Paolo Borsellino - I 57 giorni è il film, in onda stasera su Rai1 alle 21:25, scelto dalla RAI per commemorare il trentesimo anniversario della strage di via D'Amelio, in cui perse la vita il giudice palermitano con i cinque uomini di scorta (Emanuela Loi, Walter Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli).
Diretto da Alberto Negrin nel 2012, il film per la TV vede Luca Zingaretti vestire i panni del protagonista.
La trama
23 maggio 1992: dopo la morte del suo amico e collega Giovanni Falcone, ucciso a Capaci con sua moglie e i tre agenti della scorta, Paolo Borsellino è rimasto solo. Si muove freneticamente per arrivare alla verità, prima che il destino che ha travolto Giovanni afferri anche lui. Dopo gli ergastoli confermati dalla Cassazione alla fine del maxi-processo per la Cupola mafiosa, Cosa Nostra è come un animale ferito che è alla ricerca rabbiosa di nuove strategie. Cinquantasette giorni separano la morte di Falcone da quella di Borsellino. Giorni in cui il giudice intuisce il suo destino e fa i conti con la propria esistenza, il suo lavoro di magistrato e gli affetti. Sono giorni di tenerezza, con la famiglia e i colleghi e amici, ma anche giorni di lotta, oltre che giorni di speranza.
Nella stessa serata, a cura di Rai Cultura, su Rai Storia alle 21:20 andrà in onda Paolo Borsellino, parole e silenzi di Alessandro Chiappetta con la regia di Valentina Grassi, un racconto attraverso le parole del magistrato, nelle sue interviste rilasciate alla RAI. Un percorso di vita che è anche una riflessione sulla giustizia, sulla legalità, sulla lotta alla criminalità, che attraversa la stagione del pool antimafia di Palermo, gli anni in cui ha prestato servizio a Marsala, fino ai giorni drammatici successivi alla morte dell'amico Giovanni Falcone, a Capaci. La voce di Borsellino cambia nel tempo, prima racconta con giovanile entusiasmo i suoi successi professionali, poi diventa via via più polemica, quando denuncia mancanze e veleni all'interno delle procure, fino a farsi rotta di commozione e rassegnazione nei giorni prima della morte, quando il magistrato alterna le parole a lunghi silenzi. Paolo Borsellino aveva coscienza di essere nel mirino e non ha fatto nulla per nasconderlo, nelle ultime interviste, riuscendo però a tutelare le indagini su cui stava lavorando e a proteggere i suoi cari da un destino segnato.