Ottantadue anni, una carriera che annovera almeno un paio di film che hanno fatto la storia del cinema e una faccia che non solo bucava lo schermo, lo incendiava proprio. Sino a oggi. Perché ora Alain Delon ha detto basta. Non farà più film. E' arrivato il tempo di lasciare. Lo ha raccontato stamattina in una intervista a tutto campo apparsa in prima pagina sulle colonne di Le Monde. Una lunga chiacchierata che mette il punto sulla sua lunghissima attività e su se stesso.
"Ho avuto una carriera talmente eccezionale da non voler fare più film. - Così spiega Alain Delon - I registi con i quali potrei girare sono morti". Non vede in questo momento nessuno che possa convincerlo a fargli cambiare idea, così l'ultimo ruolo che interpreterà sarà a teatro, in una pièce di Jeanne Fontaine:"Le Crepuscule d'un fauve". Si chiude così la parabola artistica di un uomo che tra gli anni Sessanta e Settanta è stato un'icona di talento non solo del cinema francese, ma tout court. Il suo nome è legato soprattutto ad un autore e a due opere gigantesche: Rocco e i suoi fratelli e Il gattopardo di Luchino Visconti. I ruoli dell'esule lucano Rocco incapace di fermare la distruzione degli affetti familiari in una Milano livida e plumbea; e quello del principe Tancredi, nobile siciliano che sfrutta il passaggio dai Borbone ai Savoia con una spregiudicata realpolitik hanno marchiato indelebilmente Delon che è riuscito, lui che era francese, a essere credibile in due parti completamente diverse l'una dall'altra. Merito anche di Visconti, indubbiamente, il quale aveva un debole per lui tutt'altro che celato.
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Una faccia d'angelo dallo sguardo peccaminoso. Un mix folgorante sul quale Delon stesso plasmò la sua recitazione. Ruoli segnati dall'ambiguità come il Tom Ripley di Delitto in pieno sole di René Clément che lo lanciò nell'empireo del divismo o nei polar: dal samurai di Frank Costello faccia d'angelo di Jean-Pierre Melville al sicario Roger Sartet de Il clan dei siciliani di Henri Verneuil, in cui divide la scena con il leggendario Jean Gabin, sino a Borsalino in coppia con il 'rivale' Jean-Paul Belmondo. In mezzo L'eclisse di Michelangelo Antonioni, Il Tulipano Nero di Christian Jaque, La piscina di Jacques Deray, La prima notte di quiete di Valerio Zurlini e il superbo Mr. Klein di Joseph Losey. Tra gli anni Ottanta e Novanta, complice l'avanzare dell'età, i ruoli diminuiscono, come la qualità dei film, con alcune eccezioni di rilievo quali Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard e Les cent et une nuits de Simon Cinéma di Agnès Varda.
Non meno turbolenta è stata la sua vita privata, segnata da numerosi amori. Due i più importanti: Romy Schneider, l'indimenticabile principessa Sissi, e Mireille Darc che, come ha sottolineato l'attore in occasione della sua morte, avvenuta il 28 agosto del 2017, è stato il più importante della sua vita. Ha vinto quasi tutto tranne un Oscar e una Palma d'oro come attore. Chissà se gli arriverà magari ora che ha deciso di lasciare il mondo del cinema. Ma lui sembra non curarsene. Ha un solo rimpianto: non essere riuscito a farsi dirigere da una donna.