Com'è quel retaggio? Ah, sì: di film come prima, oggi non ne fanno più. In parte, l'affermazione, che risuona da decenni (questione di generazioni che si avvicendano) potrebbe anche essere vera. Una cosa è infatti certa, e riguarda in particolar modo i film horror. Se c'è un genere che ha cambiato prospettiva nei recentissimi anni, è proprio quello che riguarda i film di paura. Oggi si cerca l'arthouse, l'estetico. Un netto cambio di prospettiva, che ha abbandonato gli animatronics puntando invece sulle sensazioni e le percezioni. Allora, lanciamo una provocazione, che tentiamo di analizzare nel nostro approfondimento: e se fosse uscito oggi, Tremors, come sarebbe stato accolto?
Sì, ci riferiamo al cult del 1990, diretto da Ron Underwood e con protagonista un giovane Kevin Bacon, braccato da quegli enormi vermoni che sbucavano dalle rocce del Nevada. La provocazione che lanciamo sfrutta l'arrivo su Netflix della pellicola, con una parentesi: oggi le piattaforme streaming sono stracolme di titoli dimenticabilissimi, ma hanno parallelamente una funzione fondamentale, ovvero tramandare quei film essenziali, racchiusi sotto l'etichetta dei cult. Certo, c'è da spulciare, oltrepassando la barriera della proposta formato algoritmo (che sbaglia una volta su due), ma è innegabile quanto i cataloghi streaming si siano sostituiti all'analogico dei videonoleggio (che piaccia o no, e a noi non piace).
Tremors, fenomenologia di un cult inaspettato
Ecco, Tremors diventa quindi l'esempio perfetto per strutturare un parallelo, illuminando le traccie di un b-movie diventato un vero e proprio fenomeno (ben sei sequel, l'ultimo Tremors: Shrieker Island, e una serie tv, uscita nel 2003) tra i survival movies. Perché se potrebbe stargli largo il genere horror (inteso in senso stretto) è ovvio quanto Ron Underwood per Tremors abbia puntato sull'approccio divertito e divertente, scegliendo una chiave che non si prendesse troppo sul serio (e quindi una chiave onesta, low profile, vincente). Per questo ci chiediamo che accoglienza potrebbe avere oggi, all'uscita, un'opera come Tremors. Staremmo al gioco? Ci soffermeremo sull'assurdità della storia, dimenticando che la realtà non è il principale ingrediente del cinema d'intrattenimento? Lo snobberemo inesorabilmente, declassandolo a film usa-e-getta? Senza dubbio il giudizio critico si è incattivito: abbiamo smesso (plurale generico) di considerare un film per ciò che è, e per il contesto in cui vive.
Per questo Tremors, che avrà una nuova vita su Netflix, è un caso particolare e perfetto per il nostro discorso. Ideato da SS Wilson e Brent Maddock, mentre lavoravano per la Marina USA come videomaker didattici, hanno avuto una sobillazione durante alcune riprese svolte nel deserto, rispondendo in modo indiretto al Lo Squalo di Steve Spielberg. L'idea l'hanno passata poi a Ron Underwood, che all'epoca lavorava per National Geographic. Insieme hanno sviluppato il soggetto e, soprattutto, hanno sviluppato la morfologia dei vermoni, progettata poi da Amalgamated Dynamics. Tutto analogico, tutto plasmabile e modellabile. A cominciare dalla trama, portata avanti in modo quasi improvvisato: un branco di creature sotterranee seminano il panico, circondando la sperduta cittadina di Perfection Valley. A farne le spese, due handyman working che si ritrovano nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Come sarebbe accolto oggi?
Tutto qui? Più o meno. Perché la forza di Tremors (come era la forza de Lo squalo) risiede proprio nella semplicità: nessun artificio, solo una buona idea, strutturata e pensata a dimensione di pubblico. E sarà poi il pubblico a generare il cortocircuito che rivaluterà Tremors: uscito il 19 gennaio del 1990, fu un un mezzo flop (ufficializzato da Kevin Bacon in un'intervista del 2019), incassando molto meno rispetto alle previsioni iniziali della Universal. Verrà riscoperto, come spesso accadeva (e accade adesso con lo streaming), grazie alle VHS e ai DVD. Ma se la sala accolse freddamente Tremors, non si può dire la stessa cosa della critica, che invece lodò immediatamente il tono da fantascienza Anni 50, rivista però in una chiave capace di combinare e bilanciare lo spavento e l'umorismo.
Su questa strada - anzi, sui sentieri polverosi e rocciose della Sierra Nevada - Tremors esemplifica al meglio l'intrattenimento pop, divincolandosi da ogni sovrastruttura. E oggi? Come detto, la semplicità, per alcuni titoli, pare non basti più. Serve la credibilità, serve l'effetto, serve la sfumatura celebrale. Non c'è più spazio per i b-movie duri e puri, e conseguentemente non c'è più spazio per i cult come si facevano una volta. Dunque, la provocazione che ha aperto il nostro articolo, si chiude con un'amara sensazione: se oggi gli unici vermoni che catturano l'attenzione sono quelli seriosi di una grande produzione hollywoodiana (qualcuno ha detto Dune?) è perché abbiamo smesso di credere nel cinema come un arte (anche) capace di svagare, sorprendere, dilettare.