Alcuni film si amano incondizionatamente, senza giudizio, quasi fossero zii pieni di difetti ma simpatici. Top Gun è proprio come uno zio affezionato e indispensabile, che torna dall'America di tanto in tanto per elargire doni e sorrisi, di natura molto americana entrambi.
Era il 16 maggio 1986 quando il film di Tony Scott uscì, riscuotendo uno strepitoso successo al botteghino e facendo sospirare schiere di giovani romantici e romantiche sulle note di Take My Breath Away.
Ma un film, perché assurga a cult, deve trascinare con sé un brillio che lo faccia risplendere negli anni, e Top Gun gode di quella luce particolare, nostalgica e scanzonata insieme: la stessa dei tramonti e delle albe contro cui si stagliano i decolli aerei e le galvanizzanti corse in moto di Maverick. Così, se strizziamo gli occhi e cerchiamo di riconoscere delle sagome in quella luce, vediamo meglio gli elementi che hanno contribuito a incantare milioni di fan, e a farci innamorare ‒ spettatori o spettatrici poco importa ‒ di Maverick, di Goose e della prestigiosa scuola Top Gun.
1. Un protagonista eroico
Un cult non sempre necessita di un eroe inteso nel senso più convenzionale. Pensiamo all'insicurezza un po' infantile di Marty Mc Fly in Ritorno al futuro, o all'isteria e ai gusti transgender di Frank-N-Furter in The Rocky Horror Picture Show. In molti casi, però, è proprio il ritorno alla tipologia classica di eroe che ammalia, consentendo non tanto l'identificazione quanto l'ammirazione e il desiderio di diventare, per quelle due ore, degli eroi anche noi. Ecco, il tenente Pete Mitchell, soprannominato Maverick e interpretato da un giovanissimo e aitante Tom Cruise, incarna tutto ciò che un goffo adolescente vorrebbe essere, e che nel fondo del suo cuore sa di non poter diventare mai: prima di tutto, Maverick è un pilota. E non un pilota qualsiasi, bensì un pilota di un F-14 della Marina degli Stati Uniti, incaricato dunque di proteggere il suo paese (e per estensione il resto del mondo occidentale) dagli attacchi sovietici.
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Ma non è asservito al sistema: è indisciplinato e "pericoloso"; proprio una delle primissime scene, infatti, lo vede rovesciato nel suo caccia mentre rivolge un irridente dito medio al nemico che, quasi spaventato da una minaccia di tale portata, si allontana nel cielo sul suo MiG 28. Maverick sta quindi per tornare alla base, ma non soddisfatto disobbedisce agli ordini, fa una potente inversione a U celeste e aiuta un altro pilota, Cougar, colto dal panico dopo l'attacco sovietico e momentaneamente incapace di appontare. Maverick si affianca a Cougar guidandolo passo passo, con disponibilità e sangue freddo: una lunga e adrenalinica scena d'azione, che svela fin da subito il carattere del protagonista. E quale altro personaggio, nel film, potrebbe esserlo più di lui? Del resto, Maverick non è solo un pilota insubordinato e generoso: è anche sfacciato con le donne, e all'uopo sa diventare molto romantico. Come ogni eroe che si rispetti, non è monolitico ma sfaccettato, e la sua irrequietezza ‒ anche in volo ‒ deriva da un "fatal flaw", ovvero da una ferita originaria: la morte del padre, pilota come lui, avvolta dal mistero. La ferita è pronta a rimarginarsi e il mistero a risolversi non appena la sceneggiatura lo esige, e il comandante Viper (Tom Skerritt) gli confida la verità, insieme a saggi consigli da figura paterna putativa per poche scene.
2. Valori forti, tra amicizia virile e lealtà
Guardando Top Gun con occhi più adulti e smaliziati, viene spontaneo chiedersi a più riprese se sia concepito soprattutto per un pubblico maschile o uno femminile. La risposta finale è: il target è diviso a metà quasi col righello. Infatti, se le scene d'amore soddisfano il romanticismo femminile, quelle coi caccia esaltano i sogni di gloria maschili, e le ripetute scene di nudità parziale (negli spogliatoi, durante la partita di beach volley...) per motivi diversi compiacciono entrambe le metà di una coppia.
