Oscar Race 2015: arriva il fenomeno Gone Girl

Il nuovo thriller di David Fincher conquista critica e pubblico negli USA e si prenota un posto in prima fila nella prossima corsa all'Oscar: il successo di Gone Girl ed altri aggiornamenti nel nuovo articolo della nostra rubrica dedicata alla "awards season" americana.

Torniamo a parlarvi della awards race americana con il secondo numero di questa nuova rubrica che, ogni due settimane, vi terrà informati sulle principali novità riguardanti festival e premi in tutto il mondo, nonché sull'andamento dei potenziali concorrenti per la prossima edizione degli Oscar. E ad attirare in massima parte l'attenzione mediatica, in questo inizio d'autunno, è stato senza dubbio L'amore bugiardo - Gone Girl, il thriller di David Fincher che ha esordito lo scorso week-end negli Stati Uniti, registrando un'ottima accoglienza da parte della critica e uno strepitoso responso al box-office.

Ma negli ultimi giorni l'interesse degli "addetti ai lavori" si è indirizzato anche sul New York Film Festival, da sempre un appuntamento da tenere d'occhio come trampolino di lancio per molti film con ambizioni da premio, mentre è appena scaduta la deadline per la presentazione degli aspiranti candidati all'Oscar per il miglior film straniero: e, fra gli ultimi paesi a scendere in campo nell'agone dell'Academy, ci sono pure i tre "pesi massimi" di questa categoria, ovvero l'Italia, la Francia e la Spagna...

David Fincher colpisce ancora

L'amore bugiardo - Gone Girl: Ben Affleck con Rosamund Pike in una scena del film
L'amore bugiardo - Gone Girl: Ben Affleck con Rosamund Pike in una scena del film

La critica si è innamorata di lui fin dal lontano 1995, quando il suo secondo lungometraggio, l'epocale thriller Seven, si impose da subito come una pietra miliare del genere. Da allora, David Fincher si è affermato come uno dei nomi più importanti e stimati del cinema americano contemporaneo, ma l'Academy si è accorta di lui soltanto nel 2008, quando il kolossal romantico a tinte fantastiche Il curioso caso di Benjamin Button si aggiudicò ben tredici nomination e tre statuette. In seguito, nel 2010 il capolavoro The Social Network ha ottenuto tre premi Oscar su otto nomination (facendosi sfilare i premi principali dal sopravvalutato Il discorso del re), mentre nel 2011 il tenebroso thriller Millennium - Uomini che odiano le donne ha vinto l'Oscar per il montaggio su cinque nomination. Ora, dopo la fortunata parentesi televisiva relativa all'apprezzata serie House of Cards, Fincher è tornato sulla scena con il genere a lui più congeniale, il thriller per l'appunto, firmando la trasposizione dell'omonimo best-seller di Gillian Flynn (autrice della sceneggiatura), uscito venerdì 3 ottobre negli Stati Uniti (in Italia, invece, lo vedremo in anteprima al Festival di Roma, mentre la distribuzione nelle sale è prevista addirittura per il 18 dicembre).

Leggi anche: Recensione di L'amore bugiardo - Gone Girl

Rosamund Pike in una scena de L'amore bugiardo - Gone Girl
Rosamund Pike in una scena de L'amore bugiardo - Gone Girl

L'attesa per Gone Girl era altissima, e a quanto pare l'esito sembra aver ripagato appieno le aspettative: la torbida vicenda di Nick Dunne (Ben Affleck), la cui esistenza viene sconvolta dall'improvvisa sparizione di sua moglie Amy (Rosamund Pike), ha incantato la critica, che ha accolto il film con lodi quasi unanimi, ma anche il pubblico, con un incasso di 37 milioni di dollari nel week-end d'apertura. Ovviamente, sarebbe eccessivo aspettarsi una pioggia di statuette per un murder mystery, un filone molto distante dai gusti dell'Academy (benché molti abbiano rilevato come Gone Girl contenga pure diversi elementi di ironia e di analisi psicologica); tuttavia, il consenso per l'opera di Fincher è talmente elevato che Gone Girl sembra già aver ipotecato la nomination all'Oscar per il miglior film (categoria in cui si possono avere fino a un massimo di dieci candidati). Il thriller di Fincher ha buone chance di figurare anche in altre categorie di peso, come miglior regia e miglior sceneggiatura, ma a prenotarsi un posto in pole-position nella corsa all'Oscar è stata soprattutto Rosamund Pike, applauditissima per la sua magnetica performance di "Amazing Amy" e pronta a sfidare le due favorite per il premio alla miglior attrice: la Julianne Moore di Still Alice e la Reese Witherspoon di Wild (curiosamente, proprio la Witherspoon è co-produttrice di Gone Girl).

