Yorgos Lanthimos, tutti i film del regista dal migliore al peggiore

Da La Favorita a Kinds of Kindness: ripercorriamo la carriera di Yorgos Lanthimos attraverso i suoi film, classificati dal migliore al peggiore.

Yorgos Lanthimos sul set de La Favorita

Nella disciplina sportiva agonistica e nella formazione economica in chiave accademica è possibile rintracciare il modo in cui Yorgos Lanthimos costruisce meticolosamente il suo cinema. L'autore ellenico lavora la struttura dei suoi lungometraggi con ricerca compulsiva e un certo grado - quasi sempre presente - di alienazione e asetticità, al di là della caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi. Il basket ma in generale la preparazione sportiva hanno lasciato nel regista l'attenzione ai fondamentali, ai dettagli, ad essere scrupoloso; gli studi in business administration, invece, ad essere in qualche modo freddo e distaccato, anche poco confortevole e confortante, soprattutto rigoroso.

Lanthimos
Yorgos Lanthimos con il Leone d'Oro per Povere creature!

E tutto questo è perfettamente rintracciabile nella sua poetica, addirittura dal suo esordio datato 2005. È lui stesso, in una vecchia intervista, a spiegare il fulcro concettuale della sua arte: "Quello che voglio è che il pubblico sia attivamente coinvolto nella visione del film. Mi piace costruire le mie opere in modo che suscitino un po' di disagio, che siano però godibili, intriganti, che generino domande sul senso delle cose e che - alla fine, si spera - riescano a continuare a far parlare di loro, restando impressi". C'è da dire che in vent'anni di carriera Lanthimos è quasi sempre riuscito nei suoi intenti, sia nel suo cinema più europeo che in quello più hollywoodiano, creando anzi una sua specifica grammatica autoriale tra il grottesco e il post-moderno che oggi ha davvero pochi eguali, per lo meno in ambito mainstream. Con l'uscita di Kinds of Kindness (leggi la recensione) in sala, vogliamo oggi stilare una classifica dell'intera filmografia del regista, dal titolo migliore al "peggiore", provando a raccontarvi nel farlo diverse sfumature della sua arte.

1. Dogtooth

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Aggeliki Papoulia protagonista di Dogtooth

Opera seconda di Yorgos Lanthimos targata 2009. Dogtooth arriva a quattro anni di distanza da Kinetta, debutto del regista, e concretizza già nel suo piccolo l'ideale cinematografico dell'autore. Il film segna la prima e storica collaborazione con il solidale Efthymis Filippou, che co-sceneggia insieme a Lanthimos questo lungometraggio che viaggia senza soluzioni di continuità tra dramma e thriller, impietoso e respingente, sofferto e bellissimo. Già in Dogtooth è forte e predominante il tema dell'emancipazione femminile, pure se mitigato dagli abusi a cui sono sottoposti i bambini protagonisti dell'opera, manipolati e tenuti praticamente in schiavitù da un padre malvagio e padrone in una sorta di Caverna di Platone casalinga. La scusa è la stessa che utilizza inizialmente anche il Dottor Godwin di Willem Dafoe in Povere Creature: proteggere la prole dal mondo esterno, violento e corrotto. Eppure, contrariamente a quanto accade in Dogtooth, nel penultimo film dell'autore è proprio "il padre" che lascia poi viaggiare Bella in quel mondo contraddittorio e meraviglioso che lo spaventa, come a voler redimere tale figura nel suo cinema, chiudere un cerchio e proporre una virtuosa (per quanto ugualmente contorta) variazione sull'argomento e dimostrare che il potere più grande dell'umanità è l'autodeterminazione. Comincia tutto da Doogtooth, ancora oggi essenziale nella carriera di Lanthimos.

