Venezia chiude con le ragazze di Damsels in Distress

Whit Stillman sceglie la nuova musa del cinema indipendente Greta Gerwig per la sua commedia surreale; 'Amo fare piccoli film con budget limitati, perché ogni volta che si presenta un problema lo puoi risolvere con creatività'

Chiusura col sorriso per il Festival di Venezia su cui cala il sipario con la proiezione del nuovo film di Whit Stillman, Damsels in Distress, commedia leggera e a tratti surreale che riunisce alcuni tra i più quotati giovani attori di Hollywood; da Greta Gerwig, già compagna di scena di Ben Stiller in Lo stravagante mondo di Greenberg, ad Adam Brody, il Seth Cohen di The O.C., senza dimenticare Analeigh Tipton, modella e pattinatrice di figura che vedremo presto anche in Italia sul grande schermo nel cast di Crazy, Stupid, Love, tutti e tre presenti in sala stampa, naturalmente assieme al regista, per il rituale incontro con i giornalisti.
Ambientata nel college di Seven Oaks, la pellicola segue le vicende di Violet (la Gerwig) una ragazza alquanto problematica e bizzarra che assieme ad altre due sodali dedica la sua esistenza alla 'salvezza' dei coetanei in crisi depressiva, tantando di infondere loro il gusto e la passione per la danza e per altre stranissime attività, come annusare saponette alla ricerca del profumo 'interiore' perfetto. Nella missione coinvolge anche la matricola Lily (la Lipton), a sua volta alle prese con una vita sentimentale complicata. Così complicata da portarla a conoscere due ragazzi altrettanto sopra le righe, Fred (Brody), un fuoricorso che si spaccia per manager, e Xavier (Hugo Becker), un affascinante intellettuale dai gusti particolari in materia di religione.

Signor Stillman, il suo film si è ispirato a fatti reali, è realistica anche la descrizione del mondo del college?
Whit Stillman: Diciamo che la storia originale era incentrata su di un gruppo simile a quello che si vede nel film, e le dinamiche che mostriamo sono effettivamente reali nelle università americane, ma la versione che ne diamo noi è decisamente più stilizzata e idealizzata.
Greta Gerwig: Gli anni del college sono un periodo di 'autoinvenzione', si ha la possibilità di crearsi un'identità nuova, ma quello che fa Violet è un'attività agli estremi, quasi patologica. La sua passione nel voler cambiare il mondo è molto più simile allo zelo religioso di una Giovanna D'Arco. Non ho mai incontrato nessuno del genere al college.

Greta sei considerata una delle attrici più apprezzate del cinema indipendente americano. Hai portato anche sul set di questo film la tua esperienza con i cineasti indie?
Greta Gerwig: In un certo senso sì. Amo fare piccoli film con budget limitati, perché ogni volta che si presenta un problema lo puoi risolvere con creatività e anche in questo caso è stato possibile vivere l'ansia da set. Abbiamo improvvisato molto, recitando in maniera naturale. Lavorare con Whit è stato interessante, allineato ai miei principi e questo mi ha permesso di aggiungere qualcosa di mio.
Whit Stillman: Diciamo che in questo film abbiamo tentato di conciliare il cinema indipendente che si faceva negli anni '80 e '90 a quello di oggi.

Tra le cose che colpiscono dello script c'è l'attenzione maniacale al linguaggio dei protagonisti, estremamente forbito e anche molto costruito. Vi è mai sembrato di pronunciare battute lontane dalla vostra realtà di tutti i giorni?
Adam Brody: No, semplicemente perché l'idea del film non era quella di far parlare i personaggi come i ragazzini di oggi, anzi. Se possibile loro parlano quasi come degli anziani, utilizzando un linguaggio molto iperrealista, molto specifico.
Analeigh Tipton: Durante le prove Whit ci chiedeva sempre "Ma questa battuta la diresti davvero così?". La verità è che siamo riusciti a definire la realtà di questi personaggi grazie alle loro parole e ai dialoghi bellissimi.
Greta Gerwig: Non è stato facile per me intepretare il ruolo, ma Whit mi ha spinto ad interiorizzare il suo linguaggio e alla fine tutto è venuto naturale. A tutti i personaggi si abbina bene questo modo di parlare artificioso.

Adam, che giudizio ti sei fatto del mondo femminile che viene ritratto nel film?
Adam Brody: In realtà mi sono innamorato di tutti i personaggi, sia maschili che femminili, ho provato molta empatia verso di loro. Nella storia c'è profondo umorismo e non si opera mai una distinzione tra buoni e cattivi.

Signor Stillman, aveva intenzione di fare una critica al mondo universitario americano?
Whit Stillman: Non avevo alcuna intenzione di fare critiche, ma se il pubblico intende sottolinearne questo aspetto per me andrà bene ugualmente. Qualcuno se l'è anche presa perché nel film attacco il sistema delle confraternite, ma non è affatto vero. Penso invece che a differenza di quando la frequentavo io l'università sia nettamente migliorata. Adesso tutti hanno la possibilità di studiare, una novità che io giudico positivamente. Io ho frequentato Harvard e devo dire che l'esperienza è stata formativa e deprimente allo stesso tempo.

Il musical finale le è stato ispirato da qualcosa in particolare?
Whit Stillman: Dai film degli anni '30, quelli con Fred Astaire. Uno in particolare, Una magnifica avventura. Non è certamente un capolavoro, ma c'è una sequenza bellissima che mi ha ispirato.