Winona Ryder e il consiglio che Martin Scorsese le ha dato sul set: "Ho ancora tutti i suoi bigliettini"

Winona Ryder ricorda l' "appunto perfetto" ricevuto da Martin Scorsese direttamente sul set di L'età dell'innocenza: un breve messaggio che ha ribaltato il senso di una scena con Daniel Day-Lewis.

Una scena con Winona Ryder

In una sua recente intervista, Winona Ryder ha riaperto il baule della memoria, riportando alla luce un momento intimo e quasi rituale vissuto con Martin Scorsese sul set di L'età dell'innocenza. Una minuscola annotazione scritta a mano capace di spostare l'equilibrio emotivo dell'intera sequenza.

La nota di Scorsese: un dettaglio che ridisegna un personaggio

A più di trent'anni dall'uscita di L'età dell'innocenza, Winona Ryder conserva ancora tutti i biglietti che Martin Scorsese le passava silenziosamente tra una ripresa e l'altra. Su Hot Ones, l'attrice ha raccontato di considerare quelle note "il più grande regalo del mondo". Tra questi, uno in particolare le è rimasto inciso nella memoria: "Bacialo due volte."

Daniel Day Lewis e Winona Ryder in una scena de L'età  dell'innocenza
Daniel Day Lewis e Winona Ryder in una scena

Una frase semplice, appuntata di fretta, che avrebbe però cambiato completamente il tono di una delle scene più delicate del film. Nel passaggio ambientato a Parigi - quello in cui il personaggio di May Welland manda in frantumi i piani segreti di Newland Archer - Ryder spiega che inizialmente il gesto del bacio avrebbe dovuto "mettere un punto alla questione". Ma Scorsese, con quel rapido "bacialo due volte", suggeriva un ribaltamento sottile: una May più consapevole, più incisiva, quasi implacabile nel suo modo gentile ma deciso di governare la situazione.

Ryder lo descrive così: "Era la nota perfetta. Cambiava davvero la dinamica. 'Bacialo due volte', come a dire: 'Ti avevo dato una via d'uscita. Non l'hai presa. D'ora in poi chiudi quella ca..o di bocca.' Hai capito cosa intendo?" Una rilettura fulminea che illumina May non solo come giovane erede impeccabile della buona società, ma come figura capace di strategia e intuizione.

Per Ryder, quel ruolo è stato "il ruolo di una vita": un personaggio dalle sfumature sottili, delicato e letale allo stesso tempo, inserito in un adattamento che definisce ancora oggi "un film bellissimo", tratto dal romanzo del 1920 di Edith Wharton. La storia - l'avvocato Newland Archer combattuto tra il dovere verso May e l'amore per Ellen, interpretata da Michelle Pfeiffer - è uno dei più raffinati esercizi di tensione emotiva mai firmati da Scorsese. E quella piccola nota, spiega l'attrice, catturava esattamente ciò che il regista voleva raccontare senza bisogno di alzare la voce.

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Ryder, però, non si è limitata a evocare Scorsese. Durante l'intervista ha ricordato anche il set del primo Beetlejuice di Tim Burton, raccontando quanto fosse diversa, allora, l'esperienza di girare un film. Non esistevano monitor, non c'erano video village stipati di tecnici e schermi. Burton - spiega - era sempre accanto alla macchina da presa, così vicino da diventare un'ombra affettuosa, talvolta contorcendosi o facendo smorfie involontarie mentre osservava gli attori.

Winona Ryder in una scena del film Tutti i numeri del sesso
Winona Ryder sul set

"Tim è sempre vicino alla camera," racconta Ryder, "e spesso si contorceva o faceva delle facce... La sua presenza la senti. Ed è un dono enorme per un attore." Un dono che l'attrice dice di rimpiangere profondamente, in un'epoca in cui molti registi controllano le interpretazioni da lontano, attraverso schermi e auricolari.

Secondo lei, oggi si è persa una certa intimità sul set: "Ogni regista dovrebbe lavorare almeno un po' vicino alla camera, guardando davvero l'attore. Ha un peso enorme. Mi manca quell'intimità." È un pensiero che arriva come una piccola dichiarazione d'amore verso un modo più artigianale, più umano di fare cinema.

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Ryder chiude l'intervista ricordando altri titoli chiave della sua carriera - da Heathers a Dracula - ma la sua voce torna costantemente lì: sul valore del gesto minimo. Una nota scritta a mano. Un regista che si mette fisicamente accanto alla macchina da presa. Dettagli che, a distanza di decenni, continuano a modellare il cinema nella memoria di chi l'ha vissuto dall'interno.