Recensione Good as You (2011)

Otto amici, quattro coppie gay: questi gli ingredienti della commedia di Mariano Lamberti, che offre uno spaccato onesto e libero da pregiudizi della realtà omosessuale, forte di un cast ottimamente costruito.

Tutto, o quasi, sull'amore

L'amore: frivolo, egoista, disperato, totale. Ma, prima di tutto, gay. Sì, perché si sa: qui in Italia, è importante innanzi tutto il chi, poi il cosa ed eventualmente il come. D'altronde, è lo stesso regista Mariano Lamberti a non fare mistero dell'orientamento sessuale dei suoi protagonisti, con tanto di locandina arcobaleno e slogan che recita "la prima gay comedy italiana". Aldilà di questa dichiarazione inequivocabile, il film ha però dalla sua la forza di un'universalità che gli permette di parlare tanto al pubblico omosessuale che a quello etero. In fondo, è innegabile: indipendentemente da quale sesso ci interessi, di fronte all'amore siamo tutti inermi, e non c'è chi non si sia trovato almeno una volta d'accordo con Marco quando afferma che "le droghe faranno anche male, ma l'amore fa peggio".


Proprio per dare una scossa allo stallo sentimentale del fratello, Francesca ha ordito per mesi una truffa ai suoi danni, chattando con l'appassionato Adelchi, spacciandosi per Claudio e combinando un incontro tra i due per Capodanno. Incontro a cui il reticente Claudio non può andare solo, perché Adelchi vive con la sorella Silvia, psicologicamente instabile a seguito della rottura con l'ex compagno. Ma Francesca, almeno fino alla mezzanotte, è oggetto di monopolio da parte della capricciosa fidanzata, e quindi ecco giungere in soccorso Mara, ruspante romana doc, ex di Francesca e, sorpresa, anche ex di Silvia, con cui aveva avuto un flirt adolescenziale dagli esiti non del tutto risolti, perlomeno dal suo punto di vista. A completare la compagnia il Marco di cui sopra, migliore amico di Adelchi e fresco di nuovo amore, un argentino palestrato e troppo incline al divertimento che ne suscita la gelosia più cocente. Come spesso accade, galeotta sarà la notte di Capodanno: nel creare nuovi amori, nel riaccendere passioni antiche o nel convincere qualcuno a far fare un salto di qualità alla propria relazione. Ma quello che succede a Capodanno, anche se a volte sarebbe opportuno, non si ferma a Capodanno: e sei mesi dopo, ciò che, nell'atmosfera gravida di speranze dell'ultima notte dell'anno, sembrava tanto promettente e giusto, comincia a mostrare qualche segno di cedimento.

Non è nuova al cinema la formula dell'intreccio tra coppie, un espediente sempre efficace per mettere a confronto diversi approcci, più o meno opportuni, più o meno devastanti, all'amore e alle sue conseguenze. Una costruzione del genere deve quindi fondarsi su personaggi ben strutturati, veri, che sappiano rappresentare una tipologia, ma senza ricalcarla in maniera troppo pedissequa. Forti anche dell'esperienza maturata negli anni in cui la storia ha spopolato a teatro prima di essere adattata per il grande schermo, il regista e gli sceneggiatori hanno lavorato bene su questo aspetto, dando vita a un gruppo di protagonisti a cui è difficile non affezionarsi e in cui è altrettanto improbabile non trovare qualcuno in grado di ricordarci noi stessi. Come è insito nella natura della commedia, qualche esasperazione macchiettistica c'è, ma tanto il cast (su cui spiccano proprio gli interpreti dei personaggi più estremi, Elisa Di Eusanio e Diego Longobardi) quanto gli autori hanno saputo tenere ben salde le redini, riuscendo a non pregiudicare la credibilità dell'insieme. In Good as You infatti si ride, ma tanti sono anche gli spazi in cui la storia si apre alla riflessione, affrontando anche argomenti spinosi, a dimostrazione di come il mondo gay non sia fatto né soltanto di lustrini e divertimento, né soltanto di conflitti familiari e incapacità di accettare se stessi, a dispetto di come un certo cinema nostrano l'abbia saputo, o voluto, descrivere.

La necessità di affrontare così tanti spunti non ha forse permesso a ognuno di essi di essere trattato con sufficiente incisività, e anzi lo sforzo per dare spazio alle istanze di tutti si è tradotto, a tratti, in qualche passaggio un po' confusionario. Ciò non toglie che il film di Lamberti sia stato in grado di sdoganare la realtà gay dalla propria rappresentazione artefatta, che così spesso ci viene propinata, e di proporre un assunto semplice, seppur evidentemente non ancora recepito dai più: che non è l'orientamento sessuale a sancire la sensibilità, il valore, le possibilità di essere felice di un individuo, e che tra gay e etero, quando si parla di sentimenti, non c'è poi tutta questa differenza.

Movieplayer.it

3.0/5