Watchmen, oltre il capolavoro: dalla HBO una lezione a Hollywood

Watchmen: una riflessione sulla serie HBO, sull'adattamento del fumetto e su come si sia confermato uno dei prodotti televisivi più importanti del decennio.

Watchmen Martial Feats Of Comanche Horsemanship 1 645X370
I Watchmen in azione

Qualcuno storcerà il naso all'utilizzo del termine capolavoro, a volte davvero fin troppo abusato di questi tempi. Ma al Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons questa definizione spetta, e forse sta anche un po' stretta, da ormai oltre 30 anni. Il perché non ve lo dobbiamo spiegare noi, sono state spese milioni di parole su quella che è giustamente e universalmente considerata la migliore graphic novel di tutti i tempi e uno dei libri più importanti del secolo scorso. Se dovessimo però azzardare la stessa definizione anche per la serie HBO che si sta per concludere proprio in questi giorni (su Sky andrà in onda settimanalmente fino al 23 dicembre, e resterà on demand come box set a fine programmazione) siamo certi che questa volta sarebbero in tanti a ribellarsi alla sola idea: "È troppo presto!", "I veri capolavori sono altri!", "Aspettiamo di vedere se tra qualche anno qualcuno ancora se la ricorderà".

Che si consideri un capolavoro o meno, poco importa. La serie Watchmen creata da Damon Lindelof rappresenta indiscutibilmente qualcosa di unico nel suo genere: un esempio di narrazione seriale sublime, ma anche e soprattutto l'emblema di quello che dovrebbero essere tutti gli adattamenti per il piccolo/grande schermo. In soli nove episodi, lo show HBO ha costruito un impressionante universo distopico che vive di luce propria, e che, ora dopo ora, acquista sempre più senso e importanza proprio grazie all'opera di Moore, ai suoi personaggi e alla sua filosofia. D'ora in poi ci perdonerete, quindi, gli sporadici e lievi spoiler sia sulla serie che sul fumetto.

Raccontare la realtà attraverso i paradossi e le provocazioni

Wm 101 12182018 Mh 0393
Watchmen: Don Jonhson in un episodio della serie

Uno dei grandi punti di forza della letteratura e del cinema di fantascienza è sempre stato quello di riuscire a raccontare/immaginare la realtà meglio di qualsiasi documentario. In questo la serie di Watchmen non solo non fa eccezione, ma rappresenta anzi un'eccezione ad altre regole, quelle non scritte (ma sotto gli occhi di tutti) di Hollywood. Che tutto il cinema di questo decennio sia stato caratterizzato da movimenti quali #metoo o #oscarsowhite è cosa nota, così come sono note ed evidenti le conseguenze di queste politiche su alcune delle maggiori produzioni cinematografiche dell'ultimo periodo. Il che non vuol dire che i problemi siano stati risolti, tutt'altro, ma solo che le principali major statunitensi stiano facendo di tutto per correre al riparo e cercare di attuare nuove strategie e stratagemmi per rimanere nel politically correct e conquistare nuovi mercati. Il che vuol dire, fondamentalmente, fare i propri interessi, ma non necessariamente guardare alla realtà.

Watchmen 1X03 La Recensione Zhvssx4
Jean Smart in una sequenza del terzo episodio di Watchmen

Con Watchmen, Lindelof ha brillantemente sorpassato tutti questi problemi; anzi li ha fatti propri, e attorno a questi, attorno alla realtà che viviamo tutti noi quotidianamente, ha costruito la sua serie. Il suo adattamento della celebre graphic novel è partito proprio da questo ragionamento: se negli anni '80 la Guerra Fredda era il centro di tutto, oggi lo show non può che parlare di tensioni razziali, di sessismo e perfino di ageismo. E quale modo migliore di affrontare argomenti così spinosi se non di petto? Ecco quindi al centro della serie una protagonista donna e di colore; per di più affiancata da un'altra attrice quasi settantenne ed un'altra vietnamita e quasi sconosciuta ai più. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe da una serie sui "supereroi", decisamente non quello che aveva fatto Snyder con il suo film superpatinato e supersexy. Film che, infatti, è stato bellamente e completamente ignorato ma anzi "sbugiardato" in più di un'occasione.

