La prima cosa che salta all'occhio del film di Giorgio Diritti su Ligabue è la prova da trasformista vero di Elio Germano, ma in questa recensione di Volevo nascondermi cercheremo di spiegare come e quanto non sia l'unico elemento degno di nota di questo progetto italiano in concorso a Berlino 2020, dove ha vinto il premio per il miglior attore, e inizialmente previsto nelle sale a fine febbraio.
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Antonio Ligabue,l'odissea di un esule
Volevo nascondermi racconta la storia di Antonio Ligabue, emigrante italiano in Germania, adottato da una coppia di Svizzeri dopo la morte della madre e poi mandato contro la sua volontà in Italia a causa delle sue fragilità, fisiche e psichiche. La nuova destinazione mette alla prova Toni, che vive per anni al freddo e in povertà lungo le rive del Po, senza una dimora fissa e con lavoretti occasionali e mal pagati. Una sola la certezza: la passione per la pittura, incoraggiata dall'incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati, che poco per volta crea i presupposti per la sua affermazione personale e lo renderà l'artista che tutti conosciamo e apprezziamo.
La trasformazione di Elio Germano
Basta guardare alcune immagini di Volevo nascondermi per rendersi conto del lavoro fatto da e su Elio Germano per realizzare la sua trasformazione in Antonio Ligabue. Incredibile nel trucco prostetico che accompagna le diverse fasi della vita dell'artista che vengono messe in scena, ma sarebbe vuoto e inutile se non supportato dalla prova d'attore di Germano, che si rifà alle poche testimonianze esistenti del pittore, creando però una propria versione del personaggio. Il suo è un lavoro incredibile, basato sulla mimica, la postura e quel linguaggio stentato che testimonia l'incapacità di comunicare con il contesto in cui si è ritrovato a vivere. Una prova resa ancora più complessa dall'aver dovuto tratteggiare il personaggio di Ligabue in momenti diversi della sua sofferta vita.
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La pittura e il racconto
Giorgio Diritti e la sceneggiatrice Tania Pedroni scelgono, infatti, di raccontarci momenti diversi della vita di Ligabue, affidandosi a una struttura narrativa non lineare, saltando avanti e indietro nella travagliata esistenza dell'artista. Un racconto supportato da un interessante lavoro sulla fotografia, che evoca i toni dei quadri del pittore, e soprattutto sul linguaggio: la scelta del dialetto amplifica la sensazione di estraneità di Toni rispetto al contesto in cui si è ritrovato a vivere, quella difficoltà nella comunicazione che ha forzato il suo isolamento.
Volevo nascondermi non è un film perfetto, qui e lì soffre di una leggera freddezza, ma è coraggioso e ambizioso nel voler raccontare Antonio Ligabue in ogni suo aspetto, anche quelli più cupi e autentici. Un obiettivo che raggiunge con una scrittura intelligente e la grande prova del suo protagonista.
Conclusioni
Non possiamo non ribadire gli elogi per Elio Germano, vincitore come miglior attore a Berlino 2020, in chiusura di questa recensione di Volevo nascondermi. Non è però l'unico pregio, seppur sicuramente il più evidente, di un film che racconta con compimento la travagliata esistenza di Antonio Ligabue, ma non riesce a evitare una certa freddezza che in qualche lo penalizza, impedendo il totale coinvolgimento dello spettatore.
Perché ci piace
- L’interpretazione di Elio Germano, che diventa Antonio Ligabue.
- Il trucco e il lavoro sulle acconciature che supportano la prova dell’attore.
- La costruzione del film, dalla fotografia che evoca l’opera del pittore al linguaggio usato.
Cosa non va
- Una certa freddezza che emerge a tratti, forse anche a causa del racconto non lineare, non riuscendo a coinvolgere completamente lo spettatore.