Apriamo questa recensione di Watchmen 1x05 con una metafora azzardata. Inizialmente era una sensazione, poi una possibilità, adesso è diventata una certezza assoluta. Dopo cinque episodi della serie tv possiamo assicuravi che Watchmen è molto più di una semplice serie tv ispirata a un fumetto cult. Arrivati al giro di boa verso il finale di stagione, mettiamo la mano sul fuoco nel dirvi che quella di Damon Lindelof è una vera e propria operazione chirurgica.
Delicata, difficilissima, studiata al millimetro. Lindelof ha trapiantato il cuore di una vecchia storia dentro un corpo nuovo. E l'organo funziona alla grande, l'apparato non fa una piega. Lo ribadisce a gran voce questo meraviglioso Little Fear of Lightning, episodio che connette alla perfezione passato, presente e futuro di Watchmen. Un episodio "monografico", tutto dedicato alla decadente e solitaria figura del vigilante mascherato Specchio. Un episodio capace di essere sia intimo che collettivo, di scavare sia nel trauma di un uomo segnato a vita che nelle enormi cicatrici sulla pelle degli Stati Uniti d'America. Ed è proprio il trauma il vero protagonista della puntata, o meglio, della serie intera. Perché niente lega passato e presente meglio del trauma. Un perfetto collante tra ieri e oggi, un mastice in grado di tenere ben saldo quello che siamo con quello che siamo stati. E non è un caso che Little Fear of Lightning si apra nel cuore del trauma. Torniamo, finalmente, in quel fatidico 2 novembre del 1985 in cui un'enorme creatura tentacolare si manifestò nel cielo plumbeo di New York.
Un evento catastrofico, surreale e straniante, che vediamo per la prima volta tradotto sullo schermo, perché dieci anni fa Zack Snyder decise di farne a meno (più o meno saggiamente, a seconda delle scuole di pensiero). Lindelof, invece, non ha paura di confrontarsi con il gigantesco Alan Moore, e affronta di petto la sua imponente piovra.
Watchmen 1x04, la recensione: dietro le maschere del dolore
La trama: tutte le schegge dello specchio
Apocalisse collettiva e privata. Tragedia di tutti e di uno. Little Fear of Lightning si apre spiegando la psicologia di un uomo mentre, nel frattempo, mette in scena il grande spettacolo di morte orchestrato da Adrian Veidt. L'enorme male minore, il compromesso necessario per salvare il mondo dall'olocausto nucleare, l'esplosione psichica che uccise milioni di persone per salvarne miliardi. Uno shock devastante, che ha generato conseguenze indelebili nella psiche dei sopravvissuti. Tra loro c'è Wade Tillman, diventato Specchio per provare a convivere con le schegge di quel giorno allucinante. Attraverso la sua (non) elaborazione del trauma, Watchmen costruisce così una origin story che in un'ora riesce a raccontarci la genesi di un vigilante spezzato, rinchiuso nelle sue paranoie e nel perenne timore che quel maledetto calamaro possa tornare sulle nostre teste. Grazie all'eccezionale intensità di Tim Blake Nelson, capace di recitare anche con un movimento del capo quando indossa la sua maschera riflettente, Specchio si aggira per Tulsa come un'anima in pena. Mentre i media, la politica e il Sistema fanno finta di niente, provando a cancellare la vecchia paura con armi di distrazione di massa, Wade da quel buco nero non riesce a uscirne.
Wade è sempre all'erta, sempre pronto a proteggersi da un nemico presente anche quando è invisibile. Col senno di poi è incredibile notare quanto Moore sia stato profetico nel prevedere la grande ferita nel cuore d'America (e dell'Occidente). Perché è davvero impossibile non pensare all'11 settembre davanti a quel grosso calamaro che ha prima ucciso e poi traumatizzato tante persone. Un'attualità sconcertante che Watchmen mette a nudo con spietata sincerità quando ci racconta la sua distopia brutalmente attuale: razzismo, diffidenza nel prossimo, la rabbia che funge da collante sociale, il fallimento delle istituzioni. Tutte cose che fanno venir voglia di chiuderti in un bunker e nasconderti dietro una maschera riflettente.
Il dolore è verità
Abbiamo parlato di trapianto. Di cuori presi dal passato e innestati dentro corpi nuovi. Bene, in questo senso il personaggio di Specchio è emblematico, perché sembra che Lindelof abbia installato dentro di lui lo stesso spirito disincantato e tormentato di Rorschach. Gli indizi sull'evidente somiglianza tra i due si sprecano. Prima di tutto l'aspetto: Specchio e Rorschach sono due detective solitari, che si aggirano dentro ambienti squallidi, e indossano una maschera nel quale chi li guarda vedrà sempre qualcosa di diverso. Dalle macchie di Rorschach ai riflessi, il passo è breve. E poi il loro carattere schivo, il loro pragmatismo, il loro rapporto con la verità. Rorschach è morto per difendere la verità, perché non è sceso a compromessi per difendere la grande menzogna dietro il sadico piano di Ozymandias. Allo stesso modo Specchio dice sempre quello che pensa, ha fiuto per le bugie e (quasi per contrappasso) sarà proprio lui a guardare in faccia la grande verità nascosta per decenni agli occhi del mondo.
Con un cambio di prospettiva brusco ma efficace sul Settimo Cavalleria, Watchmen ci ricorda quanto "verità" faccia spesso rima con "dolore". Come fossero tanti Morpheus con pillole rosse e blu messe davanti a Neo, ecco che il gruppo di fanatici mette Specchio davanti allo specchio, mostrandogli un video in cui Ozymandias svela per filo e per segno la sua grande manipolazione collettiva. Quel nefasto 2 novembre diventa così un nuovo punto zero da cui ripartire, per reagire e scoprire finalmente chi siano davvero i buoni e i cattivi in quel di Tulsa. E mentre le assurde stramberie di Veidt hanno finalmente trovato un senso, capiamo che quel calamaro gigante è diventato il vero olocausto della distopia watchmaniana. Lo capiamo dal fatto che nell'ucronia di Lindelof le bambine con i cappottini rossi dei film di Spielberg non si aggirano tra gendarmi nazisti ma tra grossi tentacoli. Un modo elegante ed emblematico per riscrivere la storia. Tanto di cappello (e di maschere riflettenti) per Damon Lindelof. Colui che non ha avuto paura di affrontare i giganti.
Conclusioni
In questa recensione di Watchmen 1x05 ci siamo lasciati andare. E siamo certi che il nostro irrefrenabile entusiasmo non sia affatto infondato ed eccessivo. Anzi. Giunti al giro di boa verso il finale di stagione, Little Fear of Lightning ha confermato l'eccelso lavoro di Lindelof e soci, capaci di rievocare la ricca mitologia di Watchmen per inserirla dentro un immaginario nuovo, coerente col passato, ma mai vittima della nostalgia. Un episodio sia intimo che collettivo, che racconta alla perfezione il personaggio di Specchio e tutte le schegge di un vecchio trauma mai dimenticato.
Perché ci piace
- La capacità di delineare alla perfezione le origini di un personaggio problematico e affascinante come Specchio.
- Il legame sottile che unisce Specchio e il compianto Rorschach.
- La consapevolezza con cui Lindelof inserisce la mitologia di Watchmen dentro la sua nuova storia.
- La citazione di Schindler's List è da applausi.
Cosa non va
- Mancano solo 4 episodi alla fine. E siamo certi che Watchmen ci mancherà.