2. La Favorita

La Favorita Emma Stone
Emma Stone è La favorita di Lanthimos

Incastonato nella cornice della corte britannica del XVIII secolo, il racconto de La favorita si muove all'ombra della storia vera di Anna Stuart (Olivia Colman) e della complessa relazione con Sarah Churchill (Rachel Weisz) e Abigail Masham (Emma Stone). Un triangolo che serve a Yorgos Lanthimos per la sua riflessione sul potere e l'ossessione, l'amore e l'arrivismo, la perfidia e la manipolazione. Sfrutta due figure speculari come Sarah e Abigail (inquadrandola spesso dalla prospettiva che più le identifica) per interrogarsi sulle diverse strategie atte a condizionare il rispettivo ruolo sociale almeno in apparenza, quando poi l'autore rende chiara l'impossibilità di scappare da se stessi e da chi si è realmente. Un film intenso che sfrutta molti ambienti chiusi e punti ripresa ricercati per dare all'immagine una cifra altamente interpretativa e diegetica al senso stesso del racconto. La Favorita segna la prima collaborazione tra Lanthimos e lo sceneggiatore Tony McNamara con cui tornerà a lavorare successivamente in Povere Creature. Già da qui, comunque, traspaiono elementi cardinali della sua scrittura - quali ad esempio l'erotismo - capaci di incontrare gli intenti visivi e artistici dell'autore ellenico e creando una grande sinergia concettuale.

La Favorita, la spiegazione del finale: Emma Stone e un destino che mette in ginocchio

3. Povere Creature!

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Povere creature!, Emma Stone sulla nave che vediamo nel film

Tratto dall'omonimo romanzo di Alasdair Grey, a sua volta fortemente ispirato dall'arte gotica vittoriana e dal capolavoro di Mary Shelly, Frankenstein, Povere Creature! è un voluttuoso e brillante ritratto della condizione femminile in un mondo fallocentrico. Emma Stone interpreta Bella Baxter, una donna suicida nel cui corpo viene trapiantato il cervello di un bambino. Un esperimento scientifico che si trasforma velocemente in una sferzante critica sociale quando Bella, andando oltre i propri istinti primari e sessuali, inizia a studiare e vivere il mondo, scegliendo chi essere e come farlo, emancipandosi dal ruolo che gli uomini della sua vita stavano nuovamente scegliendo per lei in quanto donna. È come se il cinema espressionista tedesco e le sue forme così teatrali, squadrate e complesse, evolvessero in un'opera più tonda e morbida senza rinunciare a un'atmosfera un po' macabra e un po' immaginifica. Un gotico-contemporaneo che parla un audace linguaggio woke senza essere retorico né avvilente, sfruttando la settima arte a 360° per raccontare tra erotismo, dramma e ironia una storia che parla di libertà ed empowerment estremizzando con grazia e intelligenza i ruoli.

4. The Lobster

The Lobster: Colin Farrell e Rachel Weisz in fuga nell'erba
Colin Farrell e Rachel Weisz in una scena iconica di The Lobster

Primo film in lingua inglese di Lanthimos, The Lobster è il terzo lungometraggio co-sceneggiato assieme a Filippou e decisamente il più curioso. È ambientato in un futuro distopico dove è vietato essere single. Chi non ha un compagno o una compagna viene spedito in un hotel, dove si è costretti a fare coppia con qualcuno entro quarantacinque giorni prima di essere trasformati in degli animali a propria scelta. Il titolo è legato a quella del protagonista, David (un eccellente Colin Farrell), che decide di diventare un'aragosta in caso di fallimento. Il film è un'intrigante e immaginifica riflessione sulle contraddizioni dell'amore e le sue mille sfaccettature, ma anche sul peso che diamo in quanto singoli alla ricerca del partner ideale, ignorando egoisticamente i sentimenti di chi ci circonda. Bramiamo l'amore quando non serve e lo respingiamo quando ci è necessario, rendendolo una forza emotiva e naturale, essenziale alla sopravvivenza. Un pensiero che Lanthimos e Filippou estendono al funzionamento stesso della società, che diventa obbligatoriamente autoritaria, asettica, drammaticamente odiosa. Meglio vivere nelle foreste, liberi (e anche qui torna il tema dell'emancipazione, della fuga, del bisogno di autodeterminazione) o diventare animali e regredire a una forma più istintiva, senza pensieri, senza problemi. Per chi sta al potere è una punizione, ma è davvero così?