Il New York Film Festival: Inherent Vice e Whiplash

Vizio di forma: Joaquin Phoenix e Reese Witherspoon discutono seduti su una panchina
Vizio di forma: Joaquin Phoenix e Reese Witherspoon discutono seduti su una panchina

Gone Girl è stato il titolo d'apertura del New York Film Festival, una tappa molto significativa della stagione autunnale, dal momento che costituisce un'eccellente vetrina per le pellicole intenzionate a farsi strada nella awards race. Accanto ad alcune opere già presentate (e spesso premiate) in altri Festival prestigiosi, fra cui Birdman (o Le imprevedibili virtù dell'ignoranza) di Alejandro González Iñárritu, Foxcatcher di Bennett Miller (premio per la regia a Cannes), Maps to the Stars di David Cronenberg (miglior attrice a Cannes per Julianne Moore) e Mr. Turner di Mike Leigh (miglior attore a Cannes per Timothy Spall), a New York è stato proiettato in anteprima un altro dei film di punta di fine anno: Vizio di forma - Inherent Vice, nuova collaborazione fra l'acclamato regista Paul Thomas Anderson e l'attore Joaquin Phoenix, investigatore privato in un irridente noir basato sul romanzo Vizio di forma, firmato da uno dei maestri della letteratura postmoderna, Thomas Pynchon.

Leggi anche: Recensione di Vizio di forma - Inherent Vice

Whiplash: Miles Teller insieme a J.K. Simmons in una scena del film
Whiplash: Miles Teller insieme a J.K. Simmons in una scena del film

Le prime recensioni per Inherent Vice da New York sono quasi tutte favorevoli (perfino con punte di vero entusiasmo), ma hanno anche confermato i presentimenti della vigilia: e cioè che quella di Anderson è una pellicola troppo bizzarra e sopra le righe, in sostanza troppo "incatalogabile" (e assai vicina al concetto di divertissement), per sperare di essere presa in considerazione dall'Academy, con la sola eccezione (forse) del detective Josh Brolin fra gli attori supporter (mentre non è da escludere qualche nomination ai Golden Globe nelle categorie dedicate alle commedie). Sempre fra i possibili candidati all'Oscar per il miglior attore non protagonista si può includere J.K. Simmons, veterano della serie Law & Order - I due volti della giustizia, molto elogiato per la sua interpretazione di un severo e rigoroso direttore d'orchestra in Whiplash. Il film, diretto da Damien Chazelle e ambientato all'interno di una scuola di musica di New York, segue gli sforzi di un giovane batterista che sogna di diventare un grande musicista jazz; vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, Whiplash potrebbe rivelarsi la piccola produzione indipendente in grado di sfidare i grandi studios fino a ritrovarsi in competizione ai prossimi Academy Award.

Leggi anche: Recensione di Whiplash

I film stranieri: fra Leviathan e Saint Laurent spunta Virzì

Il capitale umano: Fabrizio Bentivoglio in una scena del film con Valeria Golino
Il capitale umano: Fabrizio Bentivoglio in una scena del film con Valeria Golino

E infine, torniamo a parlarvi di una delle categorie più affascinanti ma anche più imprevedibili degli Oscar, ovvero quella per il miglior film straniero! Nel precedente articolo vi avevamo già elencato i principali titoli già selezionati dalle rispettive nazioni per essere sottoposti al giudizio dell'Academy; nel frattempo, tuttavia, altre pellicole si sono aggiunte al novero degli sfidanti per l'Oscar riservato ai film in lingua non inglese. Per tentare di contrastare i tre potenziali frontrunner francofoni, ovvero Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne (Belgio), il biopic Saint Laurent di Bertrand Bonello (Francia) e Mommy di Xavier Dolan (Canada), l'Italia ha schierato, come vi avevamo pronosticato, Il capitale umano, dramma dai toni grotteschi che dipinge l'ordinaria infelicità e la deriva morale della borghesia industriale della Brianza di oggi, mediante un intreccio dai contorni quasi noir e una pluralità di punti di vista. Il film di Paolo Virzì ha goduto di un ampio successo nel nostro paese, ma il suo appeal nei confronti di un pubblico straniero potrebbe dimostrarsi di gran lunga minore rispetto a quello del precedente vincitore, La grande bellezza.

Leggi anche: recensione de Il capitale umano

Leviathan: Elena Lyadova in una scena del film nei panni di Lylia
Leviathan: Elena Lyadova in una scena del film nei panni di Lylia

Se, come avevamo già avuto modo di notare, i "pezzi forti" di quest'anno provengono quasi tutti dal Festival di Cannes, le new-entry della categoria hanno confermato appieno il suddetto trend, in particolare con due titoli apprezzatissimi e con ottime chance di una candidatura: Leviathan di Andrei Zvyagintsev (premiato per la miglior sceneggiatura), un impietoso ritratto delle storture e della corruzione nella Russia contemporanea; e Storie pazzesche di Damián Szifron, black comedy a episodi composta da sei vicende di vendetta, in corsa per l'Argentina. La Spagna ha schierato invece, come previsto, La vita è facile ad occhi chiusi di David Trueba, malinconica commedia on the road sotto il segno dei Beatles, mentre la Germania ha proposto il melodramma erotico Beloved Sisters di Dominik Graf. E oltre allo stilista Yves Saint Laurent impersonato da Gaspard Ulliel, i giurati dell'Academy dovranno valutare altri film biografici: dal Messico Cantinflas di Sebastián del Amo, sul popolarissimo attore messicano (star del kolossal Il giro del mondo in 80 giorni), e da Hong Kong The Golden Era di Ann Hui, film di chiusura del Festival di Venezia, dedicato alla vita travagliata e agli amori della scrittrice cinese Xiao Hong.