Il partenopeo Vincenzo Salemme torna al cinema col suo settimo film da regista, nel quale fa incrociare ben tre diverse comicità: napoletana, toscana e romana. Nel suo SMS - Sotto mentite spoglie si riflette sul tradimento che rischia di mettere in crisi i matrimoni delle famiglie borghesi, ma che finisce invece col ravvivarli. Perché per Salemme, regista, sceneggiatore e interprete del film, il tradimento non è poi una cosa così grave, come ci rivela in conferenza stampa. Alla presentazione della sua nuova commedia ci sono anche gli altri protagonisti: Giorgio Panariello, Lucrezia Lante Della Rovere, Luisa Ranieri ed Enrico Brignano.
Vincenzo Salemme, com'è nata l'idea del film?
Vincenzo Salemme: Stavo scrivendo un SMS ad una persona, ma ho rischiato di mandarlo accidentalmente ad un'altra e sarebbe successo il patatrac. Così è nata l'idea di farci un film e mi sono messo a scrivere la sceneggiatura insieme ad Ugo Chiti.
SMS rappresenta un desiderio di riflettere sull'impulso irrefrenabile a tradire?
Vincenzo Salemme: Quando sei ragazzo pensi sempre che tutto possa durare per sempre, poi l'età ti ruba questa utopia. Non sono scandalizzato dai tradimenti, che a volte aiutano i matrimoni, anche se penso che ci sia modo e modo di tradire. Tradire è un verbo molto largo. Per me il tradimento è l'abbandono. Io credo nel detto "occhio non vede, cuore non duole". Se non pugnali alle spalle una persona per me non è tradimento. Cosa c'è di così drammatico nel vedere una che mi piace e andarci a letto? Se succedesse a me di essere tradito starei certo male, ma capirei. L'occasione fa l'uomo ladro. Il desiderio irrefrenabile di un momento non è una cosa da demonizzare.
Cosa ci dice di queste diverse comicità che si incrociano nel suo film?
Vincenzo Salemme: La comicità toscana è più sarcastica, aggressiva, mentre quella napoletana è più malinconica. A Napoli fa ridere il vittimismo, a Firenze la cattiveria. E poi c'è anche la comicità romana che è più simile a quella toscana, piena di battute fulminanti. Per me questo film è stata un'esperienza tesa a scavalcare i confini della comicità napoletana provando a fare qualcosa che arrivasse anche a chi non è di Napoli.
Il modello di riferimento è il Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni?
Vincenzo Salemme: Potrebbe sembrare, ma Non ci resta che piangere era un film fondato sulla coppia, con tante gag, mentre il mio è un film corale, con più personaggi.
La sua si potrebbe definire una classica commedia all'italiana?
Vincenzo Salemme: La commedia è il genere in cui noi italiani siamo più versatili. Anche i film del Neorealismo erano commedie. A volte si pensa che la commedia sia un genere minore, ma io penso invece che andrebbe rivalutato.
Come mai, secondo lei, la commedia italiana spesso ha tratto spunto dalla miseria dei suoi protagonisti, mentre oggi si tende a personaggi appartenenti ad una classe più agiata, come nel caso di SMS - sotto mentite spoglie?
Vincenzo Salemme: Ho scelto come protagonisti del mio film gente agiata perché il film parla di tradimenti, di matrimoni che finiscono e di quarantenni che non vogliono crescere e questi sono tutti argomenti che appartengono ad una classe borghese.
Enrico Brignano: Io credo che la poetica della povertà delle commedie dei tempi andati prevedeva una povertà in denaro, ma una grande ricchezza di sentimenti. Raccontare la povertà oggi è triste, perché la povertà a colori fa schifo. Oggi certi personaggi che abbiamo visto nei film del passato non ci sarebbero mai. Qui raccontiamo le vicissitudini della società borghese che ha solo da perdere, mentre un povero che non ha niente cosa può perdere ulteriormente?
Com'è stato per lei lavorare per la prima volta con attori diversi da quelli della sua compagnia? Ha scritto pensando appositamente agli attori coi quali poi ha realizzato il film?
Vincenzo Salemme: Non ho pensato agli attori durante la fase di sceneggiatura, anche perché è stato un errore che ho fatto in passato e non voglio più commettere. Credo che il cinema sia l'arte del naturale, mentre il teatro quella dell'artificio. Il cinema deve dare il massimo della naturalezza perché altrimenti non funziona, mentre in teatro si crea un rapporto diverso tra il pubblico e gli attori in carne ed ossa che recitano sul palco. Avevo paura a lavorare con altri attori al di fuori della mia compagnia, ma per me è stata un'esperienza importante uscire dal mio particulare.
Come ha scelto gli attori?