The Lobster: da Cannes arriva la crudele e surreale ricerca dell'anima gemella

5. Kinds of Kindness

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Ancora Emma Stone, questa volta con Joe Alwyn

Un film episodico - tre mediometraggi, per la precisione - con cui Yorgos Lanthimos torna volontariamente e cinicamente alle origini del suo cinema, discostandosi dal suo precedente e blasonato Povere Creature. Un titolo che scava nella filmografia dell'autore e che unisce passato e presente in un'opera cinematografica che trova nel rifiuto dei legacci della contemporaneità la sua région d'être, proponendo un grottesco ma piacevole miscellanea di orrore, passione e violenza che unisce de facto l'anima più indipendente e cruda dell'autore a quella più ironica, critica e sarcastica, senza mai dimenticare di essere strano, smaliziato, sopra le righe, affascinante. Tre ore sono forse troppe per un'opera di questo tipo, ma il gioco non di certo il tempo che trova, imprimendosi con la giusta forza grazie alla messinscena e soprattutto all'ottimo cast (Jesse Plemons su tutti) e diverse sequenze instant cult.

6. Il sacrificio del cervo sacro

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Nicole Kidman e l'amplesso de Il sacrificio del cervo sacro

Un film bello e rigoroso, Il sacrificio del cervo sacro, forse persino troppo. Scava nel mito greco del sacrificio di Ifigenia e tenta mediante il cinema di ribaltare l'ideale del kalos kai agathos relativo all'identità del bello e del buono. Lanthimos e Filippou mostrano - forse persino indirettamente - come in un'opera tanto bella e tecnicamente adamantina non per forza sia possibile rintracciarvi del buono, che infatti in senso etico e morale non c'è. Il ruolo della divinità passa da Artemide a un ragazzo, Martin (uno straordinario Barry Keoghan), che sembra aver un dubbio rapporto con il cardiochirurgo Stephen (ancora Colin Farrell, ancora bravissimo), sposato e con due figli. Il cognome del dottore è Murphy, forse legato alla famosa Legge pseudoscientifica, visto che "tutto ciò che può andare storto alla fine ci va". Il regista restituisce la centralità dell'Uomo nel proprio arbitrio (torniamo sempre lì), con Stephen che è costretto a rispondere alle conseguenze dei suoi errori a chi di fatto le ha subite, cioè Martin, che è possibile identificare al contempo come uomo e come giustizia (o meglio ira?) divina incarnata. È forse per sua diretta ispirazione il film più rigido, aulico e persino inquietante e horror dell'autore ellenico, con tutti i vizi e le virtù che ne conseguono.

Il sacrificio del cervo sacro: la tragedia greca di Lanthimos ci riporta ad antichi orrori

7. Alps

Alps: una scena del film
Alps, un Lanthimos datato 2011

Un film che parla ancora, di nuovo, sempre, di rapporti umani, nello specifico del lutto. Alps è il nome di un collettivo che aiuta le persone che richiedono il loro intervento a superare il dolore della perdita. Come? Sostituendosi per un certo periodo alla persona scomparsa, alleggerendo il carico emotivo dei familiari. Il punto centrale dell'opera è che realtà e finzione sono inestricabili nella mente dell'individuo, che sceglie spontaneamente a cosa credere. Gli Alps intervengono nel momento del bisogno, allenandosi per entrare nel personaggio, per diventare altro oltre se stessi, in alcuni casi per fuggire da se stessi. Neanche a dirlo, è un film dove il disagio gioca un ruolo fondamentale, per questo estremamente respingente ma al contempo affascinante, dove il tema identitario raggiunge forse le vette più elevate del cinema lanthimosiano. È Pirandello che incontra Emmanuel Carreré in un'opera spiazzante che sancisce persino l'umanità insita nell'arte, che è sia intrattenimento che evasione da altri per altri.

8. Kinetta

Kinetta
Kinetta, film d'esordio di Lanthimos

Il primo lungometraggio di Yorgos Lanthimos è anche quello che nasconde lo spirito più innocente e intraprendente di un regista ambizioso e visionario. È un dramma sporcato da qualche pennellata di thriller, profondamente legato alla cinematografica greca ed europea di fine anni '90. Ci sono di mezzo indagini e omicidi e uno strampalato trio di protagonisti che tenta di venire a capo del mistero con fare a dir poco maldestro, ricreando in chiave teatrale le scene del crimine e superando i confini tra realtà e finizioni nelle loro rispettive vite personali. È un debutto meno folgorante rispetto ai successivi Dogtooth e Alps, eppure cela già al suo interno sensibilità e tematiche care all'autore, che infatti non verranno mai meno nel suo cinema e, anzi, si faranno sempre più forti e decisive.