Nei valori esibiti di continuo, però, Top Gun calza senz'altro meglio a uno spettatore che a una spettatrice: l'amicizia fra Maverick e il sottotenente Goose (Anthony Edwards), il suo bonario navigatore, è affettuosa ma allo stesso tempo virile e, diciamolo, è una delle amicizie maschili più toccanti che ricordiamo senza sforzo tra i film dalla nostra infanzia a oggi. Non è una coincidenza se, quando parliamo di Top Gun e viene nominato Goose, la voce fa sempre una piccola inflessione commossa, indugiando sulle "o" come lo stesso Goose avrebbe voluto ("No, no, no! Goose si scrive con due O!"). Rispetto all'amico, Goose è più prudente (forse anche perché equipaggiato di una famiglia), e i suoi rimproveri fanno promettere a Maverick (la cui attuale famiglia è rappresentata da Goose) di non commettere più bravate in volo. Così, alla morte di Goose durante un'esercitazione, Maverick entra in crisi, e fra nostalgia e ingiustificati sensi di colpa ne risente anche il suo coraggio come pilota. Ma una missione improvvisa lo sbloccherà, trasformando l'ostilità col rivale Iceman (Val Kilmer) in reciproca stima dichiarata e amicizia: dopo averlo salvato dai MiG nemici seguiranno applausi da notte degli Oscar, un ironico scambio di battute e un trionfale (e sempre molto virile) abbraccio a pugno chiuso. A questo punto Maverick potrà finalmente dire addio a Goose, lanciando metaforicamente le sue piastrine identificative nel mare. Ancora lacrime dopo trent'anni.
3. L'amore da conquistare
E veniamo alla storia d'amore con Charlie: non certo una groupie che si lascia infallibilmente sedurre dall'uomo in divisa, ma un'affascinante astrofisica (Kelly McGillis) che gli uomini in divisa li addestra. Proprio alla scuola Top Gun, come scoprirà Maverick suo malgrado la mattina dopo l'approccio al locale. In altre parole, Charlie non rappresenta una conquista facile, altrimenti non ci sarebbe gusto né per Maverick né per lo spettatore (non è un caso che Goose, sposato e con prole, muoia, e che il protagonista e l'eroe sia Maverick). Intonare You've Lost That Lovin' Feelin' con una simpatica serenata cameratesca è senz'altro una mossa avveduta, ma per il momento serve solo a far sedere Maverick accanto a questa elegante sconosciuta, che non ha bisogno di vestirsi in modo provocante come le altre. Dal giorno dopo Maverick adotterà la strategia diametralmente opposta: creare tensione sessuale e poi arretrare di un passo. Come alla cena a casa di Charlie, o nel casuale incontro in ascensore: la scena forse più romantica del film, proprio perché esprime al meglio il desiderio trattenuto di entrambi, e celato a stento davanti agli sconosciuti.
Ma la strategia che vincerà definitivamente non sarà il succitato passetto indietro, ma la fuga tout court, e questo dovrebbe farci molto riflettere sui paradossi delle moderne dinamiche sentimentali. Dunque: Charlie ha appena rimproverato pubblicamente l'incoscienza in volo di Maverick e lui, ferito nell'orgoglio come uno studentello tirato per un orecchio davanti a tutta la classe, non vuole parlarle e, sfoderando una maturità invidiabile, sgasa con la moto per coprire le sue parole e scappa via. Ma Charlie, che appunto non è una groupie ma una tosta, lo insegue in macchina rischiando diversi scontri mortali e vanificando del tutto la sua ramanzina sulla prudenza. A quel punto si gioca ad armi pari: entrambi sono due incoscienti spericolati, Charlie è solo un pizzico più coraggiosa nell'ammettere di amarlo, e Maverick finalmente ‒ e con immensa gratitudine degli spettatori ‒ si convince a baciarla. Viene da sorridere se si pensa che il bacio sia dovuto a un'iniziativa di Tom Cruise, che non ricordando la battuta improvvisò, ispirando il regista che decise di mantenere la scena invariata: fosse stato per Maverick, chissà, magari il bacio sarebbe stato posticipato ancora un po'.