Vincenzo Salemme: Non li ho scelti per appartenenza geografica, ma per stima. Giorgio per me è un attore vero e perciò l'ho voluto subito con me. Poi amo molto gli attori di teatro perché per me se un attore non ha fatto teatro gli mancherà sempre qualcosa. Per questo ho scelto Enrico Brignano, perché per me è un numero uno a teatro e ha una faccia che parla da sola. E sono molto soddisfatto anche di Lucrezia Lante Della Rovere e di Luisa Ranieri. Nel genere comico le donne difficilmente funzionano, ma in questo caso le attrici hanno fatto un lavoro straordinario anche perché sono due donne completamente diverse l'una dall'altra. Come tutte le attrici sono però molto fragili. Un attore è come un bambino che ha bisogno di essere rassicurato. Nessuna delle due in realtà è come sembra: Luisa è mediterranea, ma un carattere scandinavo, mentre Lucrezia, che sembra una scandinava, a tavola si scatena come un camionista.
E poi c'è il maggiordomo di colore.
Vincenzo Salemme: Ho tentato di far interpretare quel ruolo al signore che lavora da me perché è da lui che ho preso ispirazione per il personaggio, uno che dice di aver capito ma in realtà non ha capito niente. Gli ho fatto il provino ma non sapeva recitare e così, dopo un centinaio di provini, ho trovato il bravissimo Asoka Devamunige, anch'egli dello Sri Lanka.
Nel film c'è una scena che deve molto a teatro, quella allucinogena dell'anniversario dei 18 anni di matrimonio dei protagonisti. Com'è nata?
Vincenzo Salemme: E' stata inventata in corso d'opera e i truccatori si sono divertiti molto a realizzare trucchi e maschere che sicuramente sono d'ispirazione teatrale e perciò per me è stato molto romantico.
Com'è nata la collaborazione con Lucio Dalla che ha firmato le musiche del film?
Vincenzo Salemme: E' nato tutto per caso. Un giorno siamo stati insieme alla trasmissione di Raiuno, I raccomandati, e gli ho chiesto se gli interessava fare la colonna sonora del mio nuovo film. Lui è stato subito entusiasta dell'idea e ha fatto, secondo me, un lavoro straordinario.
E Giorgio Panariello ha mai sbagliato a spedire un sms?
Giorgio Panariello: Una volta mi è capitato di mandare un SMS destinato ad una mia amica, alla quale chiedevo un appuntamento, ad un onorevole che mi ha risposto "spero tu stia scherzando". Il 70% delle coppie si lascia per queste cose.
Com'è stato prendere parte al film?
Giorgio Panariello: Il progetto mi interessava perché mi piaceva l'idea di lavorare con un attore napoletano. Provo una grande stima per Vincenzo e ci dicevamo da tempo che dovevamo fare qualcosa insieme. Era dai tempi di Benigni e Troisi che non si rendevano compatibili comicità toscana e napoletana. Alla fine lui mi ha offerto il ruolo giusto e a me è piaciuto interpretarlo. Di solito faccio un personaggio sentendolo nella pancia. Bisogna dare al proprio personaggio l'anima, altrimenti rischi di fare una cosa finta. I registi coi quali ho lavorato sono riusciti a mettere qualcosa di me nel personaggio e viceversa e perciò le cose hanno funzionato.
Tornerà mai a fare il regista?
Giorgio Panariello: C'è stato un periodo dopo Il ciclone di Pieraccioni in cui si credeva che qualunque comico toscano potesse fare il regista dei suoi film. Io ci ho provato e ne ho fatti due: il primo, Bagnomaria, è andato piuttosto bene, mentre il secondo, Al momento giusto, è stato un fiasco. Per far funzionare un film devi essere un vero regista e perciò credo proprio che non lo farò mai più, ma mi limiterò a fare l'attore.
E la televisione?
Giorgio Panariello: D'ora in poi me ne starò molto lontano dalla televisione. L'ho fatta per tanto tempo ed è stato faticosissimo per tanti motivi, per esempio per il ritmo e il morale da tenere sempre alti. Ci dev'essere una sorta di leggerezza in queste cose, ma quando cominci a preoccuparti di ciò che fai in te si rompe qualcosa ed è quello che è successo a me. Adesso cercherò il pubblico altrove, per esempio a teatro o al cinema.
E le due attrici cosa pensando di quest'esperienza?
Lucrezia Lante Della Rovere: I primi giorni sul set soffrivo perché pensavo che Vincenzo facesse morire dal ridere e io no. Avevo dentro di me la voglia di fare la spiritosa a tutti i costi, poi mi sono frenata perché ho capito che la mia comicità sarebbe venuta dal mio essere vera.
Luisa Ranieri: Quando Vincenzo mi ha chiamata per questo film ho pensato che quando lavori con i mestieranti della comicità devi soltanto fidarti ed io mi sono affidata completamente a loro e li ringrazio perché ho potuto cimentarmi in qualcosa di diverso da quello che faccio di solito.