W1
La sequenza d'apertura del sesto episodio

Ma d'altronde non c'è troppo da stupirsi, il film di Snyder era chiaramente un tentativo (anche sufficientemente riuscito, a parere di chi scrive) di stampo filo-hollywoodiano di prendere un prodotto d'autore (e relativamente di nicchia) e trasformarlo in un blockbuster per il grande pubblico. Un pubblico del decennio scorso, peraltro. Il Watchmen HBO si rivolge ad un pubblico più maturo, meno vasto, e sicuramente più acculturato ed attento all'attualità. Lindelof si è quindi potuto permettere di trasformare il "padre degli eroi mascherati" del fumetto, Hooded Justice, in un uomo nero che deve truccarsi gli occhi di bianco; e così facendo non solo non ha snaturato l'opera di Moore, ma l'ha aggiornata, ha rafforzato il suo messaggio e ha reso il tutto più attuale e più vero.

Watchmen 1X06 La Recensione X352V5L
William Reeves allo specchio

Perché a fare paura oggi non sono più i missili nucleari nemici, e nemmeno le possibili invasioni aliene, ma le guerre che ci facciamo noi dall'interno: i suprematisti bianchi, coloro che sinceramente credono che sia "difficile essere bianchi oggi in America", che le forze dell'ordine debbano essere mascherate per la loro salvaguardia e che sono pronti a travisare per i propri interessi ogni messaggio (vedi Rorschach), questi sì che sono davvero pericolosi, molto più di qualsiasi tentacolo proveniente da un'altra dimensione. E in quest'ottica, provocazione per provocazione, anche quel Dio blu, quel simbolo che aveva reso immortale e indimenticabile il fumetto, può diventare un Dio nero.

Watchmen Banner 768X384
L'inquietante messaggio del Settimo Reggimento

Lindelof come il Dottor Manhattan, orologiaio e Dio

Watchmen S1E8 Dr Manhattan In Mask
La prima apparizione del Dottor Manhattan

E veniamo quindi al cuore di tutto Watchmen, tanto il fumetto quanto, un po' a sorpresa, la serie. A sorpresa perché in pochi effettivamente si aspettavano che Jon Osterman potesse avere un ruolo così centrale anche nello show HBO. Certo, fin dall'inizio la sua presenza, quasi palpabile nell'aria e nello spazio, era comunque percepita dagli spettatori/lettori più attenti, ma i più ottimisti si sarebbero comunque accontentati anche di una breve comparsata. E invece no, Dottor Manhattan è stato con noi fin dal primo episodio, semplicemente non lo sapevamo ancora.

Ma avremmo dovuto intuirlo chiaramente già dalla bellissima lettera di scuse preventive di Lindelof ai fan del fumetto, quella in cui, con uno stile non troppo dissimile proprio dal personaggio di Moore, raccontava di come Watchmen fosse parte del suo presente, del suo passato e del suo futuro. La stessa in cui rassicurava i lettori del fumetto che il suo Watchmen non sarebbe stato un sequel, ma un "remix". E mentiva, ora lo sappiamo bene, perché un sequel lo è a tutti gli effetti.

