Di 300, tutto si può dire, tranne che sia passato inosservato. E, in effetti, tutto si è detto: capostipite di una nuova estetica del cinema, crogiolo di inesattezze storiche e pertanto al limite del diseducativo, compendio della mascolinità contemporanea, il film ha avuto senz'altro il merito di infondere nuova luce alla nascente stella di Zack Snyder, che già era stato in grado di farsi notare per la sua rivisitazione de L'alba dei morti viventi di George A. Romero (e che è al momento impegnato al timone della nuova saga di Superman inaugurata da L'uomo d'acciaio e che proseguirà con Batman vs. Superman). Forse, un tale clamore non se lo aspettava nemmeno Frank Miller, autore del graphic novel che Snyder aveva saputo così efficacemente tradurre per il grande schermo: ma, sull'onda del successo ottenuto, il fumettista americano non ci ha pensato due volte a tornare nella Grecia del quinto secolo avanti Cristo, perché, in fondo, molte altre di quelle epiche battaglie meritano di essere raccontate. In un'opera ancora in progress, Miller ci immerge più a fondo nel sanguinoso conflitto tra greci e persiani, portandoci a Salamina, a Maratona, narrandoci quello che avveniva mentre i trecento spartani di Leonida sacrificavano le proprie vite alle Termopili, per offrire una speranza e un esempio ai loro connazionali.
E quindi Snyder, non più in veste di regista, ma di produttore e sceneggiatore, confeziona una pellicola che è prequel e sequel insieme, di cui noi di Movieplayer.it abbiamo potuto avere un assaggio esclusivo, dalla migliore prospettiva possibile. Abbiamo infatti visitato il set di 300: L'alba di un impero presso i Nu Boyana Studios di Sofia (che già avevano dato alla luce Black Dahlia, Conan the Barbarian 3D e I mercenari 2), centro nevralgico della monumentale organizzazione messa in piedi dalla Cruel & Unusual Film di Snyder e signora e soprattutto dalla Warner Bros. Abbiamo avuto l'opportunità di chiacchierare con i protagonisti Sullivan Stapleton ed Eva Green, ovvero Temistocle, stratega, politico e guerriero, dalla personalità così diversa da quella dell'inarrestabile, battagliero Leonida, e Artemisia, spietata generalessa dall'ambiguo passato, e con il regista, l'israeliano Noam Murro, ma soprattutto di assistere, da una postazione privilegiata dietro le quinte, a diversi ciak.
Ritorno all'antica GreciaAl nostro arrivo a Sofia siamo al 47esimo dei 64 giorni previsti di lavorazione, e cogliamo le maestranze bulgare, per le quali i produttori Gianni Nunnari e Bernie Goldmann non hanno che parole di elogio, nel bel mezzo dell'allestimento di un nuovo set. Si tratta di un villaggio greco che, così come le altre location previste, richiede all'incirca due settimane per essere messo a punto: non sorprende che le tempistiche siano così importanti, considerata l'accuratezza con cui gli scenografi hanno ricostruito lo scorcio cittadino immaginato da Miller e poi declinato per il cinema dall'art director Patrick Tatopoulos. Mentre gli scenografi proseguono nella decorazione delle abitazioni, affacciate su una piccola piazza che sarà teatro di cruciali confronti tra i protagonisti, la nostra guida ci fa notare la presenza del green screen, indispensabile a creare quegli effetti digitali che tanto avevano impressionato la platea in occasione del primo film. Ma se infondere realismo e profondità ad un quartiere cittadino risulta relativamente semplice, un ben più ingente dispiegamento di forze deve essere impiegato nel caso di una battaglia navale, specie se si considera che è proprio il mare il territorio privilegiato di una delle protagoniste più attese di questo 300: L'alba di un impero che, non a caso, ha avuto per mesi il titolo provvisorio di Battle of Artemisium. Parliamo ovviamente di Artemisia, la carismatica comandante a capo della flotta persiana e ispirata alla figura, realmente esistita, di una guerriera di Alicarnasso che strinse alleanza con l'esercito di Serse. La nave di Artemisia ce la si aspetta imponente, minacciosa, una macchina da guerra progettata nei minimi dettagli per annientare anche il nemico meno arrendevole. La nostra immaginazione non rimane certo delusa: basti pensare che in un solo set l'ammiraglia persiana non ci entra nemmeno, tanto che si sono dovute realizzare tre differenti sezioni dell'imbarcazione, destinate poi a essere riassemblate in postproduzione. Noi abbiamo potuto vedere da vicino il troncone di prua, e soffermarci sulla cura con cui Tatopoulos e il suo team hanno saputo ricreare il dettaglio suggerito dalle tavole di Miller, e infondere al nemico quel fascino oscuro che lo rende tanto più interessante e complesso, ma senza allontanarsi eccessivamente dall'accuratezza storica, assicurata dalla consulenza di numerosi archeologi, che hanno contribuito al design dell'imbarcazione, così come dei costumi e delle armi in uso nella pellicola. Le sezioni della nave di Artemisia, inoltre, sono montate di volta in volta su una struttura in grado di emulare il comportamento di un'imbarcazione in mare aperto, ricreando i beccheggi e i rollii tipici della navigazione: una tecnologia particolarmente efficace, esempio della preparazione e della professionalità degli studios bulgari. Guerra sull'acqua
