In occasione del convegno nazionale 'Non solo donne' che si terrà oggi a Roma presso la Sala Mercede della Camera dei Deputati verrà proietto il documentario sociale Il Rimorso. L'opera, realizzata dal regista Lorenzo Muscoso, narra la violenza sulla donna attraverso una forma in cui essa non viene esplicitata ma percepita dal tormento di un uomo. La stessa opera ha ottenuto il premio comunicazione 2011 al festival di S.G.La Punta ed è stata anche proiettata in vari eventi pubblici e utilizzata da associazioni sociali come mezzo di sensibilizzazione contro la violenza. Numerosi gli ospiti del cinema e tv che saranno alla proiezione e al convegno, tra questi: Marco Werba (musicista e compositore dei film di Dario Argento), Andrea Galatà, Antonella Salvucci, Gaetano Russo, Katarijna Bojic, Giorgia Ferrero, Marco Luca Cattaneo, Roberto Carruba, Serena Grandi, Paolo Calissano, Saverio Deodato.
L'evento vuole dare spazio a chi non ha mai avuto la possibilità di esprimersi. Dare una voce emotiva al dolore del parente o della vittima stessa di un atto criminale violento. Una qualsiasi situazione ha sempre più di un punto di vista. Una qualsiasi situazione può essere valutata attraverso molteplici risvolti. A seguito di un crimine violento di solito si cerca il colpevole. Di solito ci si concentra sul bisogno di fare giustizia del torto. Per crimine violenti si intendono atti omicidiari, abusi sessuali, atti di pedofilia. Più il crimine è efferato, più è importante fare giustizia. In questa ricerca spasmodica del reo si perde però l'umanità di un sistema che sembra disinteressarsi di chi ha subito il torto. Tutto ciò che non risolve il caso è sullo sfondo, trascurabile. Il punto centrale è assicurare il reo alla giustizia. In tal senso la voce della vittima o del parente o dell'amico diventa solo un elemento di ricostruzione di una dinamica che ha come vertice l'assassino, l'abusatore, il colpevole. Il resto non serve. Una volta arrivati ad un processo viene richiesto ai parenti e amici ed alle vittime di ripetere quello che è successo, pubblicamente. Riaprire le ferite con l'unico scopo di essere parte di un impianto accusatorio più o meno coerente. Non c'è spazio per la soggettività, per il dolore personale, per la cura della ferita. È un sistema meccanico che si auto genera ed esclude l'individualità del profondo disagio. Non vengono previste strutture adatte per accogliere chi ha subito il torto, non è previsto un percorso di cura ed accettazione del lutto. Ognuno per se utile solo ad un fine giustizialista.