Da Ally McBeal a Weeds: 5 serie TV che hanno anticipato i temi mainstream di oggi

Sono arrivate in punta di piedi, ma hanno riscritto le regole della serialità. Cinque serie che, prima di tutte le altre, hanno cambiato il modo di raccontare la vita in TV.

Freaks and Geeks

C'è stato un tempo in cui la TV seguiva regole precise, con serie ordinate, rassicuranti, fatte per non disturbare. Poi sono arrivate loro: cinque storie irriverenti, emotive, folli o malinconiche che hanno sgretolato le certezze del piccolo schermo.

Da Ally McBeal a Weeds, passando per Felicity, Moonlighting e Freaks and Geeks, queste serie hanno giocato d'anticipo portando sullo schermo temi, personaggi e linguaggi che oggi troviamo ovunque. All'epoca? Semplicemente, sembravano strane. Non brutte o belle, ma strane. O forse troppo avanti. Ma a rivederle ora, ci accorgiamo che è lì che tutto è cominciato.

Ally McBeal e la nuova grammatica del femminile in TV

Ally Mcbeal 2
Ally McBeal

Nel 1997, Ally McBeal sembrava una semplice commedia legale con una protagonista un po' eccentrica. Bastavano però pochi episodi per rendersi conto che il tono era tutt'altro: surreale, ironico, emotivo, con inserti in CGI e sogni ad occhi aperti che prendevano vita in ufficio. Ally (Calista Flockhart) era una donna brillante, fragile, nevrotica, tenera e sbilenca. E sì, ballava con un neonato digitale.

La serie firmata David E. Kelley ha spalancato la porta a un nuovo modo di raccontare le donne in TV: non più eroine o vittime, ma esseri umani pieni di contraddizioni. Ha usato la musica in modo narrativo, ha anticipato la dramedy moderna e ha normalizzato il caos interiore. Senza Ally, probabilmente oggi non avremmo né Fleabag né Girls.

A colpire, allora come oggi, era l'inconsueta combinazione tra introspezione emotiva e leggerezza stilistica. Ogni episodio era infatti una piccola parabola sulla solitudine, la ricerca d'amore e l'identità femminile, ma raccontata con uno humour che sembrava togliere peso alle ansie, pur senza mai banalizzarle.

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Weeds e l'anti-eroina suburbana che ha riscritto le regole

Weeds: Mary-Louise Parker in un momento dell'episodio Red in Tooth and Claw
Mary-Louise Parker in Weeds

Nancy Botwin spacciava erba nel suo quartiere residenziale ben prima che la criminalità diventasse glam. Era il 2005 e Weeds si presentava come una commedia nera travestita da satira sociale. Una mamma vedova (Mary-Louise Parker), una villetta a schiera e una doppia vita a base di sarcasmo e autoinganni.

La forza di Weeds era nel suo sguardo caustico e nel trasformare una "desperate housewife" in una vera anti-eroina. Altro che Breaking Bad: qui le questioni morali si intrecciavano a leggerezza, provocazione e ironia. Nancy apriva la strada a un nuovo archetipo femminile, quello che oggi abita senza problemi serie come Killing Eve o The Flight Attendant.

Il successo della serie ha dimostrato che anche in TV si poteva osare con personaggi contraddittori e moralmente ambigui, senza perdere ironia e ritmo narrativo. Weeds ha anche aperto un varco per una narrazione più esplicita sui desideri femminili, sul fallimento sociale e sulle ambizioni fuori dagli schemi. Mica male.

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Felicity e il ritratto emozionale della generazione millennial

La locandina di Felicity
Felicity

Capelli ricci, registratore portatile e una decisione impulsiva: mollare tutto per seguire un ragazzo a New York. Ma Felicity, la serie tv creata da J.J. Abrams e Matt Reeves, è molto più di un gesto d'amore. È un coming-of-age fatto di incertezze, scelte sbagliate, amicizie che salvano e crisi interiori.

