Per favore, non fermatevi all'apparenza. Fermandosi al titolo, alla locandina e alla trama, Un uomo tranquillo, in uscita il 21 febbraio, potrebbe sembrare l'ennesimo film di quello che è ormai diventato un sottogenere del cinema d'azione e del revenge movie, quello in cui Liam Neeson è un padre che si vendica per ciò che è stato fatto a uno dei suoi figli. E invece non è affatto così. Leggete attentamente la recensione di Un uomo tranquillo e vi spiegheremo tutto.
La storia è in realtà abbastanza semplice: Neeson è Liam Coxman, un cittadino modello che lavora per ripulire le strade dalla copiosa neve che le ricopre, guidando uno spazzaneve, a Kehoe, località sciistica nel Colorado. Quando suo figlio viene trovato morto, ucciso da un boss della droga, Coxman decide di farsi giustizia da solo. E di iniziare un'escalation di violenza che coinvolgerà molte persone.
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Nuovi attori e un nuovo scenario per il remake di In ordine di sparizione
Detto così sembra davvero un film già visto. Ma siamo in tutt'altri territori, e non stiamo certo parlando degli splendidi e ostili paesaggi innevati che riempiono ogni scena. Prodotto in America, Un uomo tranquillo in realtà è un film che arriva da molto lontano, dalla Norvegia, dove è nato In ordine di sparizione, scritto da Kim Fupz Aakeson e diretto dallo stesso Hans Petter Moland che ha curato la regia di questo film, che è il remake americano. Moland ha interpretato il suo film, che nella nuova versione è scritto da Frank Baldwin, come se stesse riportando in scena una piece teatrale norvegese in una cornice come quella di Broadway: con nuovi attori e un nuovo scenario, e con lo stesso spirito. È un po' quello che aveva fatto Michael Haneke con il suo Funny Games qualche anno fa.
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Mi manda Billy Wilder
Ed è proprio questo spirito di aderenza all'originale che fa di Un uomo tranquillo qualcosa di nuovo, sorprendente, e diverso da quello che avevamo visto finora nei film di questo genere. la trama del film di Moland è caratterizzato da un eccezionale mix tra noir e ironia: qualcosa che avevamo visto in Tarantino e nei Fratelli Coen, e che ha sempre funzionato alla grande. Ma qui è qualcosa di ancora diverso. Perché è uno humour più freddo, più cinico, tagliente, da risata a denti stretti. È una risata sprezzante, beffarda. E il contrasto con la tragedia è ancora più netto perché, se in un film di Tarantino abbiamo personaggi più che persone, e le storie sembrano vivere in un mondo a sé - come quello di un romanzo pulp, o un fumetto, o un film di genere - qui storie e personaggi ci sembrano più reali, e calate nel nostro mondo. Il dolore per la morte di un figlio è reale e sconvolgente. E lo humour che si mescola al drammatico non è dichiarato dall'inizio, ma è un elemento che entra in scena man mano che il film procede. È come se si volesse far pensare allo spettatore di trovarsi in un film classico per poi spiazzarlo e portarlo in qualcosa di nuovo, se si volessero enunciare, e seguire, le regole del genere per poi sconfessarlo. Moland è norvegese, ma ama i film di Billy Wilder, la loro oscurità e il loro umorismo macabro, e l'equilibrio tra le due cose. Un film americano girato da un norvegese che ama un certo cinema americano, ma fatto da un europeo: capite che la cosa è interessante?
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Il protagonista Liam Neeson e il dolore reale
Il film è contraddistinto, invece che da una classica suddivisione in capitoli, da una serie di scritte, su schermo a nero, in cui una croce latina o una stella di David, o altri simboli, accompagnano un nome e ci confermano la morte delle persone, come una sorta di necrologio. L'espediente è usato prima in un modo che ci sembra solenne, tragico, poi, man mano, diventa il leitmotif del film, con esiti spesso divertenti. L'ironia, in un film come Un uomo tranquillo, è fondamentale; serve a stemperare il dolore. Che, nel protagonista, resta sempre presente: Liam Neeson, il volto sempre più spigoloso, scolpito nella pietra, ha probabilmente trovato il dolore del suo personaggio nelle recenti tragedie, come la morte della moglie, dopo un incidente sugli sci, e la scomparsa del nipote in seguito a una caduta. Mentre tutto intorno a lui si muove tra beffa e violenza, Neeson rimane fermo, rude, dolente. Nei suoi gesti, nei suoi sforzi, si sente tutta la fatica di uccidere: qui l'atto di togliere la vita non è facile come in certi film fumetto o videogame. Accanto a lui spiccano altri personaggi: Tom Bateman, villain elegante e bello quanto spietato, e le figure femminili - Laura Dern, Emmy Rossum e Julia Jones - che non si piegano mai alle logiche degli uomini e a loro mondo.
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Una sbornia cinematografica
Ma è anche da altri particolari che si giudicano un regista e uno sceneggiatore. Ad esempio, da quel cigolio della lettiga nell'obitorio, che crea straniamento prima di un momento straziante, quello del riconoscimento del corpo esanime di un figlio. O da quel cimitero completamente innevato un paesaggio stato d'animo con la neve battente, in cui poche, minuscole punte nere, le lapidi, sbucano in mezzo al bianco. O ancora, da quel rosso sangue che spruzza un altro bianco, quello di un negozio di abiti da sposa. Michael Shamberg, il produttore di Un uomo tranquillo, aveva già prodotto Pulp Fiction, Out Of Sight e Get Shorty, storie noir, romanzi criminali con una dose di ironia, e ha visto giusto nel portare al cinema questa storia. Ma ha anche trovato qualcosa di completamente diverso da quei film. Abbiamo sempre definito il cinema scandinavo come qualcosa di allucinato e straniante, come una sbornia in pieno giorno. Un uomo tranquillo è una sbornia da punch: alcolico, stordente e gustoso.
Movieplayer.it
3.5/5