Ci sono voluti nove anni per infrangere lo spesso 'muro di gomma' intorno alla vicenda di Stefano Cucchi recentemente interpretato da Alessandro Borghi in un film che ha fatto discutere, Sulla mia pelle. Uno dei carabinieri imputati per la sua morte ha, infatti, ammesso per la prima volta in un verbale che il pestaggio c'è stato e ha accusato due suoi colleghi, finiti alla sbarra insieme a lui. Le dichiarazioni sono state rilasciate, a sorpresa, stamattina durante il processo che vede coinvolte ben cinque persone appartenenti alle forze dell'ordine per una serie di reati che vanno dall'omicidio preterintenzionale, al falso, alla calunnia.
Molte le reazioni arrivate in mattinata, dalla sorella Ilaria che parla di "muro abbattuto" allo stesso Borghi, protagonista del film Netflix, presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti - qui potete leggere la nostra recensione di Sulla mia pelle. Su Twitter l'attore romano condivide la notizia dal sito del Corriere della sera e commenta in dialetto romano: "La giustizia è lenta ma ariva pe tutti".
Diretto da Alessio Cremonini, Sulla mia pelle ricostruisce le ultime ore di vita del geometra romano, dal suo fermo per spaccio al suo decesso, avvenuto una settimana dopo all'ospedale Pertini per le conseguenze di un pestaggio che, sulla base delle carte presentate dal pubblico ministero, sarebbe avvenuto in caserma ad opera dei carabinieri che lo avevano preso in custodia. Nel verbale, letto nell'udienza dal pm Giovanni Musarò, il carabiniere Francesco Todisco, non solo avvalla questa ricostruzione, ma pone il dito contro altri due carabinieri, Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, ritenendoli direttamente responsabili. "Fu un'azione combinata - così si legge nelle carte - 'Basta, che c... fate, non vi permettete', dissi a Di Bernardo e D'Alessandro mentre uno colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto e l'altro gli dava un forte calcio con la punta del piede". Poi precisa che "Cucchi prima iniziò a perdere l'equilibrio per il calcio di D'Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l'equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino". Anche il successivo colpo alla testa fu molto violento: "Spinsi via Di Bernardo - aggiunge Tedesco - ma D'Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra". Insieme a loro tre sono finiti sotto processo anche altri due carabinieri: Roberto Mandolini, con l'accusa di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi solo per calunnia.
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Per anni la storia fu coperta da un silenzio definito "omertoso", i riscontri della procura hanno verificato, infatti che quella notte del 15 ottobre 2009 venne redatta una notazione di servizio poi scomparsa. E lo stesso avvocato di Tedesco, Eugenio Pini, disegna uno scenario simile evidenziando come il suo assistito "venne costretto al silenzio contro la sua volontà". Ma è grazie alle testimonianze di un altro carabiniere, l'appuntato Riccardo Casamassima, che si è potuto riaprire il dibattimento. "Oggi mi sono emozionato nell'apprendere questa notizia - scrive su Facebook - Io e la mia famiglia da oggi abbiamo centinaia di italiani con noi. Massima vicinanza al carabiniere Francesco Tedesco, ti sei ripreso la tua dignità".