Watchmen S1E05 God Walks Into A Bar 1500X1000
Una scena di A God Walks Into Abar

O forse no, perché se partiamo anche noi dal presupposto che "il tempo è simultaneo", allora è vero, il concetto di sequel non esiste e questi due Watchmen esistono contemporaneamente, e sono indiscutibilmente connessi e imprescindibili. Ed è proprio qui che emergono tutto il coraggio e la (pazza) ambizione tanto di Lidelof che della HBO: nel voler solo apparentemente prendere le distanze da un'opera così importante e intoccabile, ma in realtà fare propria ogni singola frase, ogni filosofia, ogni concetto del fumetto. Come l'orologiaio che era Osterman molto prima di diventare Dottor Manhattan, anche Lindelof guarda con attenzione tutti i pezzi e crea qualcosa che funziona alla perfezione ma che solo lui era in grado di vedere con lucidità. Il risultato finale è superbo, unico, ma se ci fosse stato spiegato fin dall'inizio, nessuno di noi gli avrebbe creduto o gli avrebbe dato alcuna fiducia. Viene anzi da chiedersi come abbia fatto la HBO a prendersi questo enorme rischio, a vedere in uno come Lindelof (che, per carità, aveva lavorato benissimo già con The Leftovers, ma qui la posta era di tutt'altro livello) la persona giusta per intraprendere questa vera e propria follia.

W2
Sister Night dopo aver ingerito le pillole di Nostalgia

Fin dal soggetto, il lavoro fatto sull'universo di Watchmen - sui personaggi vecchi e nuovi, sull'intrecciarsi di relazioni e motivazioni - è sensazionale. La messa in scena, l'abbiamo già detto in occasione di alcuni degli episodi più belli, è altrettanto stupefacente, per il suo essere elegantissima e funzionale al tempo stesso. Ma niente stupisce quanto la scrittura vera e propria dell'ottavo episodio, perché sentir parlare Dottor Manhattan esattamente come nel fumetto 30 anni prima, rivedere in lui le stesse dinamiche che conoscevamo da semplici lettori del fumetto, è una cosa che finora non aveva mai avuto eguali nel mondo dell'intrattenimento audiovisivo. Ed è, ancora una volta, quello che invece dovrebbe essere la norma in un'epoca di sequel/reboot/remake tutti uguali, tutti senza coraggio, tutti volti sempre e solo a coccolare i fan di vecchia data con l'arma della nostalgia e ad avvicinare le nuove generazioni con personaggi alla moda. Watchmen non fa nulla di tutto questo, ma fa quello che spetterebbe ad ogni (grande) autore: far rivivere i personaggi, ampliare l'universo in cui si trovano e soprattutto adattarli al mondo di oggi. Perché i grandi personaggi non muoiono e non vengono dimenticati, sono sempre presenti nella testa e nel cuore di chi li ha vissuti. Lindelof, come un Dio, ha semplicemente dato loro una nuova forma e una nuova vita.

'Ho fatto la cosa giusta, vero? Ha funzionato, alla fine'

44
Adrian Veidt sotto processo

Per tutti questi motivi, quindi, secondo noi è più che lecito sbilanciarsi e ammettere che la serie di Watchmen non è solo un capolavoro, ma una delle opere più importanti di questo decennio. Forse l'unica che è riuscita a trovare il giusto e perfetto equilibrio tra le arti più rappresentative e amate della nostra epoca. Certo, manca ancora il finale, quello in cui ogni domanda dovrà avere risposta, ogni tassello e ogni elemento trovare il loro posto: qui Lindelof si giocherà un'altra importante partita, quella contro se stesso e la pesante eredità di quel Lost, che tutto era tranne che un perfetto meccanismo. Ma non abbiate dubbi, il risultato questa volta sarà diverso e, se pure non metterà d'accordo tutti, nessuno avrà poi troppo da ridire.

3
La maschera del Dottor Manhattan

Questo perché dieci anni fa Lindelof l'orologiaio ancora non esisteva; nel frattempo è andato a lezione dai migliori. Oggi, ne siamo sicuri, a chi gli chiede del finale, risponderebbe citando direttamente Alan Moore: "Alla fine? Niente finisce, Adrian. Niente ha mai fine". In questi anni, Lindelof è diventato anch'egli un narratore superbo e un vero e proprio gigante: come Dottor Manhattan, come la HBO, come Moore stesso. Tanto che - nonostante quel che possano pensare i giurati dei Golden Globes che l'hanno completamente snobbata - la sua serie fa sembrare tutte le altre, al confronto, piccole e insignificanti. Qualsiasi cosa ci aspetterà nel prossimo decennio, sia in termini di serie che di film, dovrà necessariamente fare i conti con questo Watchmen e la sua sfrenata ambizione.