Inserendosi nel filone del nuovo cinema di fantascienza, quello che preferisce i sentimenti allo sviluppo tecnologico, Ad Astra, l'ultimo film di James Gray, è un viaggio attraverso il cosmo che ci porta ad un finale molto umano. Decollate con noi in questa missione, con una piccola premessa: questo viaggio stellare contiene spoiler .
Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto
È un uomo solitario Roy McBride (Brad Pitt), figlio del più grande esploratore spaziale Clifford McBride (Tommy Lee Jones). Dedito completamente al lavoro, quasi a voler replicare i successi del padre, è riuscito a costruire un muro non solo tra sé e i suoi rapporti famigliari, ma anche con le sue stesse emozioni. Come spieghiamo nella nostra recensione di Ad Astra, proprio per la sua apatia cronica che gli consente di non superare gli ottanta battiti al minuto, nemmeno in situazioni di pericolo o di stress, Roy viene scelto per viaggiare dalla Terra a Marte con lo scopo di inviare un messaggio radio alla base scientifica del Progetto Lima su Nettuno dove si ha conferma che Clifford McBride, al contrario di quanto si pensava da sedici anni, sia ancora vivo.
E' l'inizio del viaggio interstellare di Roy a cui sembra non importare troppo della notizia sorprendente sul padre; un viaggio che, complice un voice over asciutto che ci catapulta nella mente del protagonista, ricorda Apocalypse Now, il capolavoro di Francis Ford Coppola tratto dal romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Proprio colmo di tenebra è il cuore di Roy, capace di salvarsi da ogni situazione pericolosa, di evitare la morte in più occasioni con un invidiabile sangue freddo, ma incapace di trovare un barlume di umanità nelle sue azioni. Il cosmo diventa metafora e più Roy procede verso Marte più si allontana dal Sole e dalla luce. Finché non decide di mandare a suo padre un messaggio radio sincero, dettato dal cuore. Ci sarà una risposta e la missione sarebbe terminata se non che Roy, ora che ha lasciato entrare uno spiraglio di luce, è disposto a cambiare finalmente la sua vita. E quindi uscimmo a riveder le stelle.
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Ci vuole tutta una vita per imparare a vivere
Il desiderio di ritrovarsi con il padre diventa così forte che, per la prima volta in carriera, Roy disobbedisce all'autorità ed entra clandestinamente nella navetta spaziale in partenza per distruggere la base di ricerca su Nettuno. Per arrivare alla navetta dovrà nuotare attraverso un ambrato liquido amniotico e oltrepassare un tunnel: si tratta di una vera e propria seconda nascita per Roy che ora è un uomo cambiato. Nel suo diventare un uomo nuovo, Roy dovrà compiere dei passi evolutivi: se prima era sopravvissuto all'attacco di una scimmia assassina, ora deve difendersi dall'attacco dell'equipaggio umano della navetta, per poi vincere il crollo psicofisico dovuto alla durata del viaggio (79 giorni!) in solitaria verso Nettuno. Roy non è più l'uomo apatico dagli ottanta battiti al minuto, ma un uomo che si agita, si commuove e che coltiva la speranza di riportare suo padre sulla Terra e il suo amore con lui. Puro e disposto a salire a le stelle.
Vivi adesso!
Distruggere ciò che gli ha tenuto il padre lontano da quando era ragazzo per tornare a casa insieme. Recuperarne l'affetto e la relazione e sentirsi di nuovo vivo. Peccato che Clifford sia più interessato a scoprire nuove forme di vita intelligenti per il cosmo e confessa a Roy di non aver mai pensato per un solo istante alla Terra e alla sua famiglia. Ciò che sta in alto ha vinto ciò che ci sta intorno, l'ignoto ha vinto sul conosciuto, la fredda scienza ha schiacciato l'affetto umano. A malincuore Roy è costretto a lasciare suo padre nello spazio ignoto e, dandosi forza con l'esplosione della base su Nettuno, un nuovo Big Bang per una rinascita completa, tornare sulla Terra come uomo nuovo.
Nel finale di Ad Astra Roy McBride, che tanto seguiva le orme del padre, si riappropria della sua vita, delle sue emozioni e abbatte il muro che lo separava dagli affetti verso la sua famiglia. La sua epifania ricorda anche a noi spettatori come non serve perdersi nello spazio se ci dimentichiamo il significato della parola "casa". La lezione del finale del film è uno squisito messaggio umanitario: prendiamoci cura l'uno dell'altro. Solo allora, anche guardando intorno a noi, riusciremo a vedere lo stesso le stelle. L'amor che move il sole e l'altre stelle.