Recensione Una bionda in carriera (2003)

"Come si può essere così felici senza aver azzerato una carta di credito? " (Elle Woods, Reese Whiterspoon).

Una giustizia biondo naturale

Non lasciatevi ingannare dal titolo: Una bionda in carriera non è altro che il seguito di La rivincita delle bionde, che negli Stati Uniti ha incassato nel 2001 quasi 100 milioni di dollari, pur essendone costati solo diciotto, lanciando la protagonista Reese Witherspoon (Tutta colpa dell'amore) nell'empireo delle giovani star hollywoodiane.

Il primo episodio di Legally Blonde, nel quale Elle Woods (Whiterspoon) diventa un brillante avvocato di Harvard beffando l'ex fidanzato che l'aveva piantata perché troppo "Marilyn", suggeriva che una bionda attenta alla moda, esperta di shopping e "filosofia del capello", non fosse necessariamente una stupida oca giuliva. E questo sequel cerca di ripetere la formula vincente: la determinata, trendy e ottimista Elle tenta nuovamente di farsi prendere sul serio, e nientemeno che a Washington.

Assunta in uno studio legale, e intenta nei preparativi per le nozze con il suo grande amore Emmett (Luke Wilson), Elle scopre che la madre del suo Chihuahua Bruiser è rinchiusa nel laboratorio di un'industria cosmetica - oltretutto cliente dello studio per cui lavora - che conduce esperimenti sugli animali. Facendosi portavoce della causa animalista, Elle viene licenziata in tronco ma, ben lontana dall'arrendersi, raggiunge la capitale del paese, dove può contare sulla conoscenza dell'Onorevole Victoria Rudd (Sally Field), ex studentessa di Harvard, e introdursi così nel suo staff in qualità di assistente legislativo.

La conquista del Congresso non si rivela un'impresa facile per Elle, ma la rampante avvocatessa - sorda ai pregiudizi che la vogliono una Barbie senza cervello - scardina, con la forza delle sue armi, le grigie stanze del potere, superando intrighi e compromessi politici,lottando strenuamente per far approvare la legge Bruiser contro i test sugli animali.
Una bionda in carriera è una commedia pop sgargiante nei colori e ironica nei toni, costruita appositamente sul talento di Reese Whiterspoon, sostenuta da tutta una serie di personaggi stravaganti, nuovi oppure già conosciuti dagli spettatori della prima pellicola: dalla strabordante parrucchiera Paulette (Jennifer Coolidge) al portiere Sid Post (Bob Newhart), un guru in legge ed economia; dal senatore repubblicano Stanford Marks (Bruce McGill), il cui cane si rivela di gusti omosessuali, alle amiche storiche di Elle, che improvvisano una sessione di ballo acrobatico nel Campidoglio (le scene in interni sono state girate invece in Illinois).
Insomma un film tanto improbabile nei suoi sviluppi narrativi quanto spensierato, votato allo scontato happy end, ma comunque divertente e senza pretese, il quale ribadisce la volontà di rovesciare la mitologia della bionda svampita e vulnerabile, che proprio la fabbrica dei sogni americana ha contribuito a creare nell'immaginario universale.

Una bionda in carriera, diretto da Charles Herman-Wurmfeld (regista di Kissing Jessica Stein), perde inevitabilmente la carica originale del primo episodio, ma diffonde - a colpi di metafore cosmetiche e griffate - un messaggio positivo: occorre sempre combattere per far valere le proprie ragioni e i propri valori. Un silenzio remissivo e colpevole può essere infatti tremendo quanto un taglio di capelli riuscito male.