Per il film Mortal, che ha segnato il suo ritorno in patria, il regista André Øvredal si è rifatto ai miti norreni, e a Thor in particolare. Nel corso del lungometraggio, infatti, scopriamo che il protagonista Eric, americano di origine norvegese, altri non sarebbe se non il dio del tuono, reincarnato e privo di ricordi dopo il Ragnarök, e la fattoria da cui proviene la sua famiglia sarebbe stata costruita dai figli di Thor dopo l'evento apocalittico che nella mitologia scandinava segna la distruzione e successiva rinascita del pantheon.
Ironia della sorte, il film è uscito nello stesso anno di Ragnarok, serie originale di Netflix girata in Norvegia e con una premessa simile: il giovane protagonista è, a sua insaputa, Thor reincarnato, e deve affrontare degli avversari ultraterreni che aspettano il ritorno delle divinità da eoni. Diversa solo l'impostazione a livello di atmosfere e toni: la serie è sostanzialmente un teen drama, con echi di Smallville, mentre Mortal, dal target più adulto, è un action fantasy che a tratti sfocia nell'horror.
Ragnarok, la recensione: il teen drama norvegese in salsa mitologica su Netflix
Si tratta del primo lungometraggio che il regista André Øvredal ha girato nella natia Norvegia dai tempi di Trollhunter, il film che lo ha consacrato come firma nordica di genere nel 2010. Successivamente c'è stata la prevedibile trasferta americana, nel corso della quale ha girato l'horror "cadaverico" Autopsy e poi Scary Stories to Tell in the Dark, adatto a un pubblico più giovane e prodotto da Guillermo del Toro (il regista ha accompagnato il film all'anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma nel 2019).
Attualmente Øvredal sta lavorando a un adattamento de La lunga marcia, celebre romanzo di Stephen King in cui ogni anno cento giovani devono partecipare a una marcia ininterrotta durante la quale è obbligatorio mantenere un ritmo di circa sei chilometri all'ora, pena l'ammonizione e poi la morte.