Il 2017 di Netflix è iniziato alla grande con Una serie di sfortunati eventi, ma promette di continuare sulla stessa falsariga. Oltre a un Iron Fist in dirittura d'arrivo, infatti, l'evento tenutosi a Berlino See What's Next ci ha fornito una panoramica interessante ed esaustiva di quello che vedremo, lasciandoci con tanta curiosità e tanta voglia di cliccare play e lasciarci andare al binge-watching di quasi tutti i progetti presentati. A cominciare da Tredici, tra i primi a raggiungere il catalogo del canale streaming.
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Si tratta dell'adattamento, curato da Brian Yorkey, del bestseller di Jay Asher intitolato 13 Reasons Why e sarà a disposizione degli utenti Netflix già dal 31 marzo. Lo stesso Yorkey ne ha parlato in collegamento Skype durante il panel dedicato alla serie in quel di Berlino, mentre i suoi due protagonisti erano fisicamente presenti sul palco dell'evento tenuto al WECC, Dylan Minnette e Katherine Langford. I due giovani attori, americano lui, australiana lei, interpretano rispettivamente Clay ed Hannah, le due figure principali di una storia dai presupposti tragici che promette di emozionare gli spettatori.
La storia di Hannah
Prendendo le mosse dal suicidio della ragazza, raccontandone i retroscena e le motivazioni, Tredici è principalmente la storia di Hannah. Eppure l'espediente narrativo di recapitare a Clay una scatola con delle cassette registrate da lei due settimane prima della sua morte, rende il ragazzo ugualmente importante nello sviluppo del plot della serie, che segue i due diversi binari relativi ai suoi due protagonisti. "Ci sono stati momenti in cui ero un po' perso", ha confessato Minnette a Berlino, "dovevo controllare dove mi trovavo nella timeline, perché a volte giravamo due episodi insieme e mi muovevo avanti e indietro nel tempo. Mi aiutava il modo in cui cambia il mio personaggio". La storia rappresenta, infatti, un percorso per entrambi i protagonisti: "Nel corso dei 13 episodi", conferma Katherine Langford, "vediamo il modo in cui Hannah si disintegra". Un percorso che l'ha segnata: "Quando si interpretano personaggi di questo tipo per sedici ore al giorno, per cinque giorni la settimana, ci si trova legati a loro. Sono protettiva nei confronti di Hannah". Un personaggio che definisce complesso e vulnerabile.
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Dalla carta allo schermo
Una delle principali differenze tra il romanzo di Asher e la serie curata da Yorkey è l'intervallo di tempo che copre: il libro è ambientato in una notte, mentre lo show di Netflix arriva a raccontare due settimane. Una scelta che ha permesso agli autori di scavare più in profondità, di raccontare meglio il rapporto tra Clay ed Hannah, "che è presente nel libro ma che con tredici ore di video abbiamo potuto raccontare meglio". La morte di Hannah diventa il punto di partenza per spiegare tutti gli aspetti di lei: "All'inizio della serie scopriamo che la ragazza è già morta" ha spiegato Yorkey, "quindi il problema non è se la ragazza muoia o meno, ma perché. E se siamo stati veramente bravi, ci si concentra sulla sua vita piuttosto che sul suo destino finale". Uno sviluppo gestito in modo da essere allo stesso tempo fedele e diverso dalla storia originale. "Fedele nei momenti più importanti", ha concluso Yorkey senza sbilanciarsi oltre.
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La storia di un dolore
Katherine Langford arriva dall'Australia, scelta con provini fatti tramite Skype, e si è trovata a fare i conti con la realtà scolastica americana. "La conoscevo tramite i film", ha spiegato all'attrice, "ma ho potuto provare direttamente cose come Halloween." A parte questi aspetti puramente folkloristici, le è sembrato che la vita scolastica sia la stessa un po' ovunque, comprese quelle difficoltà che possono essere traumatiche per alcuni ragazzi e che hanno curato nei minimi dettagli. "Con gli attori è stato un dialogo continuo", ha spiegato l'autore, "ma siamo stati fortunati ad avere ottimi registi, come Thomas McCarthy che non aveva mai fatto nulla per la televisione e con giovani attori. Per fortuna ha accettato e così siamo stati guidati da qualcuno che ha un gran senso della verità."
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È attraverso la collaborazione tra autori, attori e registi che si è riusciti a costruire storia e personaggi nel modo migliore, cercando di raccontare la tragedia e le tante vie che avrebbe potuto trovare Hannah per sopravvivere. "Esistono tanti teen drama", ha dichiarato Dylan Minnette, "ma non sono per niente simili alla nostra serie". Gli ha fatto eco Brian Yorkey: "Abbiamo cercato di essere molto onesti riguardo il dolore del suicida, ma ci siamo concentrati anche su quello enorme delle persone che restano. Ci siamo preoccupati di raccontare la storia del dolore".