Recensione Valhalla Rising (2009)

Un'avventura ai confini del mondo che va oltre il tempo e lo spazio, povera di dialoghi, approntata su uno stile simil-documentaristico ed immersa in scenari che tolgono il fiato e che conferiscono al film il fascino epico delle mitiche avventure vichinghe.

Vendetta e redenzione di un guerriero

Dopo anni di prigionia e di schiavitù trascorsi nelle grinfie di un capo tribù di cacciatori di teste scandinavo di nome Barde, il guerriero muto Harald, soprannominato One-Eye per la menomazione che gli ha causato la perdita di un occhio, riesce grazie al suo piccolo amico Are a liberarsi dalla gabbia in cui lo tengono rinchiuso e a sfogare contro i suoi aguzzini l'odio covato e la sua straordinaria forza fisica. Dopo aver portato a termine la sua vendetta personale si unisce insieme al suo giovane amico ad una banda di crociati vichinghi che con la loro nave stanno lasciando quelle terre flagellate da tensioni religiose per recarsi in Terra Santa. Un viaggio alla scoperta della libertà e delle sue origini per Harald e Are, un'esperienza straniante ai confini della realtà, un'odissea del corpo e della mente di quaranta giorni nell'oscurità flagellata dalla fame e dagli stenti, oscurata da una nebbia fittissima e cullata da acque troppo calme per essere vere. Sfiorando più volte la morte per stenti e debolezza la spedizione giunge finalmente nelle acque dolci di un fiume e subito dopo approda sulla terra ferma. Una terra rigogliosa e incontaminata si staglia di fronte ai loro occhi ma non è la Terra Santa. Esiste realmente o è solo frutto della loro immaginazione? Hanno conquistato il nuovo mondo oppure sono arrivati nel luogo mitologico dell'Olimpo nordico popolato dalle anime dei guerrieri morti gloriosamente in battaglia chiamato Valhalla?
E' proprio nei meandri di quella natura, ospitale solo in apparenza, che il gruppetto di profughi viene attaccato dalla popolazione indigena, presenze invisibili nascoste tra la vegetazione che sferrano colpo su colpo mettendo fine all'incursione nemica. Messo di fronte ad una scelta difficile e dolorosa, Harald troverà finalmente la sua redenzione e capirà di non essere per natura l'uomo che tutti gli hanno sempre fatto credere di essere. Una presa di coscienza importante che egli pagherà però a caro prezzo...

Ispirato dagli eroi solitari e silenziosi degli Spaghetti Western e dai combattimenti tra samurai, il regista danese Nicolas Winding Refn ha scritto e diretto Valhalla Rising pensando ad un eroe protagonista che racchiudesse le caratteristiche di questi personaggi e che lo aiutasse a raccontare in modo epico e avventuroso la sua ossessione per l'ignoto e per la sublimazione della violenza, a suo dire una delle più importanti forme di espressione artistica che il cinema conosca.
Girato interamente in terra scozzese, Valhalla Rising è un film atipico nel suo genere, spirituale ed introspettivo e molto poco d'azione, girato in rigoroso ordine cronologico, come da rigido dogma del regista che ha dichiarato di riuscire in questo modo ad esplorare fino in fondo i personaggi e a permettere alla sua grande passione per il cinema di fare un tuffo in mondi sconosciuti e inesplorati.
Non il solito film sui vichinghi dunque, ma un viaggio sofferto ed allucinante di un uomo verso la salvezza e la redenzione, scandito da una colonna sonora martellante che amplifica il senso di smarrimento dello spettatore, inerme di fronte a lunghissimi silenzi, ad interminabili piani sequenza immersi nella nebbia, interrotti bruscamente da improvvisi sprazzi di inaudito furore.

Protagonista assoluto di questa co-produzione indipendente anglo-danese, che non vanta alcuna presenza hollywoodiana e non ricorre quasi mai all'aiuto della computer-grafica, Mads Mikkelsen, attore danese già apprezzato nel ruolo di Le Chiffre in Casino Royale e prossimo protagonista del remake di Clash of the Titans, perfetto nei panni di un implacabile guerriero errante in cerca di identità, muto e cieco ad un occhio ma nel corpo una vera furia della natura.

L'approccio scelto dal regista e sceneggiatore del violentissimo cult Pusher, che lo ha portato alla ribalta a soli 24 anni, è anche qui crudo e oltremodo brutale, potentemente realistico. Un'avventura ai confini del mondo che va oltre il tempo e lo spazio, povera di dialoghi, approntata su uno stile simil-documentaristico ed immersa in scenari che tolgono il fiato e che conferiscono al film il fascino epico delle mitiche avventure vichinghe.

Novanta minuti che sembrano tre ore per un non-action movie che offre tanti paesaggi ma poca adrenalina se escludiamo le poche scene di combattimento ottimamente realizzate ma tutte concentrate nei primi venti minuti e nel finale. Interessante sicuramente, ma non per tutti.

Movieplayer.it

2.0/5