Il deserto del Nevada, l'Area 51, un professore che dovrebbe lavorare a un progetto segreto ma passa le giornate ad ascoltare il suono dello spazio. Improvvisamente, la famiglia: i nipoti dello scienziato, Anita e Tito, lo raggiungono in America dopo aver perso il padre. I rapporti umani a volte sono più complessi delle forme di vita aliene.
È dal 7 giugno in sala Tito e gli alieni, presentato alla 35ª edizione del Torino Film Festival, secondo film di Paola Randi che, a otto anni di distanza da Into Paradiso, torna sul grande schermo con una storia che unisce il suo amore per la fantascienza (Guerre stellari, Incontri ravvicinati del terzo tipo e Ritorno al futuro tra i titoli più apprezzati dalla regista) a una storia familiare, in cui adulti e bambini imparano a vicenda a costruire dei legami.
Abbiamo incontrato la regista e i suoi protagonisti, Valerio Mastandrea e i giovanissimi Chiara Stella Riccio e Luca Esposito, a Roma, dove ci hanno rivelato di aver incontrato davvero un alieno sul set.
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Valerio Mastandrea come Han Solo
Nel film Mastandrea ha una scena di ballo con un droide, una cosa che rimanda a Star Wars: abbiamo quindi chiesto alla regista se l'attore è più il suo Luke Skywalker o Chewbecca. La risposta è stata: "Valerio non può che essere Han Solo: è troppo fascinoso. Secondo me ha quel fascino vissuto". La reazione di Mastandrea alle parole della regista è stata invece: "Non so cosa rispondere a queste insinuazioni: se lei è una fan di Star Wars io sono stato fan di Spazio 1999, una serie americana molto più low profile. Non mi sento quindi di rispondere a questa provocazione estetica. In questo film sono stato più Yoda, sono stato più zen: è stato un film molto difficile, ma ne valeva la pena".
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Sul set con gli alieni
Per quanto riguarda gli alieni invece, i giovani protagonisti non solo ci credono, ma sono convinti di averne visto uno proprio in America: "In un bar vicino all'Area 51 c'era una signora, bravissima eh, mi ha regalato anche un pupazzo, però era strana, inquietante, parlava in modo strano. Dicono che nelle foto si vede se uno è un alieno o no: abbiamo cercato di fare foto a tutte le persone sospette" ci ha detto Esposito, sostenuto da Riccio: "Appena abbiamo messo piede nell'Area 51 il mio cellulare si è spento: mi sono impressionata, poi mi hanno spiegato che, quando ti avvicini a quella zona, c'è un'interferenza che spegne cellulari e telecamere".
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Per Mastandrea invece: "Io non mi pongo il problema dell'esistenza degli alieni. Certo a me non l'hanno detta questa cosa della signora del bar, meno male che non lo sapevo. Se gli alieni fossero davvero tra noi si sbrigassero a portarci un cambiamento: non so quanto ancora debbano dormire, visto che di cose da fare ce ne sono tante". Per Randi: "Dovremmo renderci conto che siamo tutti un po' alieni: siamo tutti un po' alieni per qualcuno e quelli che non conosciamo lo sono per noi. Dovremmo approcciare gli alieni come il bambino di Incontri ravvicinati del terzo tipo del maestro Spielberg: sua madre si affanna per chiudere porte e finestre e tenere gli alieni lontani, mentre lui tranquillamente apre loro la porta, perché non ha nessuna paura ma solo curiosità nei confronti di qualcosa che è diversa da lui".
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