"La risata è senza tempo, la fantasia non ha età e i sogni sono per sempre". La presentazione di Zootropolis si apre con una celebre citazione di Walt Disney e si chiude parlando di software creati appositamente per rendere credibile il manto e le pellicce di tutti gli animali presenti nel film. Tradizione nostalgica e tecnologia. Ricordo e orizzonti. Estremi che sintetizzano alla perfezione la natura del prossimo film Disney, totalmente dedicato alla convivenza degli opposti, in arrivo in Italia nel febbraio 2016.
A presentare le prime immagini del film Clark Spencer, già produttore di Lilo & Stitch, Bolt - un eroe a quattro zampe e Ralph Spaccatutto, arrivato a Milano con un bagaglio pieno di orgoglio ed entusiasmo per una commedia animata che ci è subito sembrata molto energica e convincente. Spencer saluta sorridente ed esordisce senza troppe remore: "Zootropolis è il film di cui vado più orgoglioso, perché possiede tutte le caratteristiche dei migliori film Disney: cuore, risate ed emozione". La premessa è altisonante, ma vi assicuriamo che le clip e tutto il materiale che abbiamo visto le rendono parole oneste. Se deciderete di andare a vederlo, sappiate che il ticket del cinema varrà anche come biglietto di sola andata per Zootropolis, una città abitata da soli animali, dove prede e predatori convivono pacificamente. Più o meno.
Che razza di stereotipi
Negli Stati Uniti arriverà a marzo del 2016 con un titolo diverso dal nostro: Zootopia. Una parola che suggerisce l'importanza di una visione utopistica alla base di questo racconto dove l'ambientazione e il contesto sociale (o meglio, animale) sono assolutamente co-protagonisti. Tutto nasce da una tregua tra mammiferi: i cacciatori smettono di nutrirsi delle povere prede. Da qui fioriscono le fondamenta di Zootropolis, una città movimentata, caotica, basata sulla pacifica convivenza tra animali di ogni forma e taglia. Divisa in quartieri climatici (dalle assolate strade sabbiose sino a i freddi vicoli polari), la metropoli è concepita a misura di qualsiasi razza e specie. Gli ascensori hanno porte larghe per rinoceronti, abbastanza alte per giraffe e minuscole per i topi; qui ognuno segue la propria routine in pace, nel proprio bar per elefanti o gustando un piccolo gelato dal chioschetto dei criceti. Ma anche dentro questa quiete apparente, in una realtà dove gli umani non sono né previsti, né concepiti, le contraddizioni e i difetti (umanissimi) non mancano. Se ne accorgerà presto Judy, coniglietta idealista con il sogno di diventare poliziotta. Una volta arrivata nel distretto dove non vede l'ora di indossare la divisa, la forza di polizia (costituita da possenti rinoceronti e grossi gnu) non la ritiene fisicamente adatta al ruolo, così viene relegata a semplice vigilessa. Questo preconcetto, unito alla scomparsa di un abitante della città da ritrovare a tutti i costi, le daranno la forza e la convinzione per abbattere ogni pregiudizio.
Sulla sua strada però c'è Nick, volpe di razza e di fatto, furbo truffatore che dovrà risolvere un misterioso caso al fianco della determinata Lucy. "Se ci pensate questa è la prima storia Disney originale dove gli umani non esistono. Prima di Zootropolis abbiamo visto film dove gli animali convivono nel mondo umano, oppure rappresentati nei loro habitat naturali. Per certi versi potrebbe essere considerato un ritorno agli origini, visto che la Disney ha costruito una consolidata tradizione di opere con protagonisti animali parlanti antropomorfi, ma John Lasseter è stato chiaro nel dare vita ad un film che fosse assolutamente innovativo e moderno". Un'ulteriore conferma di quanto Disney e Pixar siano ormai un'unica famiglia che vive in una costante osmosi creativa, arriva dalla qualità delle scene mostrate: ritmate, rapide, divertenti. Alla regia Byron Howard (regista di Rapunzel - L'intreccio della torre e storico animatore sin dai tempi di Pocahontas) e Rich Moore (regista di Ralph Spaccatutto, I Simpson e Futurama), due autori che conciliano una visione più classica con un approccio più portato ad una comicità più matura. Ma con Zootropolis la Disney più che seguire le orme, sembra voler proprio cambiare passo.
