Il favoloso mondo di Amélie, film di Jean-Pierre Jeunet, ha incantato il pubblico di tutto il mondo al suo arrivo nelle sale nel 2001. Non a caso quello in cui la protagonista, interpretata da Audrey Tautou, vive è un universo intimo e incantevole, costellato di piccoli piaceri ricorrenti e di piccole storie personali letti attraverso l'estrema sensibilità di Amélie Poulain. Ma è, appunto, un mondo "favoloso" e in quanto tale poco aderente al reale (che fa irruzione nella sua vita con le sembianze di un amore e di Nino Quincampoix). In effetti nel corso degli anni Il favoloso mondo di Amelie è stato spesso citato anche in pubblicazioni scientifiche come esempio perfetto di un disturbo della personalità, di cui naturalmente la protagonista soffre.
Che disturbo ha Amelie?
Amélie Poulain è un chiaro esempio di disturbo evitante di personalità, caratterizzato da fobia sociale e sentimeti di inadeguatezza e inferiorità verso gli altri. Le persone affette da questo disturbo sono assai sensibili alle critiche e ai rifiuti e tendono a evitare contatti troppo intimi per paura di essere ridicolizzate o di suscitare antipatia. A differenza di quanto accade con altri disturbi della personalità, un soggetto evitante tenderà sempre a desiderare fortemente le interazioni sociali, pur non sentendosi all'altezza. Di conseguenza le eviterà.
Se pensiamo ad Amélie non possiamo fare a meno di notare come, dietro alla sua facciata sociale (con le colleghe della tavola calda, i vicini di casa...), si nasconda in realtà una grande solitudine. Una distanza che lei cerca di colmare compiendo azioni generose ed eclatanti (almeno nella sua immaginazione) verso gli altri: fa innamorare la collega ipocondriaca e un cliente traumatizzato dall'abbandono, descrive i particolari di Parigi a un signore cieco mentre lo aiuta ad attraversare la strada, regala uno squarcio sull'infanzia felice a un vecchio inquilino della sua casa. E rientra, naturalmente, nelle azioni che Amelie compie per "avvicinarsi" agli altri anche il furto del nano da giardino di suo padre, che, con le sue avventure in giro per il mondo, ha il chiaro scopo di aiutare il genitore ad aprirsi alla vita.
Nel fare tutto questo, però, la nostra protagonista resta sempre estranea emotivamente, come a sottolineare che gli altri sono capaci di vivere sentimenti e situazioni che a lei sono preclusi. Amélie vive la sua vita e quella degli altri da spettatrice anzichè in prima persona.
C'è una frase del film che spiega, meglio di qualsiasi altra, cosa e come la protagonista de Il favoloso mondo di Amélie vive, ed esprime alla perfezione uno dei tratti caratteristici della personalità evitante: "Ebbene, dopo tutti questi anni l'unica che faccio fatica a delineare è la ragazza con il bicchiere d'acqua. È al centro, eppure ne è fuori". A pronunciarla è l'"uomo di vetro", così chiamato per una malattia congenita che rende le sue ossa fragilissime. Sarà proprio lui, ricoprendo il ruolo dell'"analista", a spingere la protagonista alla svolta sentimentale e all'apertura.
Cosa è stato invece a generare in Amélie il disturbo evitante di personalità? Con ogni probabilità i suoi genitori. I clinici hanno trovato infatti forti associazioni dei soggetti analizzati con la trascuratezza emotiva da parte di uno o di entrambi i genitori e con il rigetto percepito da parte del gruppo di pari.
La voce narrante che ci conduce nel favoloso mondo di Amélie ci informa che da piccola è cresciuta con un padre medico piuttosto introverso. Disabituata alle manifestazioni d'affetto paterne, la bambina si emozionava appena il genitore le si avvicinava per controllare il suo stato di salute. Ed è stato così che, per via del battito accelerato, il padre le ha diagnosticato un'anomalia cardiaca che le ha impedito di frequentare la scuola con i bambini coetanei. Ha studiato a casa, con una madre affetta da nevrosi morta suicida pochi anni dopo.
Non potendo creare legami sociali nè all'interno nè all'esterno del piccolo nucleo familiare, Amélie ha cominciato a creare un universo "favoloso", popolato di presenze immaginarie, in cui il solo amico realmente esistente era il pesciolino Capodoglio, purtroppo anch'esso "nevrastenico e incline al suicidio".