A venticinque anni dall'esordio alla regia con Ternosecco, Giancarlo Giannini si rimette in gioco con un thriller intriso di misticismo e di surrealismo dal macabro titolo Ti ho cercata in tutti i necrologi, e lo fa nella tripla veste di attore, regista e produttore. La storia è incentrata sulla figura di Nikita, un ex-tassista emigrato negli Usa improvvisatosi becchino che una notte, per colpa del suo amore per il brivido e per il poker, si ritrova al centro di un pericoloso gioco di morte. Ambientato tra Roma, Toronto, Phoenix, Calabria e Sicilia, il film è girato interamente in inglese con un cast internazionale capitanato dallo stesso Giannini che vede impegnato, oltre alla protagonista femminile Silvia De Santis nel ruolo della dark lady Helena, anche il premio Oscar F. Murray Abraham nei panni del ricco col vizio del gioco d'azzardo e con una passione innata per la caccia.Ti ho cercata in tutti i necrologi è stato presentato oggi da Giancarlo Giannini e dalla protagonista Silvia De Santis presso il cinema Barberini di Roma ed arriverà in sala in cinquanta copie distribuito da Bolero Film a partire da giovedì 30 maggio
Signor Giannini, com'è nata l'idea di questo film così particolare e coraggioso, di molto fuori dai canoni del nostro cinema?Giancarlo Giannini: Venni a sapere molti anni fa di una pratica segreta molto diffusa in Africa che vede ricchi bianchi cacciare nelle foreste i neri disperati che si immolano per non morire di fame. Poi ne scrissi un racconto qualche anno fa ed ora l'ho ritirata fuori quando mi è venuta voglia di rimettermi in gioco e di divertirmi a fare tutto quello che il Cinema mi ha suggerito negli anni della mia carriera. L'ho considerato un gioco ma un gioco molto serio ed è per questo forse che ne è uscito qualcosa di così anticonvenzionale...
Da dove viene questa sua voglia di uscire dalle righe e dai canoni di un cinema italiano più classico?
Giancarlo Giannini: Avevo voglia di dar vita a qualcosa che non seguisse le regole, forse perché avendole seguite per tanto tampo ora sentivo il bisogno di essere libero. Personalmente il cinema lo vedo come divertimento e per una volta mi sono cimentato in un qualcosa di inclassificabile, di non lineare, di assolutamente visionario.
Silvia De Santis: Diciamo che sono stata fortunata a trovarmi nel posto giusto al momento giusto, avevo già lavorato con Giancarlo e in più possedevo due requisiti necessari, l'essere in grado di recitare in presa diretta in inglese e saper suonare il pianoforte, e io sapevo fare tutte e due le cose. La prima lettura del copione mi ha molto stimolata come anche la presenza di F. Murray Abraham, un attore che trovo davvero straordinario. Il film si incentra molto sul rapporto ambiguo tra il cacciatore e la sua preda e su tutte le sfumature psicologiche del caso, come ha lavorato sui personaggi per rendere al meglio questo scambio?
Giancarlo Giannini: Ho la fortuna di insegnare recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia e mi piace molto raccontare loro i segreti del mio mestiere. Devo dire che nel film ho impostato su me stesso e su Silvia un tipo di recitazione particolare che io amo definire asincrona. Nel film non è infatti la battuta ad essere efficace ma è il sottotesto della battuta a colpire lo spettatore, ho cercato di inserire forme di asincronismo anche nella sceneggiatura e nella colonna sonora soprattutto per quel che riguarda le scene di 'caccia' nelle quali non c'è quasi mai l'accoppiamento musicale che ci si aspetta durante l'azione.
Che consigli ha dato a Silvia De Santis su come impostare il suo personaggio nei momenti più intensi?
Giancarlo Giannini: Silvia ha seguito i miei consigli molto diligentemente, avevo già lavorato con lei nel film Vuoti a perdere (diretto da Massimo Costa nel 1998 ndr.) e avevo già avuto modo di conoscerla. Mi piaceva che il suo personaggio avesse questo mondo strano di essere, quasi di vivere in un mondo tutto suo, mi piaceva anche che vivesse da sola, che suonasse il pianoforte e cercasse di sedurre la sua preda lasciandosi poi coinvolgere sentimentalmente in una spirale di follia. Helena ha un rapporto molto affascinante con la musica, col suono e con la vita, quasi mistico.
Giancarlo Giannini: La mia è stata una ricerca istintiva dell'immagine, ho disegnato inquadratura per inquadratura tutto il film proprio per cercare di capire come metterlo in scena, ho adottato un modo diverso di lavorare rispetto al solito, d'altronde io sono fatto così, amo andare controcorrente... Ti ho cercata in tutti i necrologi è un film pieno di sottotesti, sia narrativi che figurativi, e stupisce che dietro e davanti la macchina da presa ci sia un autore in pausa di riflessione da ben venticinque anni...
Giancarlo Giannini: Il film racchiude la libertà e il piacere di fare cinema, è un'opera molto aperta che è frutto di una lunga esperienza sul campo e di una grande passione per il cinema di geni indiscussi come Kubrick, Fellini e Kurosawa e per film come Giungla d'asfalto, un esempio da studiare nelle scuole per chi vuole fare cinema. Negli anni fai tesoro delle cose che ti hanno emozionato per poi sfruttarle al meglio quando arriva il momento.
Ci sono già trattative per vendere il film all'estero?
Giancarlo Giannini: Sono in corso trattative per il Sud America e porteremo il mese prossimo il film al Festival di Shanghai, vediamo cosa esce fuori con i cinesi (ride). Potrebbe piacere anche ai tedeschi però...
E in Canada?
Giancarlo Giannini: Sul Canada ci metterei una croce sopra. Era pattuita una co-produzione con loro per il 30% del budget ma alla fine mi sono ritrovato a dover supplire con i miei soldi alla mancanza di denaro che avevano deciso di investire loro e che non è mai arrivato. Sono stato truffato e per questa cosa non ci dormo la notte ma il film era mio e volevo che arrivasse in sala a tutti i costi nonostante il ripensamento dei canadesi che mi spinse all'inizio ad ambientare il film nei dintorni di Toronto.
Giancarlo Giannini: Nella mia carriera ho sempre fatto film coraggiosi, non mi piacciono le cose facili. Io vivo la vita nel suo divenire e non mi pongo limiti, quando mi propongono una storia se mi piace la faccio, non vorrei banalizzare tutto il discorso parlando di incassi e di box office, spero solo che possa piacere alla gente e che la mia idea possa essere in grado di comunicare qualcosa. Ho lavorato per anni in teatro a stretto contatto con il pubblico ma al cinema è diverso, qui lavori per il pubblico del mondo, confido nel passaparola. La realtà è che molti cinema stanno chiudendo e non so dove andremo a finire, so soltanto che mi piace interagire con l'immagine e mi piace anche l'idea che le giovani generazioni lo faranno in un modo del tutto diverso dal mio.