La cosiddetta "cara e vecchia serialità" sta lasciando sempre più spazio alle logiche delle piattaforme streaming, fisiologicamente ed economicamente diverse. Dopo la chiusura storica di This Is Us sulla tv generalista qualche settimana fa, sul via cavo si è conclusa la quarta stagione di Westworld (in Italia il season finale doppiato arriva su Sky Atlantic il 22 agosto, lo stesso giorno in cui debuttano i draghi di Westeros in versione sottotitolata). L'occasione ci sembra propizia per ragionare sull'impatto che la serie e in particolare questa stagione hanno avuto e il futuro che le aspetta, grazie a Westworld e al potere di essere gli autori della propria storia.
La forza produttiva di HBO
"It's not tv, it's HBO" recitava un vecchio slogan, per sottolineare la differenza a livello produttivo del canale via cavo nel suo periodo d'oro. Periodo che non è mai effettivamente finito e che anzi l'ha fatta concorrere tranquillamente con le sempre più emergenti e consolidate piattaforme streaming anche negli ultimi anni. Una delle caratteristiche che hanno contraddistinto Home Box Office è il livello economico di investimento nelle proprie produzioni seriali, non solo a livello di CGI ed effetti speciali ma soprattutto di riprese in loco, con location costruite ad hoc e scovate in giro per il globo, senza le quali l'effetto sullo schermo per gli spettatori non sarebbe stato lo stesso. Nel giorno in cui finisce Westworld 4 e inizia House of the Dragon è rappresentativo come questi due show rappresentino in un certo senso il vecchio e il nuovo corso del canale cable. L'altra caratteristica peculiare è la scommessa, rischiosa e coraggiosa, sulle sceneggiature a lungo termine e su una storia dall'impronta e dalla costruzione narrativa ambiziosa e lunga più stagioni. Westworld si iscrive proprio in quest'ottica e, nonostante il sempre maggiore uso della CGI per rappresentare il mondo iper-futuristico dalla terza stagione in poi, non manca di avere il fascino del passato, con i resti del Parco originario, quello nuovo dedicato agli anni '20 e quello che potremmo vedere in un'ipotetica quinta stagione. Il drama sci-fi rappresenta anche la costruzione narrativa a lungo termine di cui sopra.
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Il potere dello storytelling
Frequenti in Westworld sono le narrazioni dei personaggi, di solito degli host, gli androidi costruiti per "intrattenere" gli umani, come nel film di Michael Crichton Il mondo dei robot da cui la serie trae ispirazione. Androidi che ad un certo punto iniziano a mettere in discussione la propria realtà e vogliono diventare controllori e autori della propria linea narrativa (scommettiamo che lo desiderebbero molti personaggi di serie televisive?). Un po' come accade a Cristina/Dolores (Evan Rachel Wood) nella quarta stagione. Un po' come vorrebbero fare tutti gli showrunner e - in maniera quasi meta-televisiva - come forse capiterà se Westworld sarà rinnovato per una quinta e ultima stagione, come da volontà iniziale dei due creatori. Come del resto hanno potuto fare finora, anche con una stagione meno compresa e meno apprezzata come la terza, ma andando avanti per la propria strada sapendo bene dove volessero andare a parare, e venendo rinnovati per un quarto ciclo di episodi. Di certo non si tratta del primo serial con annate altalenanti ma che nel quadro generale acquistano ognuna un proprio valore intrinseco.
Cosa aspettarsi dalla quinta stagione di Westworld
Una quinta stagione di Westworld, è bene precisarlo, non è ancora stata ordinata da HBO, ma confidiamo ancora una volta nella lungimiranza del canale e nel voler chiudere degnamente una storia aperta ben sei anni fa, e pensata fin dall'inizio dai creatori Lisa Joy e Jonathan Nolan come un percorso di cinque stagioni. Il reset finale della quarta stagione, ovvero un possibile nuovo Parco per l'ultimo e più pericoloso "gioco" di Dolores, lascia spazio ad alcuni quesiti. Cosa aspettarsi quindi dalla quinta stagione? Un ritorno alle origini ancor di più di quanto lo sia stato la quarta. Un possibile ritorno del co-creatore del parco Ford - interpretato da Anthony Hopkins, che aveva firmato solamente per una stagione e probabilmente era stato questo a convincerlo a partecipare al progetto - anche per via della frase detta a Bernard nel loro ultimo dialogo "Magari ci rivedremo, un giorno".
Un ritorno, a quanto pare confermato da Lisa Joy in una recente intervista, del flashforward che aveva lasciato più di qualche spettatore a bocca aperta nella scena post credits della seconda stagione (Lost docet). In quella sequenza, William (Ed Harris) si ritrovava prigioniero del Parco nel futuro, in una sorta di loop temporale insieme alla "presenza" della figlia (Katja Herbers). Quando temporalmente quella scena era ambientata non ci è dato saperlo, ma evidentemente potrebbe far parte dell'iper-futuro presente nel terzo e quarto ciclo di episodi. Potenzialmente tutti i protagonisti potrebbero tornare, dato che abbiamo imparato come nella serie nessuna muoia per davvero, dato che sempre può diventare un host o l'anima di un umano inserita in un host. Detto questo, la storyline principale lanciata nel finale della quarta stagione sembra coinvolgere le due fazioni capitanate da Dolores (Evan Rachel Wood) e da Frankie, la figlia di Caleb (Aurora Perrineau), mentre tutti gli altri personaggi sono deceduti. Le risposte a questa e alle altre domande potremo averle solo se a Joy e Nolan verrà data la possibilità di finire il proprio storytelling e la propria storia. HBO ci stai leggendo?
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