SanPa, il figlio di Paolo Villaggio: "Vincenzo Muccioli? La verità sta nel mezzo"

Il figlio di Paolo Villaggio ha trascorso tre anni nella comunità di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli e raccontata in SanPa, il nuovo documentario Netflix.

Piero Villaggio, il figlio di Paolo Villaggio, ha parlato di SanPa, il nuovo documentario di Netflix, ricordando la sua esperienza in prima persona nella comunità di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978.

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Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano - una scena del documentario

La sua uscita su Netflix è avvenuta soltanto il 30 dicembre ma sono bastati pochi giorni per rendere Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano uno dei titoli più visti e discussi della piattaforma streaming. La docuserie diretta da Cosima Spender, come prevedibile, ha scatenato pareri contrastanti, tornando a dividere la gente proprio come accadeva quarant'anni fa, quando Vincenzo Muccioli creò da zero il centro di recupero di San Patrignano, dove centinaia di tossicodipendenti trovarono rifugio e, nella maggior parte dei casi, il ritorno alla vita. Lo sa bene Piero Villaggio, figlio dell'indimenticabile Paolo Villaggio, che ha ricordato proprio i suoi anni all'interno della comunità terapeutica.

Intervenuto su Mowmag, Piero Villaggio ha spiegato come difficilmente una persona estranea a San Patrignano sarebbe in grado di capire fino in fondo cosa rappresentasse quel luogo in quegli anni, profondamente segnati dalla piaga della droga e dell'eroina, prima ancora dell'avvento dell'AIDS. "Sono entrato lì nel 1984 ed era molto diverso rispetto a come è ora", ha dichiarato Villaggio, che è rimasto all'interno della comunità per tre anni. "Successivamente sono tornato diverse volte per salutare Vincenzo Muccioli ma ora è tutto cambiato, innanzitutto dal punto di vista logistico. Quando c'ero io, lì dove adesso ci sono strade, d'estate era pieno di polvere, mentre d'inverno c'era fango ovunque". Per quanto riguarda la sua esperienza in prima persona, Piero Villaggio ha spiegato come non ci fossero vie di mezzo o forme di dialogo: "Se ti stava bene era così, altrimenti nulla. Io non avevo scelta e quindi ho accettato. Se non lo avessi fatto, probabilmente sarei morto".

Dal documentario Netflix emergono sia le luci che le ombre della figura di Vincenzo Muccioli che però, soprattutto durante il primo processo che lo vide coinvolto, poté contare sul supporto di Paolo Villaggio, il quale testimoniò a suo favore. "Sono il primo ad ammettere che il comportamento di Vincenzo, molto spesso, fosse discutibile. Io però posso soltanto dire che sono entrato lì e sono stato seguito senza pagare nulla, neanche le spese mediche. Le altre cliniche in cui ero stato in precedenza, invece, non avevano risolto nulla", ha ricordato Piero Villaggio, aggiungendo: "Non si può riassumere in poche parole la figura di Muccioli che comunque a volte aveva delle lacune, come probabilmente la troppa violenza in alcuni momenti. Perché ok dare uno schiaffone a qualcuno, ma massacrarlo di botte non va bene. Si tratta però di contesti particolari e lui stesso ammetteva che non andava bene la violenza ma anche che con 'noi tossici', soprattutto se in crisi di astinenza, non si poteva agire diversamente".

Infine, Villaggio ha ricordato come nel corso degli anni Vincenzo Muccioli venne rivalutato in continuazione, sia in positivo che in negativo, e non mancarono figure di spicco pronte a schierarsi a suo favore soltanto per i propri interessi. "Molti politici salirono in fretta sul carro del vincitore. Si passò in tempi brevi dal condannare Muccioli, per essere un uomo che picchiava e incatenava la gente, al considerarlo come un santo. Io, dal canto mio, credo che la verità stia sempre nel mezzo".