Il pelo nell'uovo
Che sia dalle parti di Topolinia, Paperopoli o Zootropolis, in casa Disney sono sempre stati fanatici di una perfezione narrativa e di una credibilità artistica che si basa su anni e anni di studio dei mondi raccontati. Spencer ammette: "Abbiamo lavorato un anno a mezzo all'osservazione di tutte le specie animali presenti nel film. Siamo stati in Kenya a studiare ogni esemplare all'interno del suo habitat naturale. La più grande difficoltà degli animatori è stata quella di rendere verosimile l'andatura di ippopotami, leoni e tigri che camminano su due invece che su quattro zampe". Tra steppe e foreste, Zootropolis ha rappresentato l'ennesima sfida alle abilità creative e tecniche di chi vi ha lavorato. "I problemi sono nati quando abbiamo deciso che tutto il mondo rappresentato sarebbe stato in scala. Per questo racchiudere nella stessa inquadratura personaggi con stature diverse ha richiesto un lavoro enorme sia per i registi che per il direttore della fotografia". Il titolo e i primi poster ufficiali (senza personaggi in primo piano) parlano chiaro: al centro del 55esimo lungometraggio Disney c'è l'ambientazione urbana. Il paesaggio non è stato curato soltanto nell'architettura di strade ed edifici, ma soprattutto attraverso gli effetti che l'ambiente produce sui personaggi stessi. "Quindici anni fa questa pellicola non sarebbe stata realizzabile, perché frutto di una tecnologia avanzatissima. Abbiamo sviluppato dei software in grado di ricreare in maniera credibile il movimento di ogni diverso pelo animale mosso dal vento, oppure a contatto con l'umidità o con il freddo. Si tratta di un vero e proprio studio della struttura molecolare, applicata anche agli abiti dei nostri protagonisti". Restando in tema plausibilità, andava anche data una spiegazione alimentare alla tregua tra prede e predatori. A Zootropolis ci sono soltanto mammiferi, senza la presenza di rettili, uccelli e pesci. Così è stato deciso che tutti gli animali si sarebbero nutriti di pesci e insetti, creando una catena alimentare coerente e logica con lo spunto narrativo di partenza.
Oltre i confini di Zootropolis
Il materiale mostrato, in parte ancora grezzo e da rifinire, ha lasciato intravedere un film molto incentrato sulla sceneggiatura. Battute brillanti e personaggi subito adorabili si alternano a situazioni piene di una forza comica basata sulla dialettica. Alla base di tutto c'è una decisa ironia (al limite della satira) sulla nostra società contemporanea, con i suoi tic, i suoi difetti e i suoi spauracchi. La Disney ha disegnato un suo mondo ricalcando il nostro, consapevole di aver dato vita ad un universo ricco, facilmente esplorabile in più pellicole. Spencer ha commentato: "Si, è vero. Zootropolis è un film che si presta a sequel e spin-off, ma non l'abbiamo prodotto avendo in mente la sua serializzazione. Un film va creato per il puro desiderio di raccontare una storia. È una regola basilare sia alla Disney che alla Pixar". Noi, dopo questo incontro, siamo certi che il 2016 non sarà soltanto l'anno di Batman contro Superman e Iron Man contro Capitan America, ma soprattutto quello di Judy e Nick, pronti a mettere in scena un'esilarante rivalità per scrivere a quattro zampe una nuova pagina dell'animazione cinematografica. E visto che Zootropolis è anche mistero, parlando di un'indagine da risolvere, vi lasciamo con un piccolo indizio: tra quattro mesi i tristi e grigi uffici della motorizzazione vi faranno morire dal ridere. Il 2016, forse, ha già trovato una scena cult. Siete avvisati.