50 primavere: la vita ricomincia a cinquant’anni

La bravissima Agnès Jaoui si cala nel ruolo di Aurore, una madre di famiglia single alle prese con la menopausa e con altri piccoli, grandi cambiamenti della propria vita, in 50 primavere, commedia scritta e diretta da Blandine Lenoir. Un film nel complesso piacevole, ma con più di un difetto.

50 primavere: Agnès Jaoui in una scena del film
50 primavere: Agnès Jaoui in una scena del film

A cinquantatré anni da poco compiuti, Agnès Jaoui rappresenta una sorta di "tesoro nazionale" del cinema francese. Dalle trentenni sentimentalmente confuse delle commedie di Cédric Klapisch (Aria di famiglia) e Alain Resnais (Parole, parole, parole...) ai ruoli altrettanto complessi e affascinanti in film corali da lei stessa diretti, come gli ottimi Il gusto degli altri, Così fan tutti e Quando meno te lo aspetti, la Jaoui ha incarnato le diverse varianti di una precisa tipologia umana, spesso insicura ma dotata di una segreta grinta, durante le varie tappe nella vita di una donna.

E in 50 primavere, secondo lungometraggio firmato dall'attrice Blandine Lenoir, la deliziosa Agnès si cala nei panni di Aurore, ovvero il personaggio da cui deriva il titolo originale del film: una cinquantenne divorziata e madre di due figlie, in procinto di diventare nonna e alle prese con un lavoro che non la soddisfa, con le frustrazioni della mezza età e con desideri - amorosi e sessuali - che tornano prepotentemente a riemergere.

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50 primavere: Agnès Jaoui, Pascale Arbillot, Lou Roy-Lecollinet e Sarah Suco in una scena del film
50 primavere: Agnès Jaoui, Pascale Arbillot, Lou Roy-Lecollinet e Sarah Suco in una scena del film

Ritratto di Aurore

50 primavere: Agnès Jaoui in un momento del film
50 primavere: Agnès Jaoui in un momento del film

Le insopportabili vampate di calore della menopausa sono solo una delle fonti di preoccupazione e di stress nell'esistenza di Aurore Tabort: uno stress alimentato dal suo lavoro come cameriera in un ristorante il cui nuovo, eccentrico proprietario sembra fare di tutto per indispettirla; dalle insicurezze della figlia primogenita Marina (Sarah Suco), che ha da poco scoperto di essere incinta; e dall'ansia ben mascherata nei confronti della secondogenita Lucie (Lou Roy-Lecollinet). Ma l'incontro fortuito con Christophe Tochard (Thibault de Montalembert), soprannominato Totoche, suo ex fidanzato ai tempi del liceo e ora ginecologo, farà tornare a battere il cuore di Aurore, pronta a rimettersi in gioco e a tuffarsi in una nuova relazione con la sua vecchia fiamma mai davvero dimenticata.

50 primavere: Agnès Jaoui e Pascale Arbillot in una scena del film
50 primavere: Agnès Jaoui e Pascale Arbillot in una scena del film

In fondo tutto il film ruota attorno a questo intreccio di rapporti, senza sorprendenti sviluppi drammaturgici ma prediligendo invece l'analisi delle dinamiche che si instaurano (e talvolta si modificano) fra Aurore e i suoi familiari, i suoi amici e le altre persone con le quali entra in contatto. E la cifra dominante del racconto, forse a scapito di una maggiore profondità, è appunto la tenerezza che contraddistingue lo sguardo di Blandine Lenoir verso la sua protagonista: una protagonista resa sempre vivida e credibile dalla verve di una deliziosa Agnès Jaoui, la quale si destreggia con la massima disinvoltura in una parte cucita su misura su di lei.

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Virtù e difetti di una commedia piacevole ma imperfetta

50 primavere: Agnès Jaoui e Sarah Suco in un momento del film
50 primavere: Agnès Jaoui e Sarah Suco in un momento del film

Se dunque 50 primavere si fa apprezzare per il disegno dei personaggi, dalla stessa Aurore passando per una frizzante comprimaria come la sua amica del cuore Mano (Pascale Arbillot), per la sua delicata ironia e per qualche sequenza piuttosto indovinata, d'altra parte non si può non avvertire un certo rimpianto per le occasioni mancate e i punti deboli nel copione della Lenoir: la predilezione per un umorismo a tratti un po' forzato, a scapito di un maggiore senso di realismo; il modo frettoloso o confuso con cui sono gestiti in più di un'occasione sottotrame e personaggi secondari; ma soprattutto un epilogo tanto artificioso quanto convenzionale e telefonato, in cui la regista fa venir meno la coerenza narrativa per cedere il passo a certi cliché da tipica rom-com. Non tutto funziona e non tutto convince appieno, insomma, in un film che però, nonostante i propri limiti, conserva comunque un'indubbia gradevolezza e più di un motivo d'interesse.

Movieplayer.it

2.5/5