Recensione Non c'è più niente da fare (2007)

Il film di Emanuele Barresi ci parla di una provincia spesso trascurata, di un mondo di piccoli artisti improvvisati, di attori passionali ma squattrinati, di un mondo dal lavoro precario e incerto, di affetti semplici e genuini.

Una favola moderna

Non c'è più niente da fare.
Titolo evocativo per il piccolo ed educato film di Emanuele Barresi. Ci parla di una provincia spesso trascurata, di un mondo di piccoli artisti improvvisati, di attori passionali ma squattrinati, di un mondo dal lavoro precario e incerto, di un'insicurezza sul futuro che getta un'ombra su tutto, di affetti semplici e genuini.

Quella che Barresi mette in scena è una favola contemporanea, che si pone come tale senza accampare troppe pretese, mettendo sul piatto meccanismi scenici e narrativi semplici e non artefatti.
Nello specifico ci troviamo nella Livorno odierna dove, tra problemi di denaro ed esistenze per lo più solitarie, una piccola e improvvisata compagnia teatrale cerca di mettere in piedi un riadattamento della Cavalleria Rusticana. I più classici problemi (per lo più sentimentali) tra i componenti della compagnia, ed un cinico ed esasperante proprietario dello stabile in cui recitano metteranno i bastoni tra le ruote alla combriccola prima dell'inevitabile happy-end.

Il cast, nel quale spiccano un ispirato Rocco Papaleo e Alba Rohrwacher, una delle migliori attrici italiane della nuova generazione, è ben assortito, e riesce egregiamente a reggere l'urto di uno script che rischia di cadere nel semplicistico, che presenta momenti poco felici, ma che tutto sommato scorre via piacevole, corroborato da una genuinità di fondo che rende garbato e simpatico l'insieme.
Partendo dal titolo (tratto da una canzone di Bobby Solo), il regista prova a porre il seme di un ulteriore piano di lettura, quello dell'ineluttabile muoversi del mondo verso una sostanziale aridità, un disincanto nei confronti di quelle piccole e semplici dinamiche che, fino a qualche tempo fa, costituivano il sale del mondo.

E ci fermiamo qui, non volendo sporcare una genuina fiaba costruita alla vecchia maniera con il tentativo, che pure Barresi, di parlare d'altro, di problemi sociali (lavoro) e valoriali (famiglia), punti nei quali il film mostra di più la corda.
Piccolo omaggio cinematografico al teatro, Non c'è più niente da fare è una pellicola che farà poca strada, avendo uno scarsissimo appeal distributivo, ma che, pur non potendo essere la sola espressione del cinema italiano contemporaneo, è quel che serve per indicare che una buona storia e una sincerità priva di ruffianeria sono gli ingredienti bastanti per realizzare un film godibile nella sua semplicità.