3D: il futuro dell'animazione

Se si riesce ad andare al di là del pregiudizio dell'equazione cartoni animati = infanzia, grazie alle nuove tecnologie ci si può gustare una serie di produzioni che non hanno nulla da invidiare al cinema degli 'adulti'.

Come ogni Natale che si rispetti ci troviamo di fronte ad alcune uscite cinematografiche degne di nota, soprattutto per i bambini, mentre, se si riesce ad andare al di là del pregiudizio dell'equazione cartoni animati = infanzia, ci si può gustare una serie di produzioni che non hanno nulla da invidiare al cinema degli "adulti". Questa tendenza sempre viva del cinema cartoonistico ha preso negli ultimi anni una piega molto più tecnologica rispetto ai classici disegni animati. Tutto, a partire dalle animazioni, alla scenografia, al più piccolo particolare, è creato in computer grafica, in modo da creare un realismo stupefacente. Si è partiti con il capostipite del genere che fu Toy Story nel 1995, prodotto dalla Pixar e dalla Disney e che narrava le vicende di un gruppo di giocattoli alle prese con i cambiamenti d'umore del bambino "padrone", che portavano i balocchi in questione ad una lotta disperata per riconquistare il loro compagno di giochi. Qui appunto per la prima volta fu disegnato e sviluppato tutto con il computer, portando una ventata di novità assoluta. Il bambino era molto anonimo, ma i giocattoli erano divertenti e pieni di verve anche se molta strada doveva ancora essere fatta per riuscire a creare qualcosa di più "reale". Questo perché la cosa più difficile non era creare il personaggio, ma fargli fare e dire le sue battute e le sue movenze facendo sì che risultasse più umano possibile; questo sia perché la tecnologia in questo campo era agli inizi, sia perché, come si può intuire, la mimica facciale e il movimento del corpo di una persona rappresenta la metà di quello che poi sarà la completa recitazione. Far muovere questi giocattoli e nello stesso tempo fargli mantenere una carica espressiva risultò essere una delle cose più difficile da ottenere.

Nel 1999, fu la volta del seguito Toy Story 2, e ci fu un miglioramento dovuto ad un uso più massiccio degli algoritmi e dei programmi di grafica. Si è potuto intervenire soprattutto sulla mimica facciale, su quei particolari che nel primo rendevano troppo freddi i personaggi, sia per quanto riguardava i giocattoli, sia per il bambino e i membri della famiglia. Dopo questo secondo tentativo, il grande pubblico ha cominciato a interessarsi a questo "nuovo" genere, e i produttori non hanno tardato ad accorgersene: così che da allora si sono moltiplicate le uscite di film d'animazione sempre più perfetti e che ad ogni nuovo exploit spostavano il metro di giudizio più avanti.

Ma già dall'anno precedente c'era stata una specie di rivoluzione. Tutto quello che aveva fatto di buono la Pixar-Disney fu da esempio anche per altri produttori, così ecco spuntare una nuova casa cinematografica, impegnata in quella che sarà poi la "guerra del digitale", come qualcuno l'ha definita. Stiamo parlando della Dreamworks di Steven Spielberg, che si gettò nella mischia con Z la formica, un film in digitale lontano dal buonismo e dal mondo fantastico Disney: qui abbiamo una colonia di formiche alle prese con la piaga delle locuste, e il tutto si svolge come se i protagonisti fossero degli attori in carne ed ossa. Come conferma di questa nuova tendenza, sempre nel 1998 la Pixar crea un altro capolavoro, A Bug's Life, che, forte delle ambientazioni più dolci, più giocose di quelle del concorrente, si impone nei confronti del pubblico. La situazione ora è definita in modo quasi preciso: da una parte la Disney-Pixar da sempre attenta al mondo dei bambini, con storie più spostate verso la favola che verso una rappresentazione della realtà, sempre con l'uso di una massiccia tecnologia che ormai ha fatto passi da gigante, e dall'altra la Dreamworks, che prova a contrastarla con una serie di effetti e di situazioni più comiche, più paradossali e che prendono in giro in modo palese il mondo fantastico e troppo caramelloso delle favole. La successiva creazione della casa di Spielberg va sotto il nome di Shrek, un orco verde, grasso, triste, solo e fatto a strati! E' una parodia di tutta una serie di fiabe che in questo modo vengono spazzate via in un attimo, e vengono soltanto riprese dal senso contrario, trasformando un orco, generalmente creatura cattiva e scontrosa, in un eroe che risolleverà le sorti del mondo in cui vive. Shrek, al contrario delle produzioni Disney, mira ad attrarre da subito un pubblico adulto, e non l'adulto che accompagna il bambino al cinema. Questo aspetto si percepisce dai dialoghi, che presentano continui riferimenti a film e a situazioni difficilmente comprensibili da un bimbo. Ma tutto ciò non ha reso Shrek inferiore, anzi, forse ha contribuito al suo enorme successo; infatti, come esponente di questo tipo di film, si cita molto più spesso Shrek che non le uscite Pixar, proprio perché a parlarne sono gli adulti che sono stati conquistati da questa enorme creatura verde.

