha detto a proposito di Louise, spiegando meglio: "Molte donne che conosco si muovono nella vita con grande intelligenza, per me non è strano che la protagonista sia una donna: mi ha ricordato molte persone che conosco davvero e riescono a conciliare emotività, famiglia e lavori impegnativi. È difficile pensare a cosa farebbero degli alieni: noi ce li immaginiamo partendo dai nostri parametri, quindi è molto complicato ipotizzare come sarebbero e come si comporterebbero. Credo che il film sia molto emotivo, non ho mai pensato di stare facendo davvero della fantascienza. Louise cerca di proteggere la figlia dal dolore del suo destino. Tutti noi cerchiamo di proteggere i nostri figli".
Leggi anche: Arrival, parla il regista Denis Villeneuve: "Bisogna essere aperti all'ignoto"
Destino e parole
In Arrival passato e presente si confondono, rispecchiando il linguaggio degli alieni, che si basa su una concezione circolare del tempo e dello spazio: a un certo punto la protagonista vede il futuro (o è forse il passato?), e capisce cosa deve fare. Amy Adams vorrebbe sapere cosa la aspetta? "Sarei spaventata se dovessi conoscere il mio destino" ha risposto, proseguendo: "L'ansia è una costante della mia vita. Tutti abbiamo provato tristezza o avuto delle perdite, ma quello che definisce veramente una vita sono i momenti che accadono tra i grandi eventi. In ogni caso non vorrei sapere".
Altro elemento chiave del film è il linguaggio: qual è la sua parola preferita? "Mama" ci ha detto sorridendo, ricordando sua figlia. Per quanto riguarda il linguaggio cinematografico invece, l'attrice, per interpretare al meglio ogni ruolo, pensa a se stessa come a uno strumento: "Ho cominciato come ballerina, quindi ho imparato a comunicare attraverso i gesti, a trasmettere emozioni con il corpo. Poi sono passata al teatro e, per rendere vero un personaggio, che magari interpretavo per 18 mesi, ho sempre creato delle storie". Per un'ex ballerina la musica non può che essere fondamentale e, parlando di quella di Arrival, composta da Jóhann Jóhannsson, Adams non ha potuto evitare di elogiarla: "Credo che la musica del film sia incredibile: la prima volta che ho visto il trailer sono rimasta impressionata".