Tutto per un sorriso
Chiamiamolo pure omaggio del mondo del cinema ad un autore da sempre in fuga da ogni definizione netta, ma Francesco Nuti... e vengo da lontano, documentario di Mario Canale presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, nella sezione eventi speciali, è soprattutto un affettuoso racconto delle mille facce di un artista vero, uomo fragilissimo nella sua genialità, un regista meticoloso, innamorato dei colori. Grazie ai backstage girati sui set dei suoi film più importanti, alle interviste con gli amici più cari e al fratello Giovanni, viene dipinto il ritratto di un saltimbanco del cinema; un essere umano a due facce, amato dalle donne e venerato dal pubblico (almeno fino ad un certo punto della carriera) e allo stesso tempo profondamente malato. La contradditorietà, infatti, sembra essere il tema ricorrente della sua vita artistica e personale. Gallina dalle uova d'oro negli anni '80, grazie alle consolidate collaborazioni con il produttore Gianfranco Piccioli e con il regista Maurizio Ponzi (Madonna che silenzio c'è stasera, Io, Chiara e lo scuro, Son contento) e autore dal tratto riconoscibilissimo, Nuti si inceppa nel 1994 durante l'ideazione di OcchioPinocchio, commedia funestata da mille problemi, caduta sotto il peso della sua stessa ambizione, ovvero riscrivere il capolavoro di Collodi in chiave moderna.
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A dare il loro piccolo contributo in questo toccante lavoro sono stati quelli che con Nuti hanno condiviso gli splendori del set: la compagna Annamaria Malipiero, Giuliana De Sio, la più tagliente e meno consolatoria nelle sue dichiarazioni, Carlo Verdone, Leonardo Pieraccioni, Ferzan Ozpetek e Giorgio Panariello.
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L'incontro con Alessandro Benvenuti e Athina Cenci segnò la nascita dei Giancattivi, un trio di comici surreali che seppe ritagliarsi un posto specifico nel mondo teatrale e televisivo dell'epoca. Grazie alla trasmissione cult Non stop di Enzo Trapani artisti del calibro di Carlo Verdone, Massimo Troisi e degli stessi Giancattivi riuscirono ad imporsi all'attenzione popolare, diventando, ognuno in modo diverso, il simbolo della nuova comicità. Nuti si differenziava da tutti loro per una spiccata vena malinconica, indubbiamente la sua ricchezza, ma forse anche la causa di parte dei suoi problemi. "Ho conosciuto l'asprezza del mondo dello spettacolo, tutto si è bruciato ed è restata la malinconia", dice durante un'intervista Giovanni Nuti, leggendo una lettera indirizzatagli dal fratello.
Il documentario non propone nulla di originale dal punto di vista stilistico, ma la sua forza sta nella genuina testimonianza che vuole essere. Una forza racchiusa nel sorriso che lo stesso Francesco Nuti ha concesso a Mario Canale, una volta appresa la notizia della lavorazione del documentario.
Movieplayer.it
3.0/5