4. Una colonna sonora vincente
E qui la canzone più famosa del film, Take My Breath Away cantata dai Berlin, fa da trait d'union fra la meravigliosa scena del bacio, sul ciglio della strada, e quella avvolta nell'oscurità della camera da letto. D'altronde un cult è incompleto se non è dotato di una colonna sonora che la critica definisce "memorabile", e Top Gun vanta un soundtrack scolpito nei cuori anche dei non fanatici del film, e tre brani capaci di raggiungere la prima, la seconda e la dodicesima posizione in classifica. Sul primo posto abbiamo già disquisito, il dodicesimo era occupato dalla zuccherosa Heaven In Your Eyes. Riguardo al secondo, forse non tutti ricordano Danger Zone semplicemente dal titolo; ma bastano le prime note e quella batteria incalzante per rievocare l'atmosfera più autentica di Top Gun, che infatti si apre proprio con questo eccitante brano cantato da Kenny Loggins e ripescato più volte nel corso del film per entusiasmarci, come le urla motivazionali del coach durante una partita. Chissà come sarebbe stato interpretato dai Toto o dai REO Speedwagon, considerati per questa track prima di Loggins, che canta anche l'allegra Playing With The Boys per la scena sulla spiaggia, dove la rivalità tra i ragazzi viene sdrammatizzata in una partita di beach volley che sfoggia molti muscoli e molto sudore. Subito prima che Maverick scappi via per andare alla cena fissata da Charlie per le 17.30 in punto (alla scuola Top Gun gli appuntamenti fumosi, sul tardi e da confermare erano evidentemente banditi).
E se le musiche originali del film sono state composte da Harold Faltermeyer, il solo responsabile del fatto che il glorioso motivetto di Top Gun Anthem ancora ci fischi nelle orecchie, le canzoni le dobbiamo per la maggior parte al nostrano Giorgio Moroder (autore della musica) e a Tom Whitlock (autore dei testi). Proprio con Take My Breath Away questo fortunato sodalizio valse al film un Premio Oscar e un Golden Globe per la miglior canzone, nonché purtroppo la cover italiana Toglimi il respiro di Cristiano Malgioglio.
5. Scene d'azione entusiasmanti
Ma Top Gun, non lo dimentichiamo, è innanzitutto un film d'azione, che infatti prende l'avvio in una base aerea, tra fumo, vocio e rombo di motori, poco prima che Danger Zone ci immetta nell'elettrizzante scena del volo di pattugliamento sull'Oceano Indiano, in cui ‒ come avevamo visto ‒ Maverick poi torna indietro per aiutare Cougar ad appontare. Fin dall'inizio, quindi, il film sembra dirci: "Qui si parla di aerei da combattimento e, in seconda istanza, di un eroe di aerei da combattimento". E ogni scena d'azione rivela qualcosa in più del protagonista e dei personaggi. Ricordiamo l'arcigno preside Strickland (James Tolkan) in Ritorno al futuro, che solo un anno prima sgridava Marty per i suoi continui ritardi scolastici? Qui è (con una curiosa assonanza del nome) Stinger, l'autorevole comandante della squadriglia, che dopo aver rimproverato Maverick per le sue bravate spedisce lui e Goose a Miramar, per frequentare la rinomatissima scuola Top Gun, mentre Maverick non riesce proprio a trattenere un sorriso di felicità. E la scena immediatamente successiva è una delle più indimenticabili: Maverick è curvo sulla sua moto, euforico, con gli occhiali da sole e il giubbotto di pelle che l'hanno reso un'icona, lanciato lungo la strada per Miramar. Il cielo sfuma dall'azzurro più intenso ai toni del rosa, e Maverick rivolge un pugno di trionfo all'aereo sopra di lui, con cui sembra quasi intrattenere una gara di velocità. Quel gesto ricorda l'epico pugno al cielo di John Bender nel finale di Breakfast Club: in Top Gun invece è all'inizio, ma è comunque un pugno che odora di anni Ottanta, di emozioni difficili da contenere, di una vittoria originale e per nulla scontata. Dopo aver distinto meglio gli elementi che hanno reso il film di Tony Scott un cult fin dal principio, se adesso spalanchiamo gli occhi vogliamo solo bearci di quella luce avvolgente, propria dei classici: un po' come fa Maverick sfrecciando sulla sua moto, quando il suo futuro è ancora tutto da scrivere.
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