Questa continua guerra di cifre e di produzioni, fa aumentare la qualità generale dei prodotti, sia per quanto riguarda la realizzazione tecnica, che ormai raggiunge livelli di animazione incredibili, sia per le trame, nuove, divertenti e mai scontate. In questi cartoni animati citati, si sono fatti passi da gigante per quanto riguarda l'espressività complessiva del personaggio. Grazie alla CG, si sono ricreati modi di fare e di esprimersi quasi totalmente simili a quelli umani, e questo ha contribuito ancora di più a rendere queste produzioni affascinanti e in grado di catturare il grande pubblico.

Arrivati a questo punto abbiamo tutta una serie di film in 3D che si danno battaglia ogni anno e che si scontrano senza che un vincitore vero e proprio venga proclamato. In ordine, questi nuovi film sono Monsters & Co., la penultima creazione Pixar, che si svolge in un'ambientazione inusuale, Mostropoli, dove i mostri vivono con l'energia sprigionata dalle urla di terrore dei bambini umani, provocate dagli stessi mostri, che li terrorizzano uscendo dagli armadi delle loro camerette. Ma non vi è nulla di così terrificante in tutto ciò: per i mostri è solo un lavoro. Eppure, la vita di Mostropoli sarà sconvolta quando una piccola umana riuscirà a penetrare al di là della barricata...
Dietro a questa penultima creazione Disney, troviamo un lavoro enorme che nemmeno si può immaginare, un lavoro di creazione che ha portato via mesi soltanto per il pelo del personaggio principale. Tutto doveva essere coerente all'azione e a quello che poi avrebbe influenzato la scena. Sully si trova in alcune scene sull'Himalaya sotto una tempesta di neve, e qui sono stati creati più di un milioni di fiocchi di neve che cadono sulla sua pelliccia in modo reale. Non ci sono altre parole per descriverlo, è quanto di più reale si sia mai visto in un cartone: la forza del vento, l'angolazione dei fiocchi, la capacità della pelliccia di assorbire la neve, diversa logicamente tra il pelo in superficie e quello in profondità... tutto questo ha reso il film un lavoro geniale. Il lavoro per la creazione del personaggio principale parte dalla sua capacità di conquistare le simpatie dello spettatore: Sully era stato ideato, inizialmente, con dei tentacoli al posto delle gambe, ma il loro movimento complesso li rendeva utili soltanto per spostare l'attenzione di un osservatore su quell'aspetto distogliendolo da tutto il resto e non facendogli vedere le parti davvero importanti del protagonista e del film.

A seguire, è arrivato L'era glaciale, un film ambientato durante la glaciazione, che si basa più su humour e battute ironiche che su una sceneggiatura fantastica. Pungente e spettacolare, offre un panorama di personaggi inferiore alle produzioni Disney, ma non per questo meno divertente e capace di attrarre lo spettatore come soltanto poche produzioni riescono a fare.
Una citazione non può mancare nei confronti di quello che è più "film" di tutti: Final Fantasy, basato su una serie di videogame e accumunato ai generi di cui sopra soltanto per la completa realizzazione in CG. Siamo arrivati alla conclusione di questa rassegna di film, che non poteva che chiudersi con l'ultima fatica Pixar che potete trovare al cinema proprio in questi giorni: si tratta di Alla ricerca di Nemo, ambientato in un mondo bagnato, molto bagnato, visto che narra della storia di un pesce pagliaccio, il piccolo Nemo, che si perde al suo primo giorno di scuola, e del viaggio del padre Marlin attraverso l'oceano per ritrovarlo.

Speriamo di aver raggiunto uno scopo: aver soddisfatto qualche curiosità e la voglia di approfondire dei fan dell'animazione 3D e aver incuriosito chi non si è mai avvicinato a questo tipo di produzioni che, siamo certi, non deluderanno nemmeno il neofita più diffidente. E per chi ancora non fosse convinto, beh, Shrek 2 è in arrivo.