Fra i numerosi appuntamenti della 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia c'è anche Words with Gods, una pellicola in cui il dialogo fra l'uomo e Dio viene descritto attraverso nove episodi, diretti da nove registi di diverso credo religioso (incluso un capitolo dedicato all'ateismo) e di differenti nazionalità: un film ricco di spunti di riflessione e in arrivo prossimamente nelle nostre sale.
Nel frattempo, a Venezia abbiamo avuto occasione di incontrare sei fra i cineasti che hanno partecipato al progetto, ovvero Hector Babenco, Álex de la Iglesia, Amos Gitai, Guillermo Arriaga, Bahman Ghobadi e Warwick Thornton, assieme ai quali abbiamo parlato di quest'opera e del loro rapporto con la fede.
La religione fra individuo e società
Quale tipo di importanza avete scelto di attribuire al tema del miracolo?
Alex de la Iglesia: Alla fine del mio cortometraggio avviene una forma di miracolo, perché è come se il protagonista avesse un'apparizione di Dio: l'anziano malato è paragonabile a Dio, perché sembra essere improvvisamente onnisciente. Inoltre nel primo segmento, quello di Warwick Thornton, assistiamo al miracolo della nascita.
Hector Babenco: In fondo tutto è un miracolo, anche essere vivi è un miracolo.
Come vi siete posti di fronte alla possibilità di indagare il rapporto fra la religione e la dimensione politica e culturale dei vari paesi, nonché le contraddizioni insite in questo rapporto?
Guillermo Arriaga: Ogni esperienza umana è caratterizzata dalla contraddizione, e quindi anche la religione non ne è esente. Come registi, noi siamo obbligati a rappresentare l'umanità, non la 'purezza' della religione, e la contraddizione è parte della condizione umana.
Bahman Ghobadi: Spesso la religione è utilizzata dalle persone come pretesto per uccidersi fra loro, per scatenare guerre. Nel mio cortometraggio, i due gemelli siamesi in realtà sono come un unico individuo, diviso tra due differenti punti di vista.
Amos Gitai: Io ho iniziato la mia carriera come architetto, e per costruire un grande edificio c'è bisogno di un bravo committente. I più grandi capolavori non sono solo il prodotto di un artista, ma anche del committente, che si tratti di un'opera di Michelangelo oppure di un film. Per questo voglio ringraziare Guillermo, che ha preservato l'autonomia di ciascun regista; sono convinto che il successo di questo progetto sia dipeso da lui, che ha saputo comprendere le ambiguità legate all'essere al tempo stesso l'artefice di un lavoro personale, ma anche l'artefice del progetto complessivo, in cui tutti quanti hanno svolto un lavoro brillante.
Signor de la Iglesia, rispetto al suo film del 1995 Il giorno della bestia, cosa è cambiato nel suo cinema rispetto alla rappresentazione della religione?
Alex de la Iglesia: Non credo che nel frattempo sia cambiato qualcosa. Sono ancora convinto che l'essere umano sia innanzitutto un peccatore; come diceva poco fa Guillermo, vivere significa affrontare delle contraddizioni. Il protagonista del mio cortometraggio è un peccatore, un assassino, e non tenta di negarlo; però alla fine, di fronte a un uomo come lui, ammette la confusione della sua esistenza, e penso che in quel momento venga perdonato. Se riconosci i tuoi errori ottieni il perdono: penso sia la cosa migliore del Cattolicesimo. Tu puoi essere un brav'uomo per tutta la vita e andrai in paradiso, ma puoi anche essere un peccatore e trarre piacere dai tuoi vizi; se però sei capace di pentirti, credendo davvero nel tuo pentimento, potrai sederti accanto a Dio. È un'enorme forma di speranza per tutti i peccatori del mondo, ed è il motivo per cui amo il Cattolicesimo.
Alla ricerca di Dio: domande e risposte
Signor Arriaga, nel suo episodio, a differenza degli altri registi, lei non prende in esame un credo religioso, bensì l'ateismo: come si è posto di fronte a questa sfida?
Guillermo Arriaga: Io sono un ateo, e lo sono stato fin da piccolo. Nell'ambiente in cui sono cresciuto non ho mai sentito parlare di Dio; mio padre era un agnostico e gli unici peccati, per lui, erano la povertà e la corruzione. Da ateo, però, non volevo fare un film di propaganda, non volevo dire alla gente cosa pensare: al contrario volevo creare qualcosa che potesse confondere lo spettatore, lasciandolo libero di dare la propria interpretazione.
Qual è stata la reazione che, con i vostri episodi, avete voluto provocare nel pubblico?
Warwick Thornton: Nel mio episodio, che è il primo, non volevo dare alcuna risposta definitiva, ma esprimere il mio personale sentimento nei confronti del concetto di divinità: la madre è una figura divina, perché è colei che ci dà la vita. Ho visto il film completo ieri per la prima volta, e penso che per trovare delle risposte al mio episodio dobbiate fare riferimento agli altri episodi, e viceversa: ciascun episodio può fornire le risposte ai dubbi espressi da altri registi.
