Esistono dive i cui volti vengono immediatamente identificati con la storia del cinema; sono quelli di Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Marlene Dietrich, Greta Garbo. Ed esistono dive - in numero anche inferiore - che vanno oltre l'icona: dive come Meryl Streep, mai considerata simbolo di femminilità forse perché priva della bellezza perfetta, dell'eleganza inimitabile, del fascino intrigante, della sfrontata sensualità delle colleghe di cui sopra. Lei, Meryl, ha basato la sua carriera su un unico elemento, la sua indiscussa, illimitata bravura; per il resto, la si potrebbe considerare un'antidiva, per il fatto, ad esempio, che vive nel Connecticut, lontana dai fasti di Hollywood, e che è sposata oltre trent'anni con lo stesso uomo (uno scultore, nientemeno). Refrattaria al richiamo del glamour, Meryl calca anno dopo anno le passerelle più prestigiose senza risparmiarsi e senza atteggiamenti di superiorità, anzi regalando al pubblico momenti di grande divertimento, dimostrando affetto e calore per co-star e non, un'irresistibile modestia e un'inimitabile autoironia. Ha insomma tutto quello che dovrebbe avere un'attrice e una donna del suo calibro, e questo ne fa un punto di riferimento incrollabile, non a caso citato da tutte coloro che sognano di diventare attrici come ispirazione.
Viene in mente solo una diva che, per talento e personalità, le si possa appaiare, e naturalmente parliamo di Katharine Hepburn - la quale, per altro, finché fu in vita non dimostrò mai eccessive simpatie per Meryl Streep. Con lei Meryl ha ingaggiato sua malgrado una "battaglia" per il record di nomination all'Academy Award, finendo per superarla con sedici candidature contro tredici (la conta degli Oscar, invece, vede ancora la Hepburn in vantaggio per quattro a due). Ma una cosa differenzia Meryl anche dalla Hepburn, ed è la capacità di rinnovare la propria carriera, soprattutto negli anni della maturità. Nei primi anni del nuovo millennio, un manipolo di attrici sembravano destinate a contendersi il ruolo di numero uno, ma, anche per qualche loro scelta infelice, le Kidman, le Blanchett e le Watts hanno finito per cedere ancora una volta lo scettro a Meryl Streep, la cui carriera, passato il cinquantesimo compleanno, ha preso ad andare alla rovescia: lontano dai ruoli intensi e drammatici degli esordi (Il cacciatore, Kramer contro Kramer, La scelta di Sophie), verso parti leggere, giocose, financo canterine - dalla mefitica Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada, passando per la dolce e romantica Donna Sheridan di Mamma mia!, fino al recente, esilarante ritratto di Julia Child in Julie & Julia - o anche ruoli da trasformista come la multiforme partecipazione al cult televisivo Angels in America. E così oggi parliamo di E' complicato, una commedia romantica in cui la Streep sfida tutti gli schemi di Hollywood, che vogliono che la rom-com sia genere ad esclusivo appannaggio delle attrici giovani, magari emergenti (tanto è vero che si dice che, quando uno studio affida il leading role in una commedia romantica a un nuovo volto, costei è pronta al grande salto di qualità). Nell'anno in cui la reginetta della commedia Sandra Bullock vince un Oscar (per cui era in gara anche la Streep) e approda nella sfera del dramma, Meryl dà il suo meglio - a nostro parere, infatti, l'interpretazione di E' complicato è superiore a quella menzionata dall'Academy in Julie & Julia, sicuramente eccellente ma anche macchiettistica - proprio in una rom-com in cui dimostra cosa significa essere attrice: sapersi spogliare dall'ombra dei ruoli interpretati nel passato per scoprirsi, a sessant'anni suonati, solare, complice, sexy, per di più sfuggendo a gambe levate, sullo schermo come nella vita, le lusinghe della chirurgia estetica. E' complicato rappresenta solo l'ennesima conferma dello status della Streep di migliore attrice vivente, se non la più grande di tutti i tempi; e siamo arrivati a un punto in cui inizia non avere nemmeno più senso parlare di un primato solo al femminile. E' evidente che in tutta la storia del cinema nessun interprete è stato in grado di fare ciò che è riuscito con tanta facilità a Meryl Streep, ovvero portare avanti una carriera ricchissima di trionfi e soddisfazioni ma anche incredibilmente continua e prolifica. De Niro e Pacino, infatti, attori coevi, cresciuti insieme alla Streep, da tempo sono divenuti caricature di sé stessi, e altri interpreti di indubbio valore, come Daniel Day-Lewis, sono anni luce lontani dalla solerte produttività dell'instancabile Meryl. Ma soprattutto non c'è nessuno che, come lei, abbia valicato indenne i confini che separano il dramma autoriale dal cinema di cassetta. Tornando al discorso awards, benché giustamente considerata l'attuale regina degli Oscar, la Streep ne ha pur sempre vinti solo due su sedici candidature; come ha detto scherzosamente l'amico Steve Martin durante l'ultima cerimonia al Kodak Theater, un record di sconfitte. Se non si può dire che non sia amata dai suoi pari, che non hanno mai mancato di renderle onore in trent'anni e rotti di carriera, è anche vero che che le due statuette sono arrivate nel giro di pochi anni, ai suoi esordi, e da allora c'è stata la lunga attesa dell'ormai dovuto terzo Oscar. Da parte nostra, auguriamo a Meryl di arrivare almeno a pareggiare la partita con la Hepburn.E' complicato, ma non impossibile.