Recensione Bambi e il grande principe della foresta (2006)

'Bambi II', a dispetto del titolo originale, non è un seguito del lungometraggio del 1942, ma un'estensione dello stesso: non c'è un'evoluzione della storia, ma un ampliamento di alcune situazioni.

Uno sguardo al passato per la Disney

Sono passati oltre sessant'anni dalla realizzazione di Bambi, un film che rappresenta molto per il mondo dell'animazione, sia dal punto di vista tecnico che artistico: con lo studio sugli animali per rendere il più realistico possibile le animazioni, la grande attenzione per la musica e soprattutto una storia ed una struttura narrativa matura, che non fosse solo una concessione al pubblico giovanissimo.
Cosa rimane di questo duplice valore in Bambi e il grande principe della foresta?
Poco, purtroppo, sia dal punto di vista dell'innovazione nel campo dell'animazione, che ormai ha raggiunto, anche grazie agli sforzi della Disney del passato, livelli di realismo e dettaglio notevoli, che dal punto di vista tematico, perchè il film risulta molto meno coraggioso e più favolistico, più orientato, insomma, ad un pubblico di bambini.

Bambi II, a dispetto del titolo originale, non è un seguito del lungometraggio del 1942, ma un'estensione dello stesso: non c'è un'evoluzione della storia (non ci sarebbe potuta essere per la sua compiutezza), ma un ampliamento di alcune situazioni, una in particolare, e cioè l'incontro di Bambi con padre, il saggio principe della foresta, e l'analisi del rapporto tra i due personaggi, con la sua evoluzione dal contrasto iniziale all'approvazione finale. Si potrebbero montare le sequenze di questo film nel precedente, per ottenere un film più lungo sulle avventure di Bambi.
In un periodo in cui i sequel abbondano ed i prequel si affermano, onore alla Disney per aver inventato il concetto di midquel.

Uno stratagemma per mascherare l'assoluta aridità di idee che il colosso americano ha dimostrato negli ultimi tempi? Forse.
Ma a dispetto di ciò, non possiamo sorvolare sugli aspetti positivi che comunque ci sono in questo lavoro di Brian Pimental (collaboratore disneyano in vari settori del processo produttivo sin dagli anni ottanta), e cioè una cura dell'animazione, del disegno dei fondali pittorici e delle musiche che strizzano l'occhio al classico del 42 e si mantengono al di sopra della media per tutta la (breve) durata il film.

Analizzati rapidamente i pro e i contro, lasciateci il tempo per un paio di domande/riflessioni: perchè far uscire direttamente in home video, come è accaduto in USA, un film che ha alle spalle quattro anni di lavorazione ed appare più solido, disneyano e natalizio del Chicken Little - Amici per le penne che ci è stato propinato di recente? Perchè abbandonare l'animazione tradizionale quando dal punto di vista puramente tecnico questo film dimostra l'assoluta padronanza del mezzo e la competitività nel settore?
Chi scrive non ha risposte, ma la convinzione che l'unica mossa giusta della Disney negli ultimi anni sia stata quella di acquistare la Pixar.

Movieplayer.it

3.0/5