E.T. e Alien, il legame tra i due extraterrestri che era passato inosservato: c'entra un italiano

Dietro due degli extraterrestri più iconici del cinema si cela un segreto tutto italiano: un singolo genio creativo la cui magia meccanica ha dato vita sia agli incubi che ai sogni. E il suo nome è Carlo Rambaldi.

Una scena di E. T.

E.T. e lo Xenomorfo di Alien sembrano venire da galassie opposte, eppure condividono un legame segreto che non dovrebbe essere passato inosservato invece: hanno infatti lo stesso "padre", il geniale artista italiano Carlo Rambaldi, mago dell'effetto speciale analogico.

E.T. e Alien, due facce dello stesso universo

Nel cuore di due tra le creature extraterrestri più celebri della storia del cinema batte lo stesso ingranaggio creativo: quello di Carlo Rambaldi. Artista italiano e maestro della meccanica applicata agli effetti speciali, Rambaldi ha dato vita tanto al tenero E.T. quanto al terrificante Xenomorfo di Alien. Se H.R. Giger ha concepito l'oscuro incubo biomeccanico e Spielberg ha sognato il piccolo alieno dal cuore grande, è stato Rambaldi a metterli letteralmente in moto.

Una scena di Alien
Lo Xenomorfo di Alien

Il regista americano lo definì affettuosamente "il Geppetto di E.T.", e a buon diritto: la carriera del maestro nacque in Italia, tra umili origini, intraprendendo studi d'anatomia all'Accademia di Belle Arti di Bologna e i set del cinema di genere. Talmente realistici i suoi effetti che nel 1971 Lucio Fulci rischiò il carcere per colpa sua: le "vittime" cani di Una lucertola con la pelle di donna sembravano troppo vere. Con Alien, Rambaldi diede funzionalità alla creatura di Giger: la testa del mostro conteneva circa 900 elementi mobili per comandare mandibole, bocca interna e dentatura estensibile. "Scott ne usò venti su cento", lamentò.

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Poi arrivò E.T.: dopo aver speso 700.000 dollari in prototipi alieni insoddisfacenti, Spielberg si rivolse a Rambaldi, che creò tre diverse versioni del corpo e una testa elettronica capace di 35 espressioni. Questo impegno per l'autenticità meccanica è valso a Rambaldi tre premi Oscar: uno Special Achievement Award per King Kong del 1976 e l'Oscar per i migliori effetti visivi per Alien ed ET. I suoi capolavori meccanici hanno rappresentato l'apice degli effetti speciali pre-digitali, creando momenti cinematografici memorabili attraverso la maestria artigianale anziché tramite codici informatici.

David Lynch, che ha lavorato con Rambaldi per Dune, una volta osservò che l'artista sembrava mettere qualcosa di sé in tutte le sue creazioni. In effetti, c'è una peculiare poesia nel modo in cui le stesse mani hanno creato sia il mostro più terrificante del cinema che il suo visitatore alieno più amato. Mentre generazioni di spettatori potrebbero non rendersi mai conto che questi iconici extraterrestri condividono una discendenza creativa, entrambe le creature continuano a dimostrare come gli effetti speciali, se eseguiti con visione artistica e ingegno meccanico, possano creare una magia cinematografica duratura che trascende i limiti tecnologici.