Bambina prodigio, super eroina Marvel, attrice da Oscar. Scarlett Johansson ha convinto anche i critici più riottosi conquistando finalmente non una, ma ben due nomination agli Oscar 2020. Una come attrice protagonista per Storia di un matrimonio, l'altra come non protagonista per Jojo Rabbit. Una doppietta che, in più di novant'anni di storia del premio, era successa solo ad altre otto donne e ad appena tre uomini: la prima era stata Fay Bainter nel 1983, l'ultima Cate Blanchett nel 2007.
Due parti molto diverse quelle interpretate da Scarlett Johansson che ha potuto dimostrare così la propria versatilità. In Jojo Rabbit di Taika Waititi è la madre di Jojo, un bambino che ha come amico immaginario nientemeno che Adolf Hitler. Sullo schermo Scarlett è una donna coraggiosa che, dopo aver perso il marito, alleva un figlio da sola e rischia il tutto per tutto quando decide di nascondere una ragazza ebrea in casa, mandano in frantumi tutte le convinzioni del figlio. A metà strada tra dramma e commedia, il film segue la strada tracciata da opere come La vita e bella o Train de vie, mantenendo però in equilibrio l'irriverenza tipica del regista con i risvolti più drammatici della storia, nella quale la Johansson si cala con una dedizione assoluta.
Un atteggiamento che ritroviamo anche quando impersona Nicole in Storia di un matrimonio. Qui è una donna che vive le difficoltà di una separazione dal marito e le incognite di dover essere madre di un bimbo piccolo che vive, suo malgrado, la divisione dei suoi genitori. Insieme ad Adam Driver costruiscono una coppia che vive una situazione non facile che deve molto del suo realismo sia dal fatto che il regista, Noah Baumbach, abbia attinto dalla propria esperienza personale, sia dal fatto che la Johansson stessa era reduce dal divorzio dal giornalista francese Romain Duriac, a cui era poi seguita la richiesta di poter avere la custodia primaria della figlia nata dalla loro unione.
Per Scarlett Johansson girare Storia di un matrimonio ha quindi implicato dover rimettere in scena situazioni se non proprio uguali al proprio vissuto, sicuramente capaci di evocarlo. Tra le due performance candidate agli Oscar; questa è quella che, dopo Lost in Translation - L'amore tradotto di Sofia Coppola, è stata sicuramente la più ardua da affrontare in una carriera cominciata quando ancora era una bambina. Inizia nel 1994 con Genitori cercasi, ottenendo poi i primi riconoscimenti con L'uomo che sussurrava ai cavalli di e con Robert Redford, il cult Ghost World tratto dal fumetto di Daniel Clowes e L'uomo che non c'era dei fratelli Coen.
Queste opere le hanno aperto la strada a parti più adulte da La ragazza con l'orecchino di perla, al già citato Lost in Translation - L'amore tradotto, da Una canzone per Bobby Long, a Match Point di Woody Allen con cui inizia un sodalizio continuato con Scoop e Vicky Cristina Barcelona; poi arrivano Black Dahlia di Brian De Palma, The Prestige di Christopher Nolan e Lei di Spike Jonzie in cui presta la voce a Samantha, il dispositivo elettronico di cui si innamora Joaquin Phoenix. Dal 2010, a partire da Iron Man 2, ricopre il ruolo di Natasha Romanoff / Vedova Nera nei film del Marvel Cinematic Universe compresa tutta la serie sugli Avengers. Per maggio è attesissimo il suo ritorno con Black Widow che racconterà le origini dell'eroina negli anni che precedono il suo incontro con i Vendicatori allo S.H.I.E.L.D.
Negli anni ha ricevuto ben cinque candidature ai Golden Globe, quattro ai Bafta, di cui uno vinto per Lost in Translation e ben sei ai Critics' Choice. Ha ricevuto anche una nomination al Tony Award. Per Storia di un matrimonio ha avuto riconoscimenti come miglior attrice ai Golden Globe, Screen Actors Guild, Critic's Choice, Bafta e dai circoli di Chicago e San Diego.