Un Natale a casa Croce, la recensione: il ritratto umano del filosofo secondo Pupi Avati

Il regista bolognese firma un documentario dedicato alla figura dello scrittore e senatore partendo da un pranzo di famiglia del Natale del 1951 per ripercorrere le tappe più significative della sua vita. Al Torino Film Festival.

Un'immagine di Un Natale a casa Croce

Ci sono registi che sembrano non esaurire mai la loro carica creativa. Ne è un esempio Pupi Avati che a 86 continua a firmare regie su regie. Dopo aver chiuso la Mostra del Cinema di Venezia 2024 con L'orto americano, il regista bolognese ha presentato fuori concorso al Torino Film Festival Un Natale a casa Croce, documentario che racconta la vita di Benedetto Croce, filosofo e senatore italiano tra i massimi intellettuali della sua epoca.

Un Natale in casa Croce: un ritratto umano

Un Natale A Casa Sequenza
Un'immagine del documentario di Pupi Avati

Uno dei tratti distintivi del cinema di Avati risiede nella capacità di essere sensoriale nel ricostruire un tempo passato. Sembra quasi, ad esempio, di poter percepire gli odori che caratterizzano le sue sequenze. Non stupisce quindi che Un Natale a casa Croce scelga di raccontare a ritroso la vita del grande critico e scrittore italiano partendo da una tavolata imbandita di cibo del Natale del 1951. L'ultimo per Croce che morirà nel novembre dell'anno successivo tenendo tra le mani un volume di Petrarca nel suo studio.

Un pranzo di famiglia rievocato dalla nipote Benedetta Craveri, all'epoca una bambina di nove anni, che ci riporta nel calore di quella casa napoletana - a Palazzo Filomarino, oggi sede della Fondazione biblioteca Benedetto Croce - tra struffoli, baccalà e l'immancabile insalata di rinforzo. È l'espediente che Pupi Avati utilizza per ricostruire un ritratto privato e intimo, ma soprattutto umano, di una figura fondamentale per la cultura e la politica del nostro Paese.

Da lì si dipana un racconto che tocca le tappe più significative della sua esistenza. A partire dal terremoto del 1883 a Casamicciola in cui perse i genitori e la sorella. Un evento tragico e traumatico del quale non voleva parlare e dal quale trovò conforto nello studio della filosofia e della letteratura. Il suo antidoto contro la depressione che lo trasformò in una figura di riferimento già all'epoca.

Il rapporto con Giovanni Gentile

Pupi Avati sceglie di alternare testimonianze, immagini d'archivio, voice over e fiction per tentare di restituire un quadro quanto più dettagliato della vita e del pensiero del filosofo e senatore. E uno degli elementi più significativi per capire chi fosse Benedetto Croce è rintracciabile nella sua lunga amicizia e collaborazione con un altro intellettuale dell'epoca, Giovanni Gentile, con il quale fondò la rivista culturale La critica.

Un Natale A Casa Croce Immagine
Un'immagine di Un Natale a casa Croce

Un legame nato nel 1986 e terminato alla fine degli anni Venti a causa dell'ascesa dell'ideologia fascista che separò le loro strade. Da un lato Gentile, fervido sostenitore del regime al punto da firmare il Manifesto degli intellettuali fascisti, dall'altro Croce che - al netto di un'iniziale vicinanza al partito - ne prenderà le distanze stilando, per tutta risposta, il Manifesto degli intellettuali antifascisti.

"Gli intellettuali, ossia i cultori della scienza e dell'arte, se, come cittadini, esercitano il loro diritto e adempiono il loro dovere con l'iscriversi a un partito e fedelmente servirlo, come intellettuali hanno il solo dovere di attendere, con l'opera dell'indagine e della critica e le creazioni dell'arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale affinché con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie", scriveva Croce nel 1925.

La spaccatura con Gentile era netta, ma quando l'ex amico venne ucciso nel 1944 da un gruppo di studenti comunisti quella notizia arrivò allo scrittore come una doccia fredda portandolo a interrogarsi sul ruolo della violenza nella società capace di colpire anche gli intellettuali. In quest'ottica Un Natale in casa Croce diventa anche una riflessione sulla storia politica dell'Italia filtrata attraverso lo sguardo del suo protagonista. Una visione votata alla libertà e ad un approccio non violento in un periodo storico burrascoso dal quale ha provato con tutti i suoi mezzi ad affrancarsi per mostrare alla società che un'altra via era possibile.

Conclusioni

Pupi Avati racconta una delle figure più importanti e influenti del Novecento italiano: Benedetto Croce. Il filosofo, scrittore, critico e senatore che ha contribuito a plasmare la vita intellettuale del Paese. Il regista bolognese sceglie di partire da una parentesi temporale molto precisa, l'ultimo pranzo di famiglia del Natale 1951, per poi toccare tutte le tappe pi significative della vita privata e pubblica di Croce. Dalla morte dei genitori e della sorella a causa del terremoto di Casamicciola al rapporto con Giovanni Gentile fino alla firma del Manifesto degli intellettuali antifascisti.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La scelta di concentrarsi su un preciso momento della vita di Benedetto Croce
  • La ricostruzione del pranzo di Natale
  • Il racconto dell'amicizia e successiva rivalità con Giovanni Gentile

Cosa non va

  • L'approccio registico classico, al netto della parentesi fiction