Come già anticipato, Nunnari e Goldmann hanno commentato con toni entusiastici la loro esperienza europea, che sancisce un taglio netto con la precedente pellicola, girata invece in Canada. Ovviamente la scelta di Nu Boyana è stata dettata in primis da esigenze di tipo economico, ma non solo: "abbiamo provato diverse location", spiegano i produttori, "ma per quello che volevamo realizzare ci siamo resi conto che solo qui in Bulgaria c'era tutto quello che ci serviva. Siamo partiti dallo stesso piano di produzione usato per 300, ma qui il film è più grande, ci sono più personaggi, e soprattutto abbiamo l'acqua". Proprio sulla resa delle battaglie navali si è concentrato lo sforzo maggiore, anche in considerazione della difficoltà dell'impresa. "Non si può immaginare quanto eravamo spaventati dalla prospettiva di lavorare con l'acqua", continuano Nunnari e Goldmann. "Vuoi disperatamente fare questo film, perché hai una grande storia, una storia fantastica da raccontare, e vuoi farlo al meglio delle tue possibilità. E poi realizzi che sarà in larga parte sull'acqua. Nessuno, finora, ha fatto qualcosa di paragonabile a quello che abbiamo studiato noi: perché l'acqua crea un sacco di problemi, di cui il più grande è certamente saper rendere in maniera credibile il comportamento fisico degli oggetti. Come si muoveranno le barche? Ci saranno dei problemi di scala troppo difficili da risolvere?". Ma l'entusiasmo di tutto il team nel voler realizzare in maniera impeccabile questo secondo film ha reso ogni ostacolo affrontabile: "Volevamo fare vedere al pubblico di 300 quello che succede al resto della Grecia e alla Persia contemporaneamente alle imprese di Leonida, facendo una sorta di "zoom out" e giocando con i piani temporali, andando un pochino avanti, ma anche tornando indietro. Il più grande pregio di questo film è l'equilibrio, perché sa narrare una storia molto simile a quella del suo predecessore, ma da un differente punto di vista. Non si tratta di un tipico sequel, anzi è impressionante vedere quanto se ne discosta", assicurano i produttori. "Alcuni personaggi che avevamo conosciuto in 300 non ci sono, e c'è un perché; il cattivo non è soltanto quello che avevamo già visto: è una storia molto integrata con la precedente, e che insieme è in grado di essere a un altro livello. In questo senso, siamo convinti che scegliere Noam Murro per la regia sia stata la cosa migliore che potessimo fare: ha portato tantissime nuove idee e immagini alla storia, peraltro in brevissimo tempo. Del resto, la sua verve era già evidente in Smart People e nei tanti spot per la tv che ha girato nel corso della sua carriera". Eran 300...
Se sul primo film le aspettative si basavano solo sulla potenza visiva delle tavole di Miller e sulla portata epica della storia, 300: L'alba di un impero ha tutti gli occhi puntati addosso: deve essere impressionante quanto il suo predecessore, ma deve anche saper andare oltre quello che il pubblico ha già avuto. Nunnari e Goldmann non sembrano preoccupati per questo. "Non ci siamo sentiti legati dall'esperienza del primo film", assicurano. "Semplicemente, volevamo narrare una grande storia. Come era già stato per 300, comunque, abbiamo deciso di non affidarci a nomi troppo grossi. Anche lo stesso Sullivan Stapleton, che non sembrava affatto una scelta ovvia, considerati i suoi precedenti ruoli, si è trasformato nel perfetto politico e guerriero. Non potevamo pensare a nessun altro oltre a lui, e il fatto che si sia calato così bene nel ruolo ci dà ragione". E alla domanda su quale sia stato il segreto del successo del primo film, i due non hanno dubbi: "Quello di 300 era un target molto difficile. Ormai è diventato un brand, ma il suo scopo era quello di essere diverso dal classico film d'azione, principalmente rivoluzionando il concetto di combattimento al cinema. E' riuscito a discostarsi da quello che già c'era, ed è uscito nel momento giusto".
E' difficile prevedere se questo 300: Rise of an Empire riuscirà a bissare la popolarità del suo predecessore, ma una cosa è certa: tutti coloro che vi hanno preso parte non sembrano avere incertezze in proposito. Il verdetto, tra pochi giorni nelle sale cinematografiche.