La voce di Morgan Freeman è un patrimonio culturale, un timbro immediatamente riconoscibile che ha segnato decenni di cinema. Ed è proprio per questo che l'attore non intende accettare che venga duplicata da software senza permesso. Le sue parole, durissime, riaccendono il dibattito sul rapporto fra Hollywood e l'intelligenza artificiale.
La voce più iconica di Hollywood contro le imitazioni AI
La rabbia di Morgan Freeman è cristallina. Intervistato da The Guardian, l'attore ha dichiarato senza mezzi termini: "Sono un po' incazzato, sai. Come qualunque altro attore: non voglio essere imitato in modo così falso. Non lo apprezzo, e vengo pagato per fare queste cose, quindi se fai qualcosa senza il mio consenso, mi stai derubando." Una presa di posizione netta, che rispecchia il clima di allarme diffuso fra i professionisti dello spettacolo, sempre più spesso alle prese con strumenti che replicano volti e voci senza autorizzazione.
Morgan Freeman, volto e voce di film come Le ali della libertà e Seven, ha aggiunto che il suo team legale è già all'opera: "Ti dico solo che i miei avvocati sono stati molto, molto impegnati." Non è un semplice sfogo, ma una dichiarazione di guerra a un fenomeno ormai dilagante: doppiaggi falsi, messaggi vocali sintetici, interviste fantasma.
L'attore ha ricordato anche il lungo lavoro necessario per perfezionare la sua dizione, citando gli insegnamenti ricevuti dal docente Robert Whitman: "Se devi parlare, parla in modo distinto, colpisci le consonanti finali e fai esercizi per abbassare la voce." Una disciplina che, a suo dire, l'IA non può imitare davvero: non solo perché replica senza vivere, ma perché cancella una storia personale fatta di studio e trasformazione.
Il caso Tilly Norwood e la posizione dei sindacati
La sua frustrazione non riguarda solo l'imitazione della voce. Freeman ha infatti puntato il dito contro Tilly Norwood, la controversa "attrice" generata artificialmente che alcune agenzie avrebbero preso in considerazione per un contratto. Il giudizio dell'attore è affilato: "Non la sopporta nessuno perché non è reale eppure prende il posto di persone vere. Non funzionerà molto bene né al cinema né in televisione."
Parole che rispecchiano la posizione altrettanto dura di SAG-AFTRA, il sindacato degli attori, che ha pubblicato una nota ufficiale per chiarire la propria contrarietà ai performer digitali: "'Tilly Norwood' non è un'attrice, è un personaggio generato da un programma allenato sul lavoro di innumerevoli interpreti professionisti - senza permesso né compenso."
L'organizzazione ha insistito sul fatto che tali figure non possano offrire emozione autentica, né attirare davvero il pubblico: "Non ha esperienze di vita, non ha emotività, e da ciò che abbiamo visto gli spettatori non sono interessati a contenuti scollegati dall'esperienza umana."
Freeman, forte di una carriera che ha fatto della voce una firma d'autore, sembra così diventare uno dei simboli della resistenza di Hollywood contro la spettacolarizzazione sintetica. Una battaglia che non riguarda solo il prestigio, ma il futuro del lavoro creativo: fra imitazioni AI sempre più convincenti e performer digitali pronti a sostituire la presenza umana, la discussione è solo all'inizio.