Lo sceneggiatore veterano Chip Proser è tornato a parlare del suo sequel mai realizzato di Grosso Guaio a Chinatown, specificando che avrebbe dovuto essere "meno razzista" dell'originale.
Grosso guaio a Chinatown, diretto da John Carpenter, è uscito nel 1986. Il film vedeva protagonista Jack Burton (Kurt Russell), che aiuta l'amico Wang Chi (Dennis Dun) a salvare la fidanzata da un gruppo di banditi che operano nella Chinatown di San Francisco. Grosso guaio a Chinatown ci conduce alla scoperta del misterioso universo sotterraneo che si cela sotto Chinatown, dove i nostri eroi affronteranno l'antico stregone David Lo Pan (James Hong), maledetto dall'Imperatore Qin Shi Huang e costretto a vagare sulla Terra in forma di fantasma finché non troverà una donna dagli occhi verdi da sposare.
Negli anni, Grosso guaio a Chinatown si è trasformato in un vero e proprio cult, ma fin dalla premiere sono piovute accuse sulla rappresentazione della comunità asiatica. Nel podcast "Best Movies Never Made", lo sceneggiatore Chip Proser ha parlato del sequel che non è mai riuscito a realizzare affrontando proprio le questioni razziali. Proser ha scritto ben due versioni della sceneggiatura del sequel che avrebbe dovuto essere un film TV per Fox, ma alla fine il progetto non è andato in porto:
"Volevo provare a rileggere la storia in modo non razzista. Non so niente sulla religione cinese, ma mi sembrava divertente che il film fosse tutto incentrato sul fatto di sposare una donna con gli occhi verdi... Ho solo provato a pensare a una storia diversa."
Grosso guaio a Chinatown (e al boxoffice): perché il flop di Carpenter ci fece innamorare del cinema
Analizzando il personaggio di Jack Burton, Chip Proser commenta sarcasticamente che "deve essere sempre presente un eroe bianco, non si può fare un film sulla Cina solo con cinesi." Infatti, il sequel che lui aveva scritto, pur lasciando ampio spazio a miti e religioni orientali, vedeva protagonista ancora una volta un bianco, Steve Taylor, curatore insieme al padre, bianco cresciuto a Hong Kong, di un museo cinese. Il plot del sequel culminava nella ricerca di un magico puzzle di un ideogramma diviso in tre pezzi. Naturalmente non mancavano una buona dose di demoni e una versione tutta speciale dell'inferno.
Alla fine il sequel non è stato realizzato proprio per via del flop commerciale di Grosso guaio a Chinatown, che si è affermato tra i cinefili solo molto tempo dopo l'uscita.