Alex de la Iglesia: Oggi più che mai è importante parlare di religione, perché significa parlare di sentimenti, provare a trovare un senso all'esistenza e alle cose che ci circondano. Non si può separare la propria vita dalle cose che ci spaventano, come la morte: per questo abbiamo bisogno della religione. La religione è il dialogo fra te stesso e i tuoi problemi; come ha detto Papa Francesco, è un modo di affrontare i problemi. Che tu sia buddista o ateo, devi comunque confrontarti con la tua anima; e puoi farlo perfino ridendo, come nel mio episodio. Ma come puoi spiegare la tua presenza nel mondo se non tenti di rispondere a questi problemi? Le questioni legate all'esistenza devono sempre essere presenti nella tua mente.
Guillermo Arriaga: Per me vedere il film per la prima volta è stato come partecipare a un banchetto con tante splendide portate, un vero privilegio. Fra l'altro ho notato che in molti cortometraggi compaiono degli animali: è stata una delle coincidenze che mi hanno piacevolmente sorpreso.
Alex de la Iglesia: È significativo anche l'ordine degli episodi, che sottolinea la connessione fra di essi. Il film comincia nel silenzio, e la rappresentazione della nascita è un inizio perfetto; poi, negli episodi successivi, i personaggi cominciano a parlare, e quindi a conoscere il mondo, e alla fine devono confrontarsi con la morte.
Warwick Thornton: E fra l'altro, mentre giravamo i nostri cortometraggi nessuno di noi sapeva cosa stavano facendo gli altri registi, quindi certe coincidenze appaiono ancor più incredibili: ad esempio, nel primo episodio una donna dà alla luce un bambino e nel secondo il protagonista è un uomo che ha provocato la morte del figlio.
Signor Arriaga, il suo episodio adotta il punto di vista dell'ateismo, ma è pervaso ugualmente da un profondo spirito religioso: come mai?
Guillermo Arriaga: La parola "religione" deriva da religari, ovvero "relazionarsi". Nel mio caso, io non volevo elaborare una tesi a favore dell'ateismo, ma raccontare come ci rapportiamo con ciò che ci accade e con il mistero della sofferenza umana. Mi è stato chiesto come mai ho scelto di trattare il tema del dolore: la realtà è che quando siamo felici non abbiamo bisogno di Dio, ma ne avvertiamo il bisogno quando soffriamo, quando perdiamo una persona cara o cerchiamo di dare un senso ad una tragedia.
Piccoli grandi film
Avete avuto difficoltà a cimentarvi con una forma narrativa quale il cortometraggio, condensando la complessità del tema in pochi minuti?
Bahman Ghobadi: Per me fare un cortometraggio è stato più facile: realizzare un film lungo è molto impegnativo e richiede uno sforzo costante. Un cortometraggio, invece, è come una vacanza: è un lavoro che si risolve in pochi giorni e senza fatica. Al contrario, i miei lungometraggi hanno avuto sempre una lavorazione complicata.
Warwick Thornton: Con i lungometraggi si diventa quasi pigri e a volte rischi di annoiarti: i cortometraggi sono più rapidi e vivaci.
Alex de la Iglesia: Non si può realizzare un lungometraggio su un argomento complesso come la fede cristiana: è un'impresa impossibile, per riuscirci devi essere Ingmar Bergman. Ma affrontare questi temi attraverso le brevi impressioni inserite in un cortometraggio ti rende più abile. Quando giri un lungometraggio devi tenere conto dei rapporti con lo studio e dei problemi di lavorazione, mentre un cortometraggio ti consente maggiore libertà creativa.
Qual è stato esattamente il contributo offerto al film da parte dello scrittore Mario Vargas Llosa?
Guillermo Arriaga: Abbiamo finito di girare l'intero progetto e poi Vargas Llosa ha visto i vari episodi: lui non si aspettava un'opera del genere, pensava che si trattasse di un documentario! Dopo aver visionato ripetutamente il materiale, Mario mi ha detto: "C'è un solo modo di montare questi episodi: seguendo l'ordine storico del rapporto fra l'uomo e Dio". Quindi siamo partiti dal contatto con la natura, il miracolo della nascita, per passare poi alle religioni più antiche e via di seguito. Mario pensa che l'ateismo sia il livello definitivo della religione: negare Dio è assimilabile all'atto di "uccidere il padre". Non avevo pensato di collocare il mio cortometraggio come episodio finale per non sembrare presuntuoso, ma Mario mi ha obbligato a farlo! E come si fa a discutere con uno scrittore?
Alex de la Iglesia: Ho qualcosa da aggiungere: non credo che Guillermo sia davvero un ateo, in fondo ha realizzato un film su Dio! Inoltre, per dire di no a Dio prima devi vivere in Dio, quindi nell'ateismo vi è una contraddizione di fondo... prima di dire di no a Dio, devi accettare la possibilità della sua esistenza.
Per quanto riguarda invece l'apporto di Peter Gabriel, che ha composto il brano della colonna sonora?
Guillermo Arriaga: Cercavo qualcuno che componesse la musica del film e la mia prima scelta è stata subito Peter Gabriel, che ha lavorato con molti musicisti di varie parti del mondo ed ha composto la colonna sonora de L'ultima tentazione di Cristo. Un nostro amico ha conosciuto per caso la figlia di Peter Gabriel, così ha organizzato un incontro nel corso di un tour di Gabriel: avevamo appuntamento con lui alle nove di mattina, ma siamo rimasti a chiacchierare nella sua camera d'albergo fino alle sei del pomeriggio! È un uomo meraviglioso, ha una grande curiosità nei confronti del mondo ed è un magnifico cantautore.