Spesso, chi non conosce Stanley Kubrick o ha un'infarinatura superficiale della sua opera, lo definisce "freddo". C'è questa leggenda secondo cui Kubrick fosse un freddo dittatore sul set, che imponeva ad attori e troupe di ripetere le scene decine di volte fino allo sfinimento. Che ripetesse i ciak molte volte è vero, ma dalle pagine di libri come S is for Stanley di Emilio D'Alessandro, suo autista, tuttofare, amico e confidente per anni, emerge invece una figura completamente diversa.
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Immerso nel suo mondo, Kubrick era in realtà generoso e attento: amava moltissimo gli animali, così come i collaboratori più fidati e ovviamente le sue figlie. Non deve essere facile essere figli di qualcuno riconosciuto universalmente come un genio: Katharina, figlia di Christiane Kubrick, moglie di Stanley, ne è consapevole e a Cannes, alla 71esima edizione del Festival del Cinema, insieme allo zio Jan Harlan, produttore esecutivo di molti dei film del regista, tra cui Barry Lyndon e Shining, ha presentato la versione restaurata del suo film forse più celebrato, 2001: Odissea nello spazio, che compie quest'anno il suo primo mezzo secolo.
Di nuovo in sala il 4 e il 5 giugno, grazie al restauro curato da Christopher Nolan, il film è ancora oggi fonte di discussione, come ci ha detto Katharina sulla terrazza del Palais des Festivals: "Non credo sia una storia di fantascienza: parla della condizione umana e del nostro viaggio sulla Terra in quanto specie. Quanto dureremo è questione di dibattito: non ci stiamo prendendo cura della nostra casa. Credo che le persone, che siano religiose o no, agnostiche o no, abbiano una visione completamente diversa del film: la mia è cambiata molto nel corso del tempo. Più invecchio più reagisco in modo diverso da quando avevo 14 anni. Questo film ha mezzo secolo e le persone ne parlano ancora! Si interrogano ancora, discutono, ad alcuni non piace, altri credono sia il miglior film mai fatto. È ciò che dovrebbe essere una grande opera d'arte".
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Tra il diamante di Titanic e il Vaticano
Quando abbiamo chiesto ai due se, secondo loro, 50 anni dopo la prima uscita del film, siamo ancora come i primati davanti al monolite in cerca di un cambiamento, Harlan ci ha risposto senza esitazione: "Non è cambiato nulla: il film è ancora attuale perché oggi siamo ignoranti esattamente come 50 anni fa su cosa sia l'universo e sulla sua infinità. Il film è molto preciso: abbiamo un inizio e una fine quasi identici, il monolite è usato come una traccia, un po' come il diamante in Titanic, che fa da elemento traccia, senza il diamante non c'è sceneggiatura, e senza monolite in 2001 non c'è sceneggiatura. La traccia non è la parte importante, ma lo è come è usata: in 2001 è un inchino verso l'ignoto".
Sulla proiezione speciale organizzata in Vaticano per il Papa invece: "Il Vaticano ci ha invitato: sono rimasto molto colpito dalla loro generosità. Il cardinale che ha introdotto il film ne ha parlato come di un'opera fatta da un agnostico che ha centrato il bersaglio. L'ho trovato commovente: il film non ha niente a che fare con il cattolicesimo, ma molti sacerdoti hanno pensato che stimolasse in modo positivo il pensiero sull'ignoto. Uno di loro mi ha detto una cosa che non ho mai dimenticato: il Libro della Genesi è la più bella forma d'espressione per dire non ho idea di cosa sia l'esistenza! Ma ti permette di mettere per iscritto che cosa potrebbe essere: 3 mila anni fa era la creazione in 7 giorni".
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Continua ad amare ciò che fai
Durante il suo discorso di accettazione del D.W. Griffith Award nel 1998, Kubrick disse che, discutendo con Steven Spielberg su quale fosse la parte più difficile della lavorazione di un film, si trovò ad ammettere che è uscire dalla macchina il primo giorno di set. Un insegnamento che vale non solo per il cinema: quanto coraggio ci vuole a fare il primo passo? Per Katharina: "Ogni artista, ogni persona creativa, è piena di dubbi e domande, cerca sempre quella cosa di cui si è innamorato, che lo guida attraverso il doloroso processo creativo: che sia una sinfonia, un'opera teatrale, un libro, un film o un dipinto. Devi amare quella cosa tanto da vedere oltre: devi mettere in discussione il tuo giudizio e le tue decisioni. Un film, come un dipinto, comincia ad avere vita propria: mentre lo crei cambi il tuo modo di vederlo. Credo che la parte più difficile di ogni progetto creativo sia continuare ad amarlo".
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Chi ha paura di 2001: Odissea nello spazio?
Ancora oggi in molti guardano con diffidenza 2001: Odissea nello spazio, forse perché questo viaggio nel subconscio, alla ricerca del significato della vita, fa paura. Perché oggi siamo così spaventati dall'esplorare le cose in profondità? Secondo Katharina: "Credo che le persone abbiano paura di non capirlo: pensano di non essere abbastanza intelligenti se non lo comprendono. Oggi siamo abituati a essere molto veloci: le decisioni e le risposte vengono prese per te, il pubblico non è abituato a usare il proprio cervello, a lasciarsi trasportare da un film in modo da avere un'esperienza e farsi delle domande. Non ci chiediamo chi siamo in quel momento della nostra vita, se siamo religiosi, agnostici, scientifici... è per questo che, mezzo secolo dopo, le persone parlano ancora di questo film, lo amano, ne sono ispirate. Le opinioni sono ancora molto contrastanti e credo che sarà così per lungo tempo".
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