Il problema principale di Una di Famiglia - The Housemaid? Si prende troppo sul serio. Visto il tono, vista la struttura, visti i colori, una maggior leggerezza umorale avrebbe forse aiutato, tracciando un testo compiuto di sicuro impatto popolare. Perché non c'è dubbio, il film diretto da Paul Feig - ancora indeciso su cosa fare da grande - e basato sull'omonimo romanzo firmata da Freida McFadden punta - lecitamente - all'intrattenimento duro e puro. Ci riesce? Inaspettatamente, sì.
Una di Famiglia - The Housemaid: la trama del film
Scritto da Rebecca Sonneshine, il plot parte da uno spunto basico ma sempre efficace: ritrovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Lo sa bene Millie Calloway (Sydney Sweeney), che dorme in macchina e cerca disperatamente un lavoro. La svolta, per lei, arriva quando la ricca Nina Winchester (Amanda Seyfried) le offre un impiego come domestica.
La donna, disponibile e affabile, sembra vivere la vita perfetta: una casa gigantesca, un marito belloccio e amorevole, Andrew, (Brandon Sklenar), e una figlia (Indiana Elle), avuta però con un altro uomo. La situazione si ribalta (troppo) presto: Nina sembra essere borderline, viaggiando sui confini della schizofrenia. Dall'altra parte, Andrew, filtra un po' troppo con Millie, combattuta se cedere oppure no, con la paura di essere scoperta e, quindi, di perdere il lavoro. Tuttavia, senza rivelare altri dettagli, il quadretto è ancora più ingarbugliato di come sembra.
Tutto molto prevedibile
A tratti - ma solo brevi, ovvio - Una di famiglia - The Housemaid è addirittura trascinante. Sarà il cast - Amanda Seyfried sta diventando esponenzialmente sempre più brava, e Sydney Sweeney non ha certo bisogno di presentazioni -, sarà l'ammicco da classico thriller psicologico, ma a conti fatti il risultato finale, pur appesantito dalle oltre due ore di durata (un timing ingiustificabile, poco lucido, azzerando spesso la tensione), riesce a convincere.
Certo, il film di Feig va preso per quello che è, senza cercare quella virgola raffinata che, nonostante tutto, il regista prova goffamente ad aggiungere, risultando quindi forzato, e poco lucido nel suo essere un inconscio divertissement. Perché snaturare qualcosa di palesemente implausibile, spingendolo verso una credibilità che poco c'azzecca?
Sydney Sweeney e Amanda Seyfried, due garanzie
Si potrebbe poi parlare della scrittura. Non possiamo fare il raffronto con il romanzo, ma The Housemaid rompe la prima regola dei thriller: non fare nulla per evitare di essere minimamente imprevedibile. Anzi. Se diversi personaggi che popolano lo sfondo vengono spesso dimenticati (una su tutti: la figlioletta), anche lo spettatore più distratto, infatti, può intuire come il film andrà a finire, prevedendo svolte e - scusate il termine - colpi di scena.
Un dettaglio macroscopico, ma che riesce però a passare in secondo piano davanti al cacofonico e quindi irresistibile duetto tra Amanda Seyfried e Sydney Sweeney - e ci aggiungiamo pure Sklenar, spesso in scena con una bollente canotta bianca. Un featuring fuori scala, e allora capace di avvicinarsi al miglior cinema di genere, per quanto possibile. Ecco: il film in questione ricorda tanto quei thriller degli anni Novanta, eccessivi e ridondanti. Gli stessi che, a distanza di anni, sono diventati degli irrinunciabili guilty pleasure. Chissà se anche Una di famiglia farà la stessa fine (azzardiamo: no).
Conclusioni
Una di famiglia è intrattenimento allo stato puro. Niente di serio, eppure Feig, allungano il brodo per oltre due ore (perché?) tenta in tutti i modi di costruire la messa in scena seguendo un'eleganza fuori contesto. Tuttavia, la struttura da thriller lo avvicina al cinema pop, facendolo diventare una visione perfetta per il grande pubblico. Se la sceneggiatura è di una prevedibilità disarmante, Amanda Seyfried e Sydney Sweeney si confermano strepitose.
Perché ci piace
- Amanda Seyfried e Sydney Sweeney funzionano.
- Puro intrattenimento.
- Diverse scene azzeccate.
Cosa non va
- Dura troppo. Perché?
- Diversi personaggi, senza nessun senso.
- Feig cerca un'eleganza narrativa che risulta goffa.