Cambiare pelle. Spesso è un modo per sopravvivere, in natura. Come fanno i serpenti durante la muta. A volte devono farlo anche gli spietati assassini per non farsi prendere dalle autorità. E ancora sono costrette a farlo alcune serie tv pronte a reinventarsi per non perdere spettatori per strada. Un esempio che unisce tutti questi contesti è You, la serie tratta dai romanzi di Caroline Kepnes e adattata da Sera Gambe e Greg Berlanti che ben presto hanno preso una propria direzione della storia - proprio come il suo compagno killer Dexter Morgan dai libri originari.

Non solo: il duo di autori ha saputo decostruire e ricostruire la figura protagonista svariate volte per giocare coi generi e con le tematiche. Fino all'ultima stagione da poco arrivata, anche se in maniera in parte deludente. Ripercorriamo le tappe stagionali di una killer series, ricordandovi di fare attenzione agli spoiler proseguendo nella lettura.
You: le origini di un guilty pleasure
Inizialmente in onda su Lifetime - una rete via cavo statunitense vicina al concetto di intrattenimento soap - e distribuita a livello internazionale da Netflix, la serie ha trovato proprio nel colosso dello streaming il proprio cavaliere dalla scintillante armatura quando ha deciso di recuperare e salvare lo show - come già fatto in passato con altri titoli - dopo la cancellazione da parte del canale, intuendo la presa che poteva avere sul proprio pubblico sempre più generalista. Il serial è entrato ben presto nel podio dei più visti sulla piattaforma, tanto da portare a continui rinnovi fino alla quinta ed ultima stagione, da poco disponibile.

Il ciclo inaugurale era una sorta di commedia romantica nera e al contrario in cui il principe azzurro si rivelava uno stalker ossessivo prima, e un pericoloso serial killer poi, nei confronti della ragazza di turno. Ovvero Guinevere Beck (Elizabeth Lail), un'aspirante scrittrice che aveva catturato l'attenzione di Joe Golberg grazie alla passione per la letteratura e i grandi classici, in una New York tanto affascinante quanto inquietante. La seconda stagione (la prima prodotta da Netflix) continuava su questa scia traghettando il protagonista a Los Angeles: dal freddo al sole, dalla costa Est alla Ovest, sotto il nome di Will. Pronto ad avere una nuova ossessione di nome Love (simbolicamente, interpretata da Victoria Pedretti), mentre conosceva la propria vicina di casa quindicenne Ellie (Jenna Ortega), con la quale affrontava il tema della fama sui social e dell'inclusività.
Dalla Donna Perfetta all'Uomo Imperfetto nella serie Netflix

La terza stagione mostrava non solo un cambio di scenario ma anche di tematica: arrivavamo alla tranquillità dei sobborghi, con una satira della periferia americana. Una critica alle famiglie solo apparentemente perfette ma piene di marcio sotto il tappeto e dietro le tende chiuse, il prato curato, i frullati proteici, le torte fatte in casa e le corse di jogging mattutine. Quindi una dramedy in stile Desperate Housewives. Questo grazie al fatto che Joe sembrava aver trovato in Love la compagna ideale tanto da averle dato un figlio, Henry. Presto però Goldberg scopre che lei è (quasi) più serial killer, gelosa e possessiva di lui mentre intrattengono entrambi relazioni extraconiugali. A quel punto, al giovane non resta che eliminare le prove (moglie compresa) a dare Henry in affidamento, cambiando ancora una volta scenario, identità e, appunto, pelle.
Two parts is megl che one
La quarta stagione abbracciava la divisione in due parti voluta da Netflix per molte sue serie di punta forse nel modo più funzionale possibile: la prima metà cambiava genere trasformando lo show in un giallo whodunit in cui Joe - che ora si faceva chiamare Jonathan Moore e viveva a Londra come professore di letteratura, guarda un po' - rimaneva vittima di un omicidio in cui era stato apparentemente incastrato.

Proprio quando sembrava pronto a vivere una vita priva di ossessioni, dopo aver lasciato andare l'ultima -ovvero Marianne (Tati Gabrielle)- a Parigi. C'è una nuova denuncia sociale di fondo: la critica all'élite londinese, corrispettivo perfetto di quella newyorchese di cui era protagonista l'interprete Penn Badgley in Gossip Girl. Tra lusso eccessivo e capricci inutili da figli di papà: in questo ambiente però Jonathan/Joe conosce Kate (Charlotte Ritchie) che potrebbe essere la sua vera anima gemella perché lo accetta per quello che è, avendo anche lei non pochi scheletri nell'armadio.
Nella seconda parte tutto cambia e capiamo come ciò a cui abbiamo assistito sia stato solo un viaggio nella testa del protagonista - confermando il tema della salute mentale ed il fatto che sia una persona senza possibilità di redenzione (se già non fosse stato chiaro a spettatori e "fan"): era solamente lui il colpevole.
Un capitolo finale all'insegna del ribaltamento di ruoli
Dopo aver giocato anche con le location, migrando di città in città ogni stagione, l'ultima pagina di questo libro sanguinolento che è stato You, è un ritorno alle origini e alla Grande Mela; alla libreria Mooney's e a quello scantinato che è diventato un topos narrativo dell'intero show tanto da avere un corrispettivo nella casa dei sobborghi di lui e Love, e a Londra dove era tenuto prigioniero il vero Jonathan Moore.

Proprio nella città che non dorme mai Joe - felicemente sposato con Kate e con la sua ricca famiglia, dopo aver ritrovato Henry che lei ha adottato e il piacere di uccidere poiché la moglie lo condona se è a suo vantaggio - conosce l'ultima ossessione: Brontë (Madeline Brewer). Una ragazza che già dal nome strizza l'occhio alla letteratura, prima passione del protagonista, mentre lei è una quasi senzatetto ladra di libri, dai gusti e look dandy simili ai suoi. Presto però scopriamo che si tratta di un piano di quest'ultima per incontrarlo ed incastrarlo - ovvero il modus operandi dello stalker utilizzato contro di lui e che porta all'unico epilogo possibile: più che nel sangue, nel riconoscimento pubblico di tutte le sue colpe. Anche la voce fuoricampo che ha sempre caratterizzato lo show fin dal suo esordio si sdoppia e non fa sentire al pubblico solamente i pensieri di Goldberg, ma anche quelli di Brontë.

Lo You del titolo, che ha sempre rappresentato l'infatuazione del momento del protagonista, nell'epilogo diventa il serial killer stesso, il mittente e non il destinatario. Giunge così a raffigurare in ultima battuta le donne che scrivono al giovane killer oramai dietro le sbarre. Quale altra serie tv - indipendentemente dalla riuscita generale - è stata talmente capace di reinventare se stessa cambiando genere, tono, tema pur rimanendo fedele al proprio core originario?