Recensione The new world - Il nuovo mondo (2005)

Se il personaggio di Malick, come il suo film, è circondato da mistero, ciò che è invece chiaro e manifesto all'occhio interessato è il potere evocativo del suo cinema.

Il mondo di Terrence Malick

E' apparentemente la volontà di raccontare la storia del primo incontro tra esploratori colonialisti inglesi ei nativi americani nel 1607 a riportare l'enigmatico quanto prezioso Terrence Malick dietro la macchina da presa a sette anni da La sottile linea rossa, per firmare un film da trenta milioni di dollari che ha in testa da venticinque anni, scevro da compromessi, dalla fotografia naturale e dalle ambientazioni mozzafiato. Malick filtra la storia ed il mito attraverso il suo sguardo ed il suo stile pregnante e riconoscibile, spinto dal desiderio di indagare lo spirito che anima gli esseri umani più che la moralità e l'esigenza delle loro azioni. Una curiosità così primaria e fondante nel suo cinema da portarlo anche ad eccedere nella "purezza metafisica" e a rischiare - nello specifico del suo nuovo film - un certo oscurantismo nei contenuti. Eppure, a dispetto dei soli quattro film girati in più di trent'anni, il regista de La rabbia giovane dimostra di credere nel cinema più della stragrande maggioranza dei registi contemporanei.

Tra il prometeismo del soldato John Smith (Colin Farrell), il mito della principessa india Pocahontas (la debuttante quindicenne Q'Orianka Kilcher) e l'umanitarismo dell'esploratore John Rolfe (Christian Bale), ovvero i tre personaggi principali del film, si dipana una storia che vale la pena ricordar nelle sue linee direttrici.
Nell'aprile del 1607, (trent'anni prima dello storico arrivo dei Pellegrini a Plymouth Rock che segna l'inizio ufficiale della colonizzazione) le navi della Virginia Company di Londra approdano sull'Atlantico alla ricerca di oro e sbarcano alla foce del fiume James in Virginia con 103 uomini a bordo. L'oro non si trova e la sopravvivenza si fa sempre più dura. Il capitano Newport (Christopher Plummer) decide di inviare il disertore ma valoroso John Smith a cercare cibo nell'entroterra. Qui il gruppo si scontra con la tribù dei Powhatan che fa prigioniero Smith e lo conduce al villaggio dove la figlia del capotribù, la giovane Pocahontas, riuscirà a salvargli la vita, finendo per innamorarsi di lui. Mesi dopo i Powhatan dichiarano guerra agli inglesi, e Pocahontas verrà cacciata dalla tribù per aver allertato i soldati nemici. Anni dopo, divenuta eroina involontaria della colonizzazione inglese ma vedova del suo amore, incontrerà John Rolfe, un altro esploratore che la sposerà portandola con sé in Inghilterra, dove però non potrà sottrarla alla sua morte prematura.

Se il personaggio di Malick, come il suo film, è circondato da mistero, ciò che è invece chiaro e manifesto all'occhio interessato è il potere evocativo del suo cinema, la grande intelligenza della sua sintesi semantica, il continuo ricorso alle suggestioni stranianti della natura per dare forza alla sua poetica. Non si tratta di stabilire la qualità delle riflessioni di Malick, quantomeno di essere d'accordo con lo strano mix filosofico di animismo e darwinismo che lo spinge in zone ingovernabili della speculazione storica, ma di comprendere che The New World è cinema puro, di quello che se ne vede sempre meno. Il suo è un film difficile, complesso, a volte involuto e generalmente imperfetto, ma di una densità non sottovalutabile assolutamente. Un melodramma sospeso e spiazzante dove le uniche sottolineature emotive passano per il commento sonoro e per la voce fuori campo. Ma è attraverso una scelta di sistematica e ragionata sconnessione narrativa che Malick decide di far sentire la sua impronta, ancora di più che attraverso gli elementi stilistici che lo contraddistinguono nel modo più inequivocabile. Ma non siamo dalle parti di una sconnessione furba e modaiola a fini intrattenitivi. Malick non "stupra" le unità di spazio e di luogo con quel senso del gratuito che tanto impera oggigiorno ma sottrae e taglia scientificamente con una forza ed un rigore intellettuale che non può non sorprendere. Spezza e disfa tutto il disfabile, destabilizza con movimenti di macchina brevi ed improvvisi e mina le sicurezze di una visione rassicurante attraverso un idea di montaggio notevolissima, tanto che sono addirittura quattro gli editor accreditati del film. Prendere o lasciare. Io personalmente me lo tengo stretto.