Il coraggio della verità, la recensione: è l'odio che diamo ai bambini a fotterci

La recensione de Il coraggio della verità: George Tillman Jr., nel nome di Tupac, realizza un film di denuncia e un prodotto Young Adult a cui è difficile restare indifferenti.

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Il coraggio della verità: Regina Hall, Russell Hornsby e Amandla Stenberg in una scena del film

Avevamo conosciuto George Tillman Jr. nel nome di The Notorious BIG, e con il film Notorious che raccontava la sua vita e la sua morte. Lo ritroviamo con un nuovo film nel segno di Tupac Shakur, alfiere dell'hip hop losangelino e grande rivale dell'altro, esponente della scena newyorchese. Sembra in tutto e per tutto una sorta di contrappasso. Anche perché quel film si chiudeva con un colpo di pistola, e Il coraggio della verità, presentato alla Festa del Cinema di Roma, si apre con un fatto simile. Nella recensione de Il coraggio della verità vi raccontiamo come un prodotto Young Adult possa essere allo stesso tempo un ottimo film di denuncia, e come tutto nasca dallo status di Tupac Shakur, THUG LIFE, cioè The Hate U Give Little Infants Fucks Everybody. È l'odio che diamo ai bambini a fotterci.

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La trama: una spirale di odio e di violenza

Quella di Tupac Shakur è una frase perfetta per raccontare la spirale di odio che permea la vita degli afroamericani negli Stati Uniti: un odio che i bambini respirano fin da piccoli, e che finiscono per restituire una volta adulti. Una sera Khalil lo dice a Starr, sua amica fin dall'infanzia mentre, di ritorno da una festa, stanno ascoltando Tupac in macchina. Poco dopo i due vengono fermati dalla polizia. E, per un equivoco, Khalil viene colpito a morte. Avevamo visto Starr e i suoi fratelli, qualche anno prima, ascoltare dal padre Maverick, che era stato in una gang e aveva deciso di uscirne, un decalogo dei Black Panthers che spiegava cosa fare in caso di fermi, o abusi, da parte della polizia. La morte di Khalil scatena un finimondo nella comunità. Starr, che ha assistito a tutto, vorrebbe parlare. I genitori vorrebbero proteggerla. Il tutto diventa una questione politica, troppo più grande di lei.

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Il coraggio della verità: Amandla Stenberg in una scena del film

Ne hanno parlato anche Michael Moore e Barry Jenkins

The Hate U Give Issa Rae
Il coraggio della verità: Issa Rae in una scena del film

C'è un filo rosso, rosso sangue, che lega alcune delle opere presentate alla recente Festa del Cinema di Roma e che sono arrivate in sale in questi mesi. Fahrenheit 9/11 di Michael Moore ci ha fatto vedere una comunità intera, quella di Flint, Michigan, subire una serie di soprusi da parte dei propri amministratori. Se la strada potesse parlare, di Barry Jenkins, è un moderno Romeo e Giulietta in cui l'ostacolo non è il nome, ma la polizia e i suoi abusi. Green Book, su cui si è discusso molto, parla della condizione degli afroamericani negli anni Cinquanta per suggerici che oggi le cose sono cambiate, ma non del tutto. Il coraggio della verità è un altro tassello che arricchisce il dibattito lanciato da questi film. In particolare, confrontandolo con Se la strada potesse parlare, sembra volerci dire che dagli anni Settanta, periodo in cui è ambientato il film di Jenkins, a oggi in pratica nulla è cambiato. A nulla è servita l'elezione del primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, Barack Obama. La situazione è sempre quella. Se un poliziotto ferma un nero e teme che sia armato, gli spara. Se succede la stessa cosa con un bianco, gli grida "mani in alto". Un certo cinema americano, negli ultimi mesi, ci sta lanciando un messaggio duro, deciso. Sembra finita la luna di miele con i propri politici, è finita l'Era Obama in cui il cinema provava a veicolare la speranza, anche nelle storie degli afroamericani. La disillusione per l'ex presidente, il buio in cui sta precipitando l'America con l'amministrazione Trump sta dando vita nuovamente, com'era nell'era Bush, a un cinema di lotta.

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Tra young adult e denuncia sociale

Il coraggio della verità: Amandla Stenberg in una scena corale
Il coraggio della verità: Amandla Stenberg in una scena corale

Eppure Il coraggio della verità è un film molto particolare: per i temi che tocca - la condizione degli afroamericani, il razzismo, gli abusi delle forze dell'ordine, le classi sociali - non possiamo dire che non sia un film di denuncia. George Tillman Jr. entra nella società americana di oggi, ed entra anche a gamba tesa. Ma Il coraggio della verità è tratto da un libro, The Hate U Give di Angie Thomas, che è un romanzo Young Adult. E, come tale, la trama del film riprende molte cose di quel genere. La protagonista è un'adolescente alla ricerca della propria identità (a interpretare Starr è Amandla Stenberg, vista proprio in un'altra saga YA, Darkest Minds). E viviamo la storia dal suo racconto, dalla sua voce narrante, come se ci stesse leggendo il suo diario. Il ragazzo, le amiche, la scuola, le passioni, la ricerca della propria identità: ci sono tutti i tratti distintivi di una perfetta storia Young Adult. Eppure il film di George Tillman Jr. è qualcosa di diverso.

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Il coraggio della verità: Amandla Stenberg e K.J Apa in una scena
Il coraggio della verità: Amandla Stenberg e K.J Apa in una scena

Amandla Stenberg: diventerà una Star(r)?

Il coraggio della verità: Amandla Stenberg e Algee Smith camminano nei corridoi della scuola
Il coraggio della verità: Amandla Stenberg e Algee Smith camminano nei corridoi della scuola

Il coraggio della verità è un film che può piacere anche a un pubblico adulto. Un pubblico che, in fondo, guardando la cosa dal nostro punto di vista, ama l'America, e vorrebbe saperne di più. Mentre da oltreoceano qui le notizie ci arrivano sempre un po' affievolite, è proprio il cinema che può aprire uno squarcio sulla situazione americana. Il coraggio della verità fa tutto questo, e lo fa molto bene. George Tillman Jr. ha il merito di saper tenere sempre alta la tensione, di stemperarla con l'ironia, e di alternare sapientemente i due aspetti. Il suo film vive anche di momenti di quiete prima della tempesta. Guardarlo è una continua doccia scozzese. E vive, ovviamente, di attori. Tra Anthony Mackie, che è King, il villain di turno, e KJ Apa, visto in Riverdale, che è Chris, il ragazzo di Starr, spicca Amandla Stenberg, già vista nella nuova saga Young Adult Darkest Minds, ma qui notevolmente superiore, credibile, intensa e in parte. Le si prospetta davanti un futuro da star, che le auguriamo. Nel suo nome, scritto con due "r" per un errore del padre, c'è tutto il discorso che Tillman Jr., e anche Barry Jenkins, stanno portando avanti: quello dell'unione e del calore delle famiglie afroamericane, vero motore e salvezza della comunità. Una famiglia con tre figli che il padre ha voluto chiamare Seven, Starr e Sekani, cioè perfezione, luce e gioia. Anche da questi nomi si possono capire tante cose.

Movieplayer.it

3.5/5