Lo stile era tutto e ancora oggi è qualcosa che colpisce: voce fuori campo, ritmo lento, atmosfere intime, silenzi pesati con cura. Felicity parlava a una generazione che non aveva ancora un nome ma già sentiva tutto in modo troppo forte. Ha lasciato un'impronta nel modo di raccontare l'adolescenza introspettiva, e non solo.

E poi c'è quel famoso taglio di capelli che ha fatto la storia: un gesto di rottura così radicale da diventare un piccolo trauma collettivo per il pubblico, ma anche un simbolo fortissimo di cambiamento e autodeterminazione. In quel gesto c'era tutta la fragilità e la forza di una generazione che cercava il proprio spazio, anche a costo di disorientare chi guardava da fuori.

Moonlighting e la rivoluzione meta-televisiva degli anni '80

Moonlighting: un'immagine promozionale
Moonlighting

Altro che semplice giallo. Moonlighting (da noi Blue Moon) era una serie impossibile da definire: comica, romantica, noir, teatrale. E soprattutto, consapevole di essere una serie. Rompeva la quarta parete, parlava al pubblico, metteva in scena Shakespeare e gli scambi fulminanti tra Bruce Willis e Cybill Shepherd creavano una tensione sessuale di sottofondo che rendeva tutto più spicy.

In un'epoca in cui le serie TV seguivano formati rigidi e lineari, Moonlighting si prendeva invece tutte le libertà. Osava con finali aperti, sceglieva trame sconclusionate, ma soprattutto sperimentava toni che cambiavano da un episodio all'altro. È stata la madre di tutti i "will they/won't they" e ha gettato le basi del meta-televisivo moderno.

Ogni tensione romantica costruita sul tira e molla - da Ross e Rachel (Friends) a Jim e Pam (The Office), da Mulder e Scully (X-Files) fino a Nick e Jess (New Girl) - porta il segno di quella chimica esplosiva e imprevedibile lanciata da Moonlighting.

Il suo spirito ludico e provocatorio ha ispirato intere generazioni di autori, dimostrando che la televisione poteva prendersi gioco di se stessa e funzionare meglio proprio per questo. Ah, e ci ha regalato Bruce Willis prima dei film d'azione. Cosa chiedere di più?

Freaks and Geeks, il racconto sincero dell'adolescenza outsider

Freak and Geeks: un'immagine promozionale con Seth Rogen, Linda Cardellini, James Franco e Jason Segel
Il cast di Freaks and Geeks

Niente armadietti lucidi e licei da copertina, Freaks and Geeks (1999) raccontava l'adolescenza così com'è: imbarazzante, tenera, ingiusta, goffa. Solo una stagione, ma è bastata per diventare leggenda. Linda Cardellini, James Franco, Seth Rogen e Jason Segel erano i volti di una generazione ai margini. Dietro? Judd Apatow. Una garanzia.

Il bello di Freaks and Geeks era il suo tono disarmante. A differenza dei teen drama che l'hanno preceduta qui non ci sono stereotipi, niente lieto fine obbligatorio. Solo momenti veri, battute sincere, look improbabili e una colonna sonora che parlava da sola. È la serie che ha insegnato alla TV a trattare i ragazzini come esseri umani alle prime armi e non come figurine.

Ogni episodio era costruito come una piccola storia di formazione, mai banale, spesso malinconica, dove il disagio era raccontato senza filtri ma anche senza compiacimento. Era la TV che parlava davvero a chi non si era mai sentito rappresentato. E oggi la sua eredità vive in Euphoria, Sex Education e Pen15.

L'eredità silenziosa delle serie in anticipo sui tempi

A rivederle oggi, queste serie sembrano scritte ieri. Per linguaggio, personaggi, temi. Ma quando uscirono, tutto sommato erano strane. Dissonanti. Coraggiose. Per questo le amiamo ancora: perché sono le antenate brillanti di una TV che oggi ci sembra libera, sfaccettata, autentica. La verità? Hanno fatto tutto loro, ben prima che fosse di moda.