Si è tanto parlato in queste settimane delle somiglianze (vere e presunte) nel soggetto alla base tra FolleMente, il nuovo film di Paolo Genovese che sta sbancando il botteghino, e Inside Out, successo animato senza precedenti. C'è un titolo però, approdato forse in sordina Disney+, che si è fatto notare col passare degli episodi: Win or Lose.

Arrivati al finale, sembra confermare una teoria tanto assurda quanto vera: riesce ad essere forse più creativo ed incisivo di Inside Out, nonostante qualche mese prima sia approdata sempre in streaming anche la serie nata da una costola proprio di quel brand, ovvero Dream Productions. Giunti all'epilogo, questo ci sembra ancora più evidente: vediamo perché.
Win or Lose: dallo sport alle emozioni
Guarda caso l'idea alla base della serie Disney+ è la stessa di Inside Out 2, ovvero utilizzare un racconto sportivo per mostrare lo stuolo di emozioni che si susseguono in quel contesto. Lì Riley e l'hockey, qui i Pickles e il softball. Del resto è sempre più difficile far capire alle nuove generazioni quanto l'importante non sia necessariamente vincere (il titolo ovviamente non è scelto a caso), ma fare del proprio meglio. Ecco quindi che l'idea vincente di questo serial sia raccontare la settimana antecedente la partita più importante del campionato e la stessa giornata della finale attraverso i punti di vista di varie personalità coinvolte.
Ognuno degli otto episodi diventa quindi monografico e racconta un pezzo della stressa storia da diverse prospettive che, arrivati all'ultima puntata, si incastrano tutti l'uno nell'altro, permettendo al pubblico di avere una visione d'insieme del puzzle e giocando quindi sul climax narrativo che questo comporta. Lo sport diviene quindi veicolo perfetto per parlare di successo ed ansia da prestazione, di fama e popolarità (e per contro sentirsi invece invisibili), di pressione sociale e genitoriale nell'essere il migliore in tutto, sempre (estenuante ed impossibile).
Questione di empatia nella serie animata

Arriviamo ad un epilogo agrodolce proprio come la storia raccontata in Win or Lose. Nello spirito di raccontare ciò che provano i personaggi, non solo i ragazzi, attraverso vari escamotage visivi. Un altro aspetto che la differenzia e se vogliamo migliora rispetto ad Inside Out, è il non aver scelto banalmente tutti i membri della squadra ma solo alcuni, il fratellino di una di loro, una madre single, l'arbitro, il coach. Gli episodi con gli adulti protagonisti sono i più sorprendenti perché affrontano tematiche estremamente mature, che possono diventare educative senza essere didascaliche anche per un pubblico più infantile. Non manca comunque lo sguardo più giovane, che non si limita all'adolescenza ma subentra anche nella pre-adolescenza e nell'infanzia. Tanti punti di vista, appunto.
Libertà creativa

È proprio questa universalità di immedesimazione la forza della serie Disney+ e si fa ancora più evidente nella seconda metà, fino al gran finale. Dall'arbitro che si costruisce un'armatura metaforica per proteggersi dalle critiche degli altri; al coach che vuole tifare per i propri giocatori, specialmente per la figlia da padre divorziato, ma deve farlo a bassa voce. Dal peso dell'ansia come fantasma fluido sulle proprie spalle che non ci abbandona mai; all'immaginare il mondo intorno a noi come una battaglia fantasy per la sopravvivenza attraverso un binocolo magico fatto semplicemente di cartone.
Dal sentire il mondo che sprofonda letteralmente ai nostri piedi ogni volta che non ci sentiamo abbastanza, fino al nostro io interiore che fa a pugni con quello esteriore perché abbiamo troppa pausa di mostrarci vulnerabili per come siamo veramente. Questi sono solo alcuni esempi del comparto tecnico della serie, che attraverso varie intuizioni di animazione, creative e peculiari, riesce forse ad esprimere ancora meglio della semplicità efficace di Inside Out ciò che avviene dentro la nostra testa. Come esseri umani, del resto, siamo meravigliosamente complessi.

Auspichiamo quindi che Win or Lose possa diventare un esempio e una spinta per lo studio ad osare di nuovo e per davvero, come non ha più fatto negli ultimi anni per impigrimento industriale. A puntare su nuove storie originali piuttosto che su brand già consolidati e, come in questo caso, pur partendo da un character design obsoleto, utilizzare l'estro creativo che ha sempre contraddistinto l'azienda nelle animazioni